Dennis Oppenheim. Device to Root Out Evil (Congegno per estirpare il maligno)
Dal 18 Gennaio 2013 al 28 Febbraio 2013
Roma
Luogo: Galleria Montoro 12 contemporary art
Indirizzo: via di Montoro 12
Orari: da martedì a sabato 11-19 e su appuntamento
Telefono per informazioni: +39 06 68308500
E-Mail info: info@montoro12.it
Sito ufficiale: http://www.montoro12.it
Nella mostra, dall'affascinante titolo "Device to Root Out Evil (Congegno per estirpare il maligno)", saranno esposti una serie di studi progettuali, dipinti e sculture di grande valore artistico, in grado di illustrare compiutamente l'ultimo ventennio di attività creativa del Maestro.
Tra i più audaci e visionari artisti americani del nostro tempo, Dennis Oppenheim ha impiegato nel proprio quarantennale lavoro tutte le più innovative tecniche espressive: graffiti, pittura gestuale, performance, video, film, fotografia ed istallazioni (abbinate o meno a suoni e voci narranti). Attivo innovatore sin dagli anni ’60, ed inesauribile sperimentatore, pioniere e protagonista sia della body art che della così detta land art, ha utilizzato nelle sue opere i materiali più eterogenei, creando opere per spazi interni, esterni e luoghi pubblici.
Elementi meccanici, industriali ed architettonici, fuochi d’artificio, corpi luminosi, oggetti e materiali di uso comune, earthwork ed interventi su porzioni di territorio, il corpo proprio e quello altrui, tutto converge a formare le bizzarre installazioni tridimensionali, dense di senso, che lo hanno reso famoso, talvolta animate da trasognati meccanismi fantastici. Le sue sculture degli anni ’80 materializzano enormi oggetti immaginari, mutanti e distorti, pervasi di visionaria ironia e carichi assieme di violenza e di gioco.
Concentrando la propria ricerca artistica sul conflitto dialogante tra arte, elementi oggettuali e sé, Oppenheim mira a raggiungere qualcosa di differente dal mero intervento sull’oggetto. In una recente conversazione con Bill Beckley, l’artista ha così espresso il proprio obiettivo artistico: "Si interviene sull’operazione, non sulla cosa. Quando si interviene sull’operazione si giunge a trovare un modo di separare se stessi dalle cose, e l’intervento è così di natura meno tangibile."
Sue opere sono esposte nei più importanti musei del mondo quali il Moma, il Metropolitan Museum, la Tate Gallery, il Centre Pompidou, il Museo Reina Sofia.
Tra i più audaci e visionari artisti americani del nostro tempo, Dennis Oppenheim ha impiegato nel proprio quarantennale lavoro tutte le più innovative tecniche espressive: graffiti, pittura gestuale, performance, video, film, fotografia ed istallazioni (abbinate o meno a suoni e voci narranti). Attivo innovatore sin dagli anni ’60, ed inesauribile sperimentatore, pioniere e protagonista sia della body art che della così detta land art, ha utilizzato nelle sue opere i materiali più eterogenei, creando opere per spazi interni, esterni e luoghi pubblici.
Elementi meccanici, industriali ed architettonici, fuochi d’artificio, corpi luminosi, oggetti e materiali di uso comune, earthwork ed interventi su porzioni di territorio, il corpo proprio e quello altrui, tutto converge a formare le bizzarre installazioni tridimensionali, dense di senso, che lo hanno reso famoso, talvolta animate da trasognati meccanismi fantastici. Le sue sculture degli anni ’80 materializzano enormi oggetti immaginari, mutanti e distorti, pervasi di visionaria ironia e carichi assieme di violenza e di gioco.
Concentrando la propria ricerca artistica sul conflitto dialogante tra arte, elementi oggettuali e sé, Oppenheim mira a raggiungere qualcosa di differente dal mero intervento sull’oggetto. In una recente conversazione con Bill Beckley, l’artista ha così espresso il proprio obiettivo artistico: "Si interviene sull’operazione, non sulla cosa. Quando si interviene sull’operazione si giunge a trovare un modo di separare se stessi dalle cose, e l’intervento è così di natura meno tangibile."
Sue opere sono esposte nei più importanti musei del mondo quali il Moma, il Metropolitan Museum, la Tate Gallery, il Centre Pompidou, il Museo Reina Sofia.
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