Studio di volti per la Battaglia di Anghiari

San Giovanni

Studio di volti per la Battaglia di Anghiari
Invano gli esperti hanno cercato i resti della Battaglia di Anghiari sotto gli affreschi del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze.Invano gli esperti hanno cercato i resti della Battaglia d’Anghiari sotto gli affreschi del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze

Invano gli esperti hanno cercato i resti della Battaglia d’Anghiari sotto gli affreschi del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze: per ora l’immenso dipinto di Leonardo resta un’opera fantasma, che conosciamo grazie a schizzi e disegni dell’autore e a diverse copie, come quella di Rubens conservata al Louvre.
 
All’origine del progetto, c’è la rinascita della Repubblica Fiorentina dopo la rivolta di Savonarola: a Leonardo e a Michelangelo viene affidato il compito di decorare la nuova sala del potere con gloriosi episodi di guerra che celebrino le virtù di Firenze, prima tra tutte la libertas repubblicana. Leonardo dipingerà la Battaglia di Anghiari, che nel 1440 ha visto le truppe gigliate contrapposte a quelle milanesi dei Visconti, mentre il Buonarroti si metterà al lavoro sul cartone della Battaglia di Cascina del 1364 contro i pisani.
Per motivi diversi, nessuna delle due opere verrà portata a termine, e 50 anni dopo il Salone sarà affrescato da Giorgio Vasari.
 
A fermare il progetto di Leonardo fu il fallimento dei suoi esperimenti con la pittura a encausto, studiata dal pittore nella Historia Naturalis di Plinio il Vecchio e scelta perché congeniale a una gestazione lenta e riflessiva. Il calore sprigionato da pentoloni di legna ardente avrebbe dovuto asciugare i dipinti e fissarne i colori, che invece dalla parte alta della parete colarono sull’intonaco, costringendo Leonardo a interrompere il lavoro.

Dai documenti che abbiamo a disposizione, sappiamo che la Battaglia di Anghiari aveva l’aspetto di un turbine vorticoso in cui si agitavano cavalli e cavalieri, uomini dai volti eccitati e dai corpi contorti impegnati a contendersi il gonfalone di Firenze. La “pazzia bestialissima” della guerra, come la chiamava l’artista, non era mai stata rappresentata con tanta energia e violenza. Ne abbiamo un esempio straordinariamente moderno in due volti di soldati disegnati dal maestro, oggi conservati al Museo Nazionale di Budapest.