Storia dell'Impressionismo. I grandi protagonisti da Monet a Renoir, da Van Gogh a Gauguin

© Kröller-Muller Museum | Vincent van Gogh, Paesaggio con covoni di grano e luna che sorge, 1889. Olio su tela, 72 x 91,3 cm. 

 

Dal 29 Ottobre 2016 al 01 Maggio 2017

Treviso

Luogo: Museo di Santa Caterina

Indirizzo: piazzetta Mario Botter 1

Curatori: Marco Goldin

Enti promotori:

  • Comune di Treviso
  • Linea d'ombra

Prolungata: Prorogata fino al 1° maggio 2017

Telefono per informazioni: +39 0422 429999

E-Mail info: info@lineadombra.it

Sito ufficiale: http://www.lineadombra.it



Il progetto nasce quale forma nobile, e non inutilmente celebrativa, per ricordare i vent’anni dalla fondazione di Linea d’ombra, la società da me creata nel tardo autunno del 1996 e che da allora ha potuto godere su 10 milioni di visitatori nelle diverse mostre organizzate in varie città italiane.  FOTO
Mostre che praticamente ogni anno, a partire almeno dal 2000, sono state fra le prime tre più viste in Italia, in otto occasioni raggiungendo il primo posto assoluto, ultimo caso quello del 2014.
Anno in cui oltre appunto al primo posto con la mostra bolognese dedicata a La ragazza con l’orecchino di perla, Linea d’ombra ha collocato altre due mostre nella top ten italiana, con l’edizione vicentina (quinto posto) e veronese (ottavo posto) di Verso Monet.
Come è noto, il decennio inaugurale dell’attività di Linea d’ombra (fino all’ampia rassegna di fine 2006, nel Museo di Santa Giulia a Brescia, Turner e gli impressionisti. La grande storia del paesaggio moderno in Europa) è stato caratterizzato da uno studio attento dedicato in modo particolare all’impressionismo. Prima che nel decennio successivo si imponessero, e negli ultimi cinque anni in modo particolare, mostre invece di carattere tematico, tali anche da intrecciare opere di secoli diversi, spesso distanti tra loro. E purtuttavia legate da precise assonanze, fossero esse stilistiche o di adesione a un sentimento. Si ricordano in questo senso i progetti realizzati a Genova, a Villa Manin di Passariano, a Vicenza e a Verona.
Per dare l’idea di questi vent’anni di attività di Linea d’ombra, mi è parso corretto, per un vasto richiamo al lavoro svolto, pensare a una mostra storica che potesse racchiudere i motivi più distintivi della ricerca mia personale e di Linea d’ombra quale veicolo organizzativo.
E’ nata quindi una ricerca che, proprio per segnare questa occasione, aveva l’ambizione di trasformarsi in una tra le esposizioni più importanti da noi mai realizzate, facendo ovviamente tesoro di vent’anni di relazioni con i musei e le collezioni di tutto il mondo.
Una vasta Storia dell’impressionismo, raccontata in 120 opere (soprattutto dipinti, ma anche fotografie e incisioni a colori su legno) e nove capitoli, con un forte intento di natura didattica. Per dire in ogni caso non solo quel mezzo secolo che va dalla metà dell’Ottocento fino ai primissimi anni del Novecento, ma anche quanto la pittura in Francia avesse prodotto, con l’avvento di Ingres a inizio Ottocento, nell’ambito di un classicismo che sfocerà, certamente con minore tensione creativa, nelle prove, per lo più accademiche, degli artisti del Salon. Quindi mettendo in evidenza quanto preceda l’impressionismo − e lo prepari anche come senso di reazione rispetto a una nuova idea della pittura − e quanto da quell’esperienza rivoluzionaria, e dalla sua crisi negli anni ottanta, nasca e si sviluppi poi, fino a diventare pietra fondante del nuovo secolo ai suoi albori. Soprattutto con il magistero dell’ultimo Cézanne, al quale non a caso è dedicato il capitolo finale.
Ma le diverse sezioni della mostra non saranno mondi a se stanti e indipendenti, e invece la pittura accademica sarà spesso inserita quale contrappunto nelle sezioni stesse, così da far comprendere come il linguaggio nuovo dei giovani impressionisti, e prima di loro dei pittori della scuola naturalistica di Barbizon, vivesse nel tempo stesso del Salon. Non dunque un prima e un poi, ma un’esperienza storica che si esprime in parallelo, e simultaneamente, nelle strade di Parigi.
Quel Salonal quale del resto, pur rifiutandone lo spirito di rievocazione e di conservazione, gli impressionisti ambivano a partecipare, essendo comunque il solo luogo che poteva garantire visibilità e fama.
Ma in questa sorta di grande tavola sinottica di un’epoca, non sarà solo la pittura di Salon a essere messa in rapporto con l’impressionismo. Entreranno in gioco anche l’appena nata fotografia, soprattutto nell’ambito del paesaggio che rievoca Parigi o la foresta di Fontainebleau − luoghi comuni di indagine e ancora una volta puntualmente accanto ad alcuni dipinti − e poi le celeberrime incisioni a colori su legno di Hiroshige e Hokusai. Il tema dell’influenza della cultura giapponese sugli impressionisti, darà senso a una sezione specifica, con alcuni dei fogli più belli e più noti dei due grandi artisti, scelti quali riferimenti più attendibili. La mostra avrà quindi anche un suo lato di stringente carattere storico, tale da collocare le figure e le opere nel contesto dell’epoca, che sarà raccontata facendo ricorso anche alla multimedialità e ad apparati audiovisivi appositamente predisposti. E con tutta l’evidenza possibile non sarà solo una sequenza di opere pur bellissime e di capolavori, ma giungerà al termine di tanti anni di analisi proprio alla pittura francese del XIX secolo dedicate.
Quanto scrivevo, alla fine della primavera del 2014 per il “Corriere della Sera”, credo si adatti perfettamente a questa mostra, dando così a essa il suo senso più profondo. E non soltanto come riassunto di un sentimento, ma anche come metodologia nel comporla: “Quello che Monet e gli altri suoi compagni di strada vogliono dire, è una quintessenza di profumi, di ceneri, di silenzi, di fioriture. L’adagiarsi delle luci sull’erba, e poi l’ombra che coglie, mutandolo, il colore prima che venga sera. Trattengono nella pittura la trasformazione armoniosa della natura, che poco per volta in loro si fa paesaggio, sotto la mano dell’uomo che rende meno selvaggi i luoghi. Dalla foresta di Fontainebleau dove tutti insieme dipingono a metà degli anni sessanta dell’Ottocento, fino alla spiaggia di Trouville, in Normandia, dove Monet pone il suo cavalletto sulla sabbia, accanto ai primi alberghi e stabilimenti balneari che nascono in quegli anni per i parigini che iniziano a conoscere la villeggiatura.
Così facendo, il pittore francese spezza la rincorsa verso il sublime naturale che era stata di Turner, e diversamente anche di Friedrich, e inserisce il senso della modernità, dando spazio a quella vie moderne che è stata una delle sigle dell’impressionismo. Trasferire il senso della bellezza dagli spazi dell’infinito a quelli di una città nella quale il treno sferraglia, i vapori s’innalzano, i lumi si accendono, la gente si affanna lungo le strade. La bellezza è parte di un giro più normale della vita, quanto ci appartiene, ci lega al senso del nostro destino, alla riflessione sul trascorrere del tempo. Il paesaggio non è più quello di una tempesta, di una neve eterna, ma quello di una campagna che tutti abbiamo percorso, una stradina nel verde dentro la quale si infila il vento, e noi con lui.
Esperienza della pittura dunque includente e non escludente. Lontana ormai quasi un secolo e mezzo, eppure ancora la più attuale quando si pensi all’emozione che genera la visione del colore. Per questo gli artisti raccolti sotto il nome di impressionisti sono ancora oggi così popolari, e nessuno si stanca di guardare i loro quadri. Perché dal punto di vista della storia dell’arte, essi hanno spezzato il giogo romantico della insostenibilità leopardiana dell’emozione spinta agli eccessi, e hanno ridisegnato il modo di dipingere. E ugualmente hanno rotto il giogo della rappresentazione neo-classica ispirata alla Storia, dopo Ingres e poi gli anni del Salon. E dal punto di vista della vicenda proprio delle emozioni, l’hanno ricondotta a più umane misure, quelle dello spazio breve, del giardino. Misure nelle quali ognuno trova traccia di sé, non si spaura, attua un incontro tra la visione e il cuore. Incontro fondamentale per il senso della vita, e che ha decretato il successo di tante mostre dedicate all’impressionismo. E ne ha costituito, almeno per me, il modo di costruirle. Per stare vicini, e stretti, a quell’emozione, tutta nutrita di conoscenza, che giustifica mirabilmente il nostro transito.”
L’esposizione, come detto, sarà suddivisa in nove sezioni, che consentiranno al visitatore di percorrere un cammino tra capolavori che hanno segnato dunque una delle maggiori rivoluzioni nella storia dell’arte di tutti i tempi. Facendo ricorso a prestiti provenienti da alcuni tra i principali musei del mondo, ma anche da collezioni private che apriranno le loro porte. Rendendo quindi la mostra, ulteriormente, un’occasione unica di approfondimento e di scoperta di una bellezza sconosciuta.

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