Ri-tratto rosso. Elisabetta Catalano guarda Federico Fellini

Federico Fellini

 

Dal 10 Febbraio 2021 al 21 Marzo 2021

Roma

Luogo: Studi di Cinecittà - Teatro 1

Indirizzo: Via Tuscolana 1055

Orari: dal lunedì al venerdì dalle ore 10.00 alle ore 18.00. La biglietteria chiude alle ore 15.30. Orari validi fino a durata dell’attuale DPCM

Curatori: Aldo E. Ponis

Enti promotori:

  • Istituto Luce-Cinecittà – Direzione Comunicazione

Costo del biglietto: Adulti 15,00 euro. Bambini (da 6 a 12 anni) 7,00 euro. Under 26/Over 65 13,00 euro. Sotto ai 5 anni gratis. Biglietto Famiglia 40,00 euro (valido per 2 adulti + 2 ragazzi fino ai 18 anni). Formula non acquistabile su ticketone, per l’acquisto scrivere a visit@cinecittaluce.it

E-Mail info: visit@cinecittaluce.it

Sito ufficiale: http://www.cinecittasimostra.it


Avrebbe dovuto inaugurarsi a dicembre 2020, a conclusione dell’anno che ha celebrato in tutto il mondo i 100 anni di Federico Fellini. Apre ora che le regole sanitarie lo consentono, e proprio in quella Cinecittà che accoglie di nuovo il pubblico, e da cui il 20 gennaio 2020 partirono simbolicamente i festeggiamenti per il Maestro del nostro cinema, nella sua casa ideale. Chiude così un cerchio, la grande mostra fotografica e multimediale Ri-tratto rosso – Elisabetta Catalano guarda Federico Fellini, realizzata da Istituto Luce-Cinecittà – Direzione Comunicazione con il contributo della DG Cinema e Audiovisivo, allestita negli Studi di Cinecittà, all’interno del Teatro 1, fino al 21 marzo 2021.
La mostra è curata da Aldo E. Ponis con la direzione artistica di Emanuele Cappelli, testi, ricerca scientifica e iconografica a cura di Laura Cherubini e Raffaele Simongini, e vive delle immagini dello straordinario Archivio Elisabetta Catalano.
Ri-tratto rosso racconta la storia di un dialogo. Quello tra il genio del nostro cinema e una grandissima fotografa internazionale, vera artista del ritratto fotografico.
 
Quella da cui probabilmente più di chiunque altro Fellini amò farsi inquadrare e immortalare.
Un rapporto fatto di immagini create e intrecciate per tre decenni, capace di mostrarci il lavoro di una grande artista, e un Fellini inaspettato, inedito.

La Mostra segna la riapertura al pubblico degli Studios, con Cinecittà si Mostra – la grande esposizione permanente che racconta storia e mito degli Studi di via Tuscolana e del nostro cinema, e il MIAC, il nuovo grande Museo dell’Audiovisivo e del Cinema italiano.
 
Elisabetta Catalano (1941-2015) è stata un’epocale ritrattista, per periodici popolari e raffinati, per libri, cataloghi, mostre in tutto il mondo. È considerata la testimone d’eccellenza della vita di artisti e personaggi, specialmente nei campi di Arte, Spettacolo e Cultura, tra gli anni ’70 e i nostri giorni. Impressionante il registro delle presenze nel suo obbiettivo: centinaia di nomi e volti, un pantheon mondiale di cui più che la quantità è significativa la varietà dei mondi esplorati. Un quasi casuale alfabetico volo d’uccello recita ad esempio: Andreotti Antonioni Armani Bellucci Benigni Calvino Cassavetes Conte (Paolo) Craxi Eduardo Eco Fassbinder Gilbert&George Hepburn (Audrey) Mina Moravia Nureyev Pasolini Pertini Polanski Prodi Sacks Sandrelli Schifano Sciascia Stallone Visconti Vitti Warhol. Liste simili dal suo regesto si possono comporre a decine.
Ma c’è un ‘modello’ tra quelli ritratti che più di altri con Catalano instaurò un rapporto creativo duraturo nel tempo e nei risultati, negli scambi: Federico Fellini.
Come noto, per le questioni di sguardo Fellini aveva una precisione massima, forse ineguagliata. E Fellini stabilì ripetutamente negli anni di farsi ritrarre da Elisabetta Catalano, in un arco temporale che va dal 1963 fino al 1993, poco prima della morte del regista. Fellini ha chiamato Catalano a registrare la memoria di numerosi suoi set, e si è affidato a ritratti in studio da cui sono state sviluppate immagini per copertine, volumi, che sono diventate ricorrenti, simboliche e quasi ‘ufficiali’. Tanto da farci dire oggi che Elisabetta Catalano può essere considerata la fotografa preferita del regista.
Ri-tratto rosso racconta questo rapporto elettivo, in cui un genio mondiale dello sguardo incontra una regina del ritratto fotografico. E se ne fa catturare.
 
Il percorso espositivo dentro al Teatro 1 di Cinecittà si snoda in oltre 60 immagini, alcune di grande e grandissimo formato, provenienti dall’Archivio Catalano, e mostra i 5 set di film felliniani che la fotografa venne chiamata a documentare: 8½(1963), Fellini Satyricon(1969), Prova d’orchestra(1979), La città delle donne(1980), La voce della luna(1990), con una curiosa appendice per Intervista(1987).
Dopo le visite di Catalano sui set felliniani, l’esposizione racconta lo scambio di cortesie: le visite di Fellini nello studio della fotografa, per una serie di magnifici ritratti per cui Federico posa episodicamente e irripetibilmente felice e complice, tra il 1973 e il ’93. Uno scambio di sguardi, fulminanti intuizioni visive, che si chiude con un’appendice geniale nei ritratti dedicati al rapporto tra Fellini e la TV.
 
Tra le immagini in mostra hanno risalto straordinario i provini delle fotografie, da cui poi la fotografa sceglieva quell’immagine speciale che sarebbe andata in stampa. Decine di negativi assiepati nello stesso provino, su cui raramente campeggia un cerchio, un segno, un deciso tratto a matita rossa: quello della foto da stampare. Catalano era fotografa da centinaia di scatti a seduta, e severissima era la scelta dello ‘scatto giusto’, frutto di una selezione meditatissima, febbrile. Il visitatore di Ri-tratto rosso troverà degli scatti di incredibile bellezza e nitore creativo, tralasciati dalla fotografa e dalla sua matita rossa.
Il titolo della mostra viene proprio da questo segno, e da un colore ricorrente nell’immaginario di Fellini e delle immagini in mostra (si pensi soltanto alla celebre sciarpa del regista).
I provini sono una autentica opera d’arte tra le altre foto in mostra, e uno spaccato inedito di immaginario felliniano.
 
Un altro elemento fortemente suggestivo della mostra è la presenza dei fondali originali utilizzati da Catalano per i ritratti. Grandi pannelli screziati, pittorici, davanti ai quali posavano i suoi modelli, con effetti cromatici potenti e poetici. I pannelli, usati qui come documento della ‘bottega’ di Catalano risultano anche un fortissimo segno artistico dell’allestimento.
 
E sorprenderà il visitatore ritrovare la ricostruzione di una sezione dello studio della fotografa. Con il tavolo di lavoro, le macchine fotografiche, i provini, gli spot, appartenuti e utilizzati da Elisabetta Catalano. Una presenza che attraverso un particolare gioco allestitivo invita lo spettatore a ‘spiare’ all’interno dello studio, come ospite di una speciale camera oscura.
 
I SET, I RITRATTI
Il primo dei set documentati dalla fotografa è quello di 8½, dove casualmente e simbolicamente, proprio a Cinecittà, Catalano nasce alla fotografia. Poco più che ventenne, era stata chiamata in realtà come attrice: nel capolavoro di Fellini sul Cinema, interpreta la sorella di Luisa, e la possiamo rivedere nei filmati presentati in mostra. Fellini la sceglie per la sua bellezza, bionda di sguardo magnetico (e un ritrattista geniale con la scrittura come Alberto Arbasino dirà successivamente che Catalano è ‘un genio della ritrattistica camuffata da bella donna’). È a Cinecittà, nelle lunghe e talvolta noiose pause di set, che la giovane inizia a scattare scene e momenti del set, con una vecchia macchina di suo padre, una Mamiaflex. È l’inizio di una vita artistica, sotto l’egida del maestro riminese.
Per il Satyricon Fellini commissiona intuitivamente alla fotografa dei ritratti a mezzo busto dei vari personaggi del film, visionaria ricostruzione dell’antica Roma petroniana. L’effetto di una Roma pop, di parrucche gioielli e colori vivacissimi, è un’opera camp e spettacolare. I provini in bianco e nero del set sono invece già una composizione di momenti magici, ritratti di Fellini come solo un grande sguardo può catturare.
In Prova d’orchestra Catalano regala dei momenti di scena in cui Fellini è più istrionico. Il regista prova gestualità, gioca con oggetti e strumenti di scena. La fotografia in cui brandisce una sedia, che fa eco all’altra iconica foto di Tazio Secchiaroli con la frusta in mano, ci regala un senso segreto di Fellini nel suo circo: l’immagine del domatore di tigri.
In Intervista è addirittura un ritratto di Catalano a entrare nel film: la Eva Grimaldi che campeggia nel viaggio in metropolitana dalla fermata Manzoni fino a Cinecittà (una sequenza che spiega il mitico ‘metodo’ con cui Fellini mandava per la città i suoi assistenti a cercare comparse e volti che funzionassero), è opera di Catalano.
Da questi e moltissimi altri momenti si intende come le immagini in mostra non siano semplici foto di scena, non sono il racconto illustrato di Fellini al lavoro sul set. È Fellini che diventa soggetto di un’arte davvero contemporanea. Il regista creatore di tanta arte, si fa modello per una sua pari nell’arte di cogliere anime.
 
La galleria dei ritratti in studio presenti in mostra è il cuore emotivo dell’esposizione. È qui che si trova tutta la complicità, il gioco, la metafisica e la seduzione del Maestro, sintetizzate nei ‘quadri’ di Elisabetta Catalano. Spiccano le gestualità delle mani (il gesto del ‘mago’ Fellini), l’intelligenza scintillante degli sguardi. Fellini commuove con il tardo ritratto eseguito a ridosso della consegna dell’Oscar alla carriera, in smoking, crepuscolare ma in nessun modo spento. Appare sornione, seduttivo e infinitamente complice nella posa a Cinecittà accanto alla macchina da presa. E sferzante, divertito e pungente, nei magnifici ritratti che architetta con Catalano per ‘illustrare’ la polemica con la TV, negli anni in cui il regista contestava l’invadenza della pubblicità, la decadenza dell’illusione cinematografica di fronte alla pervasività delle televisioni, il frastuono di immagini e chiacchiere della nuova società dello spettacolo che copriva il silenzio misterico del buio del cinema.
 
L’ALLESTIMENTO
Un iniziale colpo d’occhio investe il visitatore di Ri-tratto rosso: una profondità di campo con al fondo una alta parete bianca, e la riproduzione di un gigantesco ritratto di Fellini. Un movimento in alto, verticale, che asseconda l’altezza del Teatro 1 di Cinecittà. Tutto il percorso allestitivo, curato da Cappelli Identity Design, celebra questo gigantismo felliniano, una delle chiavi del suo rapporto con la sua ‘casa’ di Cinecittà.
E dall’alto scendono dei teli bianchi, atti a riprodurre la spazialità aerea di un grande studio fotografico. Il gioco è così quello dell’incontro di un vero set cinematografico con lo studio di Elisabetta Catalano, l’intreccio tra il suo lavoro e quello di Fellini. E questa vasta ariosità dei teli bianchi, delle riproduzioni in grande formato delle immagini, è replicata anche dal tappeto sonoro, in cui molto presente è il suono – anch’esso di pura matrice felliniana – del vento. E la musica, curata da Federico Landini, è elemento avvolgente e poetico, al modo delle luci che ancora dall’alto screziano di atmosfere cangianti il percorso, creando dei ‘cieli’ differenti, come l’arco di una giornata. L’effetto è quello di una sospensione avvolgente, metafisica e sensuale. Per tutto questo la parola è sempre una: felliniano.
 
Ri-tratto rosso si completa con un accompagnamento di testi, curati da Laura Cherubini e Raffaele Simongini, di approfondimento storico-critico, che fanno ulteriormente entrare nel mondo iconico di questa fotografa. E i filmati di Catalano al lavoro, le immagini che la ritraggono, e l’emozione di rivederla negli spezzoni di quel primo set di 8½, dove risaltano più di tutto i suoi occhi, sono un corredo emozionale ulteriore.
 
Che Cinecittà torni ad aprire al pubblico suggellando con questa mostra le celebrazioni per il centenario di Federico Fellini, in quello che è il suo luogo ideale, di lavoro e spirituale. Che ciò avvenga attraverso le immagini di una grandissima fotografa, che proprio a Cinecittà e dentro un set di Fellini ha iniziato la sua luminosa carriera. Sono queste connessioni che rendono Ri-tratto rosso un’occasione speciale per gli Studi di Cinecittà. E l’occasione per tutti i visitatori appassionati di Arte e di Cinema, per scoprire, e riscoprire, il lavoro di un’artista straordinaria, una fotografa con il dono di cogliere l’anima di una persona, e un lato sorprendente del più grande visionario del nostro cinema.

Dichiara Aldo E. Ponis, curatore di Ri-tratto rosso e Direttore dell’Archivio Elisabetta Catalano: Quando avrete finito il vostro viaggio tra i ritratti, le foto dei set, le proiezioni, e vi avviate verso l’uscita, fermatevi per un ultimo, conclusivo momento, allo Studio di Elisabetta. E, attraverso i legni del grigliato, date un’occhiata ai tanti oggetti esposti sulla pedana, dalla sedia su cui si è seduto Fellini per il ritratto che vedete sullo sfondo, appoggiato al fondale, alle attrezzature per creare e calibrare le luci, ai sedili, ai cubi, ai pannelli, alle macchine fotografiche, ai manifesti…. Ed infine, al bianco tavolo luminoso con i provini, il lentino, la matita del “segno rosso” che, dopo una lunga, intensa attenzione, fissava le scelte della fotografa, le immagini destinate a diventare iconiche.
Questo era, questo è il mondo di Elisabetta, lo scenario in cui nascevano i suoi ritratti, quelle immagini che conservano per noi, oggi, il ricordo così vero, così vivo, di Federico che avete potuto conoscere in questa Mostra.
 
E il Direttore artistico della mostra, Emanuele Cappelli: Tutta l’idea di Ri-tratto rosso ruota intorno al concetto del tempo che non torna. Con Fellini il tempo passato, torna. Quando sono entrato per la prima volta nell’Archivio e ho visto i ritratti della Catalano a Fellini, ho sentito forte il senso del tempo che è passato. Ma se Fellini è magia e la fotografia è in grado di fermare l’attimo, questo oggi può tornare a vivere, proprio in questa mostra. Restituire l’atmosfera onirica della sensibilità visiva di Fellini attraverso effetti di colore e di suono è diventato il punto centrale della mia ricerca. Ho immaginato quale fosse il modo migliore per tradurre quell’atmosfera e per fare in modo che tutti oggi possano comprenderla. Ho lasciato così parlare uno spazio e l’ho riempito con il tempo.


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