Lilia Bruni. Arsenico e vecchi merletti

Lilia Bruni, Arsenico e vecchi merletti, 2015, olio su tela, cm. 70x100

 

Dal 16 Marzo 2018 al 15 Aprile 2018

Reggio nell'Emilia | Reggio Emilia

Luogo: Il Bove | Villa Sesso

Indirizzo: via Salimbene da Parma 115

Curatori: Luigi Borettini

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 0522 533238



Le opere pittoriche di Lilia Bruni in mostra, dal 16 marzo al 15 aprile 2018, presso l’Agriturismo Il Bove (Via Salimbene da Parma 115, Villa Sesso, Reggio Emilia), nell’ambito della rassegna “Il Bove sposa l’Arte”. Curata da Luigi Borettini, la mostra sarà inaugurata venerdì 16 marzo alle ore 18.

In esposizione, una dozzina di opere ad olio su tela di medie e grandi dimensioni, realizzate prevalentemente nel 2015 e nel 2016. Il percorso della mostra comprende, inoltre, alcune sculture in cartapesta, specchio della società contemporanea.

Il titolo della personale – “Arsenico e vecchi merletti” – è riferibile all’omonimo dipinto, a sua volta citazione del celebre film di Frank Capra. Alle amabili zie della commedia noir, la pittrice sostituisce tre bambine, amiche/nemiche, intente a sorseggiare tè all’arsenico in tazze di porcellana finemente decorata.

La ricerca di Lilia Bruni si concentra, infatti, da alcuni anni, su tematiche connesse al mondo dell’infanzia. Nelle sue opere, i gesti e gli atteggiamenti tipici dei bambini non sono edulcorati, ma resi anche nei tratti più feroci, nelle invidie e nelle gelosie. L’aspetto paffuto e rassicurante dei suoi bambolotti è bilanciato da occhi vitrei e gesti potenzialmente fatali, da piccole incongruenze che spiazzano l’osservatore rompendo l’incantesimo connesso ad una presunta età dell’oro per proporre, invece, un viaggio interiore e sociale in una terra inesplorata.

«Bambini che ci ricordano la nostra infanzia, paffuti, dalle guance rosee come i bambolotti di una volta, sorridenti e apparentemente innocenti: è questa l’immagine – si chiede il curatore – che l’artista ci vuole trasmettere? Probabilmente no. Ad uno sguardo più approfondito, vediamo anche occhi di vetro, freddezza, glacialità della scena, immobilità dei personaggi, al punto che il mondo edulcorato di Lilia non è più quello che dovrebbe essere, dell’infanzia ovattata, coccolata, intoccabile, protetta, ma un mondo “altro”, diverso. Un mondo in cui la crudeltà esiste, senza confini di età o di sesso, dove i sentimenti vengono accantonati, dove l’egoismo trionfa. Questa realtà a due facce, come Giano bifronte, nelle opere della pittrice ci appare continuamente, evidenziando come i bambini non siano sempre solo buoni, anzi possano essere molto cattivi, diventando immagine della società in cui viviamo».

La personale, realizzata con il coordinamento di Ewa Peszel, sarà visitabile fino al 15 aprile 2018, venerdì e sabato con orario 20-22, domenica ore 12-14. 

Lilia Bruni nasce a Modena, dove vive e lavora. Laureata in Pedagogia, specializzata in Criminologia Clinica ed iscritta all’Ordine degli Psicologi, coltiva parallelamente all’attività professionale la passione per la pittura che si concretizza a partire dalla fine degli anni Novanta con numerose esposizioni e fiere d’arte, in Italia e all’estero. Accanto alle opere pittoriche, realizza anche sculture in cartapesta, con l’ausilio di polistirolo, stoffa e cartone. Dopo gli studi dedicati ai divi del cinema americano e ai danzatori, dal 2009 conduce una ricerca relativa al mondo dell’infanzia, per mettere in evidenza drammi contemporanei purtroppo vissuti in sordina, ma anche per sfatare miti profondamente radicati. Tra le principali esposizioni, si ricordano la collettiva itinerante “Emergenza pianeta al femminile”, organizzata da Grazia Chiesa per D’Ars - Oscar Signorini (Milano, 2006; Genova, 2006; Torino, 2007), e le mostre presso Galleria d’Arte Gustav (Parigi, 2007), Galleria Europa (Torino, 2008), Museo Pier Maria Rossi (Berceto, Parma, 2016) e Galleria Vitale (Bologna, 2017). La sua recente produzione è raccolta nel catalogo “Lilia Bruni. La stagione d’oro dell’infanzia” (Graphital, Parma, 2016), con testi di Marzio Dall’Acqua ed Augusto Agosta Tota.


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