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Il fantasma della forma. La scultura da Renoir a Mastroianni nella Collezione Boga

Pierre Auguste Renoir, Maternità - Aline e Coco, 1916.
Dal 21 Dicembre 2013 al 16 Febbraio 2014
Lonigo | Vicenza
Luogo: Palazzo Pisani
Indirizzo: piazza Garibaldi 1
Orari: giovedì e venerdì 15-19; sabato e domenica 10-12.30/ 15-19.30
Curatori: Floriano De Santi
Enti promotori:
- Città di Lonigo - Assessorato alla Cultura
- Provincia di Vicenza
- Palazzo Pisani
- MV Eventi
- Archivio Umberto Mastroianni
Costo del biglietto: € 5
Telefono per informazioni: +39 329 2812223
E-Mail info: info@mveventi.com
Sito ufficiale: http://www.comune.lonigo.vi.it
MV Eventi presenta, nelle prestigiose sale espositive di Palazzo Pisani - Casa della Cultura di Lonigo (Vi), la mostra “Il fantasma della forma. La scultura da Renoir a Mastroianni nella Collezione Boga”, curata da Floriano De Santi, dal 21 dicembre 2013 al 16 febbraio 2014.
La mostra, che vede la collaborazione dell’Archivio Umberto Mastroianni e di Habitare, è curata da Floriano De Santi, critico e storico dell’arte, presentando circa 30 opere di scultura di Renoir, Degas, Rodin, Marini, Martini, Matta, De Chirico, Dalì, Giacometti, Manzù, Fontana e Mastroianni.
Dalla plasticità di Rodin all’energica tensione delle sculture di Mastroianni, passando per i concetti spaziali di Fontana e le celebri figure di esseri umani che paiono corrosi dal tempo di Giacometti, la mostra racconta un viaggio attraverso alcuni dei momenti salienti del rinnovamento stilistico della scultura del novecento, una disciplina tanto amata dagli artisti, quanto apprezzata da un pubblico sensibile e attento.
“Completiamo il nostro percorso espositivo” afferma Matteo Vanzan di MV Eventi “colmando una lacuna con una delle più note espressioni dell’arte: la scultura.
Un’arte antichissima che permette all’uomo la tridimensionalità necessaria per evocare la propria verità, i cui primi bagliori si possono rintracciare già nel 24.000 a.C. con le celebri Veneri, figure femminili che rappresentavano il dono della donna di creare la vita.
Proprio come affermava Rodin, “io scelgo un blocco di marmo e taglio via tutto ciò che non è necessario”, la scultura è rivelazione, un intimo segreto che l’artista nutre dentro di sé e che scopre lentamente, con la cura di colui che sta generando la vita da freddi materiali come il marmo e la creta, conferendo loro quel calore e quell’anima che solo l’Arte può dare”.
Ne "Il fantasma della forma”", infatti, bisogna subito dire che alla proposta di Auguste Renoir, di Edgar Degas, di Auguste Rodin, di Giorgio de Chirico, di Arturo Martini, di Giacomo Manzù, di Marino Marini e di Francesco Messina per una nuova universale classicità, Roberto Sebastian Matta, Salvador Dalí, Alberto Giacometti, Lucio Fontana ed Umberto Mastroianni oppongono la proposta di un inedito, attualissimo romanticismo.
Mentre la prima ha dunque un contenuto mitico, discende da un unico archetypos formale, è spazio fatto figura e, come spazio-figura, si uniforma alla morfologia dell'organico, con una tecnica che si ricollega alla gestualità originaria del tagliare, del plasmare, del levigare, rispettando le qualità naturali, la spiritualità intrinseca della materia, la seconda ha un interesse bruciante ai motivi della vita moderna (non, però, allo stesso modo dell'allucinato realismo di Renato Guttuso e di Charles Correia), un simultaneo costituirsi e dissociarsi dell'immagine, uno stridente e metaforico raffronto di morfologia viscerale e meccanica, una fragranza traumatica dell'esito fenomenico, un considerare la materia bronzea non già per quella che è, ma per quella che imprevedibilmente diviene.
La proposta classica e la proposta romantica sono antitetiche, ma ricollegandosi entrambe al "fantasma della forma" suggerito dal filosofo Jacques Derrida, sono complementari e si integrano. Del resto, sarebbe mai stato possibile concepire una scultura europea moderna che non fosse strutturalmente dialettica? E in tal senso scrive con acribia critica Floriano De Santi, curatore della mostra e del catalogo: "L'arresto del tempo, di cui tanto si parla per la scultura è proprio la messa in forma o in circolo del chaos grazie al quale il dinamismo immaginativo si fissa nel bronzo, nel ferro, nel marmo, come all'acme della propria accensione magmatica, non disperdendosi ma esaltandosi, con una malinconia in cui pare annidarsi il mondo ingannevole del mito di Sisifo".
La mostra, che vede la collaborazione dell’Archivio Umberto Mastroianni e di Habitare, è curata da Floriano De Santi, critico e storico dell’arte, presentando circa 30 opere di scultura di Renoir, Degas, Rodin, Marini, Martini, Matta, De Chirico, Dalì, Giacometti, Manzù, Fontana e Mastroianni.
Dalla plasticità di Rodin all’energica tensione delle sculture di Mastroianni, passando per i concetti spaziali di Fontana e le celebri figure di esseri umani che paiono corrosi dal tempo di Giacometti, la mostra racconta un viaggio attraverso alcuni dei momenti salienti del rinnovamento stilistico della scultura del novecento, una disciplina tanto amata dagli artisti, quanto apprezzata da un pubblico sensibile e attento.
“Completiamo il nostro percorso espositivo” afferma Matteo Vanzan di MV Eventi “colmando una lacuna con una delle più note espressioni dell’arte: la scultura.
Un’arte antichissima che permette all’uomo la tridimensionalità necessaria per evocare la propria verità, i cui primi bagliori si possono rintracciare già nel 24.000 a.C. con le celebri Veneri, figure femminili che rappresentavano il dono della donna di creare la vita.
Proprio come affermava Rodin, “io scelgo un blocco di marmo e taglio via tutto ciò che non è necessario”, la scultura è rivelazione, un intimo segreto che l’artista nutre dentro di sé e che scopre lentamente, con la cura di colui che sta generando la vita da freddi materiali come il marmo e la creta, conferendo loro quel calore e quell’anima che solo l’Arte può dare”.
Ne "Il fantasma della forma”", infatti, bisogna subito dire che alla proposta di Auguste Renoir, di Edgar Degas, di Auguste Rodin, di Giorgio de Chirico, di Arturo Martini, di Giacomo Manzù, di Marino Marini e di Francesco Messina per una nuova universale classicità, Roberto Sebastian Matta, Salvador Dalí, Alberto Giacometti, Lucio Fontana ed Umberto Mastroianni oppongono la proposta di un inedito, attualissimo romanticismo.
Mentre la prima ha dunque un contenuto mitico, discende da un unico archetypos formale, è spazio fatto figura e, come spazio-figura, si uniforma alla morfologia dell'organico, con una tecnica che si ricollega alla gestualità originaria del tagliare, del plasmare, del levigare, rispettando le qualità naturali, la spiritualità intrinseca della materia, la seconda ha un interesse bruciante ai motivi della vita moderna (non, però, allo stesso modo dell'allucinato realismo di Renato Guttuso e di Charles Correia), un simultaneo costituirsi e dissociarsi dell'immagine, uno stridente e metaforico raffronto di morfologia viscerale e meccanica, una fragranza traumatica dell'esito fenomenico, un considerare la materia bronzea non già per quella che è, ma per quella che imprevedibilmente diviene.
La proposta classica e la proposta romantica sono antitetiche, ma ricollegandosi entrambe al "fantasma della forma" suggerito dal filosofo Jacques Derrida, sono complementari e si integrano. Del resto, sarebbe mai stato possibile concepire una scultura europea moderna che non fosse strutturalmente dialettica? E in tal senso scrive con acribia critica Floriano De Santi, curatore della mostra e del catalogo: "L'arresto del tempo, di cui tanto si parla per la scultura è proprio la messa in forma o in circolo del chaos grazie al quale il dinamismo immaginativo si fissa nel bronzo, nel ferro, nel marmo, come all'acme della propria accensione magmatica, non disperdendosi ma esaltandosi, con una malinconia in cui pare annidarsi il mondo ingannevole del mito di Sisifo".
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