Carlo Pittara e la Scuola di Rivara. Un momento magico dell’Ottocento pedemontano

Giovanni Battista Carpanetto, Critici gentili, 1888. Olio su tavola, 31,5x47 cm. Galleria Il Portico, Pinerolo

 

Dal 22 Settembre 2016 al 12 Febbraio 2017

Torino

Luogo: Museo di Arti Decorative Accorsi – Ometto

Indirizzo: via Po 55

Orari: da martedì a venerdì 10.00-13.00; 14.00-18.00 sabato e festivi 10.00-13.00; 14.00-19.00. Lunedì chiuso

Curatori: Giuseppe Luigi Marini

Enti promotori:

  • Regione Piemonte
  • Città di Torino

Costo del biglietto: intero € 8, ridotto € 6. Gratuito bambini fino ai 12 anni, possessori Abbonamento Musei e Torino + Piemonte Card; disabili + 1 accompagnatore; guide turistiche; giornalisti con tesserino

Telefono per informazioni: +39 011 837 688.3

E-Mail info: info@fondazioneaccorsi-ometto.it

Sito ufficiale: http://www.fondazioneaccorsi-ometto.it



Il Museo Accorsi – Ometto presenta un’esposizione che intende esplorare il percorso artistico di quei pittori che, a vario titolo e in tempi anche diversi, frequentarono il “cenacolo” di Rivara, animato dalla figura di Carlo Pittara.

La mostra, realizzata in collaborazione con lo Studio Berman di Giuliana Godio e a cura di Giuseppe Luigi Marini, comprende circa settanta opere provenienti da collezioni private italiane, selezionate secondo un elevato criterio qualitativo e storico. Dodici sono gli artisti presentati, provenienti da diverse regioni italiane e non solo, a sottolineare l’importanza di una stagione artistica che supera i confini regionali.  Accanto ai piemontesi Carlo Pittara, Vittorio Avondo, Ernesto Bertea, Federico Pastoris (a cui si aggiungeranno più tardi i torinesi Giovanni Battista Carpanetto, Adolfo Dalbesio e Francesco Romero, di Moncalvo) sono presenti artisti liguri (Ernesto Rayper e Alberto Issel) o “naturalizzati” come tali (gli iberici D’Andrade e De Avendaño), nonché il fiorentino di natali, ma giunto a Torino in tenera età, Antenore Soldi.  

Il momento che essi rappresentano è caratterizzato dalla ricerca di un sensibile realismonella rappresentazione del paesaggio agreste, con accenti diversi, ma improntati dalla comune attenzione prima al paesismo ancora intriso di romanticismo dello svizzero Alexandre Calame (che quasi tutti conobbero inizialmente a Ginevra), presto attratti dal paesismo dei pittori di Barbizon in Francia e dalle novità di Corot e dal linguaggio fontanesiano attraverso contatti diretti, poi rinnovati negli anni di Rivara, con il maestro reggiano a Volpiano, tramite anche le esortazioni del ligure Tammar Luxoro.

Il confronto tra i pittori iberici e quelli liguri iniziò dapprima negli incontri a Carcare, nel Savonese, poi, sopratutto d’estate o in autunno, a Rivara, dove il lavoro gomito a gomito ebbe momenti catalizzanti, specie dopo l’inserimento nel gruppo di Rayper, su esortazione di D’Andrade. La scelta di confrontarsi con il paesaggio di Rivara avvenne non solo per l’amenità del dolce paesaggio agreste, ma perché tutti potevano godere della generosa ospitalità del banchiere Carlo Ogliani, cognato di Pittara, rivarese d’origine e proprietario di un’accogliente villa, poi anche del vasto castello acquistato all’inizio degli anni Settanta.

L’abituale consuetudine dei gioviali incontri, che connotò la rivoluzione “realista” di quei compagni di cavalletto, ebbe il proprio momento di maggiore vitalità e di fulgore a cavallo del 1870, sino alla precoce morte di Rayper nel 1873 e a uno stillicidio di abbandoni alla fine del decennio, tra cui quello, parziale, dello stesso Pittara, che ritroviamo a Roma nel 1877 e a Parigi dopo il 1880 (anche se di ritorno a Rivara ogni anno per qualche mese); così Avondo, D’Andrade, Pastoris e Bertea, variamente e progressivamente attratti dal restauro e dallo studio dei monumenti del Medioevo pedemontano. Sino a Carpanetto e Dalbesio, inclini altresì, come lo stesso Pittara, alle fascinazioni parigine della sintassi pittorica di De Nittis e Boldini. 

Valorizzata in primis dal poeta Giovanni Camerana, poi dai critici Emilio ZanziMarziano Bernardi e in ultimo e autorevolmente da Roberto Longhi, l’importanza della cosiddetta Scuola di Rivara era già stata riconosciuta da Telemaco Signorini che, tuttavia, dimenticò Pittara per sottolineare il ruolo innovatore di Ernesto Rayper, indubbiamente la figura più dotata del gruppo. Anche se Carlo Pittara fu il più produttivo e vario, sebbene discontinuo, realista del cenacolo pedemontano, progressivamente attratto dalla finezza e dal successo del linguaggio denittisiano; e curioso delle più dolci eleganze di una pittura narrativa.

A questa “epopea” tardo-ottocentesca, che seppe definitivamente accantonare la ridondanza della pittura di storia e i ritardi di gusto dell’insegnamento accademico con un’espressione gioviale e sincera della realtà, la “verde” Rivara ha legato per sempre il proprio nome: luogo di una pacifica, osteggiata a lungo ma definitiva “rivoluzione” che ha segnato l’attualità della pittura piemontese, ligure e, in parte, attraverso Gignous, lombarda del maturo Ottocento.

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