Mostra I Colori dell’Antico. Marmi Santarelli ai Musei Capitolini a Roma. Le informazioni sulla mostra I Colori dell’Antico. Marmi Santarelli ai Musei Capitolini, i curatori, gli orari di ingresso, il costo dei biglietti, i numeri per prenotare, il comunicato stampa sulla mostra I Colori dell’Antico. Marmi Santarelli ai Musei Capitolini del museo Musei Capitolini di Roma.

I Colori dell’Antico. Marmi Santarelli ai Musei Capitolini

I Colori dell’Antico. Marmi Santarelli ai Musei Capitolini

Mappa

  • Città: Roma
  • Provincia: Roma
  • Indirizzo: Piazza del Campidoglio 1
  • Telefono: +39 060608
  • Sito ufficiale

Scheda Mostra

I Colori dell’Antico. Marmi Santarelli ai Musei Capitolini


  • Luogo: Musei Capitolini
  • Curatori: Andrea G. De Marchi
  • Enti promotori:
    • Roma Culture
    • Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
    • Fondazione Santarelli
  • Città: Roma
  • Provincia: Roma
  • Data inizio: 13 Aprile 2022
  • Data fine: 30 Aprile 2032
  • Costo del biglietto: intero € 13, ridotto € 11 (residenti € 12/€10)
  • Telefono per informazioni: +39 060608
  • Sito ufficiale

Comunicato Stampa:

Sarà ospitata dal 12 aprile in due sale di Palazzo Clementino ai Musei Capitolini, accanto al Medagliere, una preziosa selezione di oltre 660 marmi policromi di età imperiale provenienti dalla collezione capitolina e dalla Fondazione Dino ed Ernesta Santarelli. Grazie ad un comodato gratuito decennale, lallestimento offre una visione sullimmensa quantità di pietre importate a Roma: unoccasione unica per ripercorrere, attraverso forme, colori e fantasie, la storia millenaria della capitale da un punto di vista artistico ma anche socioculturale, politico ed economico. Luso dei marmi policromi caratterizzò infatti in modo determinante l’architettura romana di età imperiale.

Lallestimento si sviluppa in due sale. Nella prima sono esposti 82 frammenti policromi provenienti dalla Fondazione Santarelli; laltra ospita due coppie di campionari, una del primo 800 con 422 pezzi, sempre della Fondazione, l’altra pertinente alla collezione Capitolina, iniziata nella seconda metà dell’800 dalla famiglia Gui e costituita da 288 formelle. Nella stessa sala è presente anche una testa di Dioniso montata su busto non pertinente femminile (composta da otto tipologie marmoree diverse e una selezione di strumenti per la lavorazione del marmo provenienti dalla bottega Fiorentini).
In loop viene proiettato un documentario, a cura di Adriano Aymonino e Silvia Davoli, che ripercorre la storia di queste materie giunte a Roma in relazione alla politica di espansione dellimpero.

Lallestimento vuole raccontare la stretta connessione tra la presenza di materiali non-autoctoni alla città di Roma e lespansione politica, economica e geografica dellantico Impero Romano, tracciando territori e reti geografiche attraverso la storia e la memoria. Infatti, poiché le grandi strade dellimpero partono dal centro della città antica, la collocazione dei marmi rispecchia le cardinali da cui giunsero a Roma.
Ne consegue un colpo docchio istruttivo, che indica le civiltà più avvezze alla lavorazione del marmo al momento della conquista romana.

Luso di alcuni marmi colorati risale al Neolitico o alla tarda età del bronzo, come il duro serpentino verde. In Egitto i faraoni sfruttarono qualità diverse e lultima loro dinastia, i Tolomei (305 – 30 a.C.), ampliò il repertorio con porfidi e alabastri, che saranno in seguito apprezzati a Roma. Qui prevalse a lungo il rifiuto del lusso, preferendo idee e materie tratte dalla tradizione. L’introduzione di alcuni marmi colorati risale al periodo repubblicano, come il giallo antico e il pavonazzetto, mentre la loro diffusione è da collegarsi all’imperatore Augusto. Il maggior assortimento di marmi colorati risale ai Flavi (69-96 d.C). Molte cave divennero imperiali con gli Antonini, che accrebbero quelle extra italiche. Le tinte erano ravvivate da levigature, grassi o cere e dovevano correlarsi a dipinti e decorazioni, andati quasi tutti perduti.
 
Estrazione, lavorazione e trasporto necessitavano di moltissimi addetti, i quali dovevano essere bene addestrati e disciplinati. È possibile che Augusto e i successori abbiano voluto deliberatamente finanziare queste attività anche per favorire lamalgama etnica e sociale entro lenorme estensione dellimpero, volendo coinvolgere economicamente i popoli conquistati. I costi furono comparabili a quelli di campagne militari e devono aver avuto motivazioni adeguate. Ma il motivo non è del tutto chiaro. È stato interpretato come desiderio del lusso, di aumento del gettito fiscale e di rappresentazione simbolica dellestensione imperiale.

La progressiva dissoluzione militare, politica, amministrativa ed economica occidentale, che corrisponde all
Alto Medioevo, vide chiudere la maggioranza delle cave e successivamente la forte tendenza al riuso di materiali antichi. Si andò sviluppando unarte nuova, che avrebbe sfruttato in modo originale i marmi colorati. Si diffusero i pavimenti con lastre reimpiegate intere o sminuzzate, a formare motivi geometrici. Le tinte di qualche marmo antico echeggiarono nellarchitettura romanica e gotica, in Toscana e in altre regioni, facciate e campanili striati di bianco e di rosso (o verde), imitavano il porfido e il serpentino, come fece più esattamente anche la pittura trecentesca.

Nella più organica ripresa dell
antico, il Rinascimento, si nota un dato contraddittorio e trascurato: le vive tinte di Roma furono sbiadite o reinventate. Un cambiamento si deve al- la maturità di Raffaello, nelle Stanze vaticane, a partire da quella dellIncendio (1514-1517), dove sono congruamente dipinte diverse pietre colorate. A metà Cinquecento a Firenze si sviluppò la tarsìa marmorea (dal 1588 con lOpificio delle Pietre Dure), che sembra riflettersi nello stile del Bronzino. Si diffusero allora anche i dipinti su ardesia e poi su altre qualità lapidee.

I vivi colori di Roma innescarono presto un luogo comune: sarebbero stati eccessivi, cor- rompendo la misurata semplicità greca. È un
idea che riemerge nella storia dellarte, nei giudizi su Manierismo e Barocco quali degenerazioni dellequilibrio rinascimentale. Nel primo Rinascimento, quei colori dovevano vedersi meglio di ora, specialmente nei marmi, che non avevano subito secoli di spoglio, né lazione dellinquinamento. Eppure tante immagini della città li mostrano sbiaditi, fino al Neoclassicismo e ancora oltre. Può darsi che quel “filtro” servisse a rendere credibili le immagini riferite al passato, poiché qualcosa di simile si vede nel flashback cinematografico, spesso in bianco e nero o con colori alterati. Tali modifiche possono aver aiutato ad usare limmagine artistica come macchina del tempo.