A San Lazzaro di Savena dal 21 aprile

La Fondazione Cirulli inaugura con una mostra dedicata ai Futuristi

Osvaldo Licini, La città che sale, 1914, olio su tela, 120 x 80 cm. Courtesy of Fondazione Cirulli
 

Samantha De Martin

11/04/2018

Bologna - Una collezione composta da migliaia di pezzi e che punta alla “valorizzazione, in ambito nazionale e internazionale, dell’arte e della cultura visiva italiana del XX secolo, attraverso una rilettura dal taglio inedito e multidisciplinare della sua eredità culturale e la promozione di progetti orientati alla divulgazione della cultura creativa italiana dalla nascita del made in Italy fino al boom economico”.
È un manifesto programmatico ambizioso quello stilato dalla Fondazione Cirulli che il prossimo 21 aprile apre i battenti a San Lazzaro di Savena, a pochi chilometri da Bologna, con una mostra - che resterà aperta al pubblico fino al 18 novembre e con oltre 200 opere - dedicata all’Universo Futurista.

Questa nuova istituzione privata, nata sulla base di un archivio storico dedicato alla cultura italiana del Novecento, avviato a New York nel 1984 dai suoi fondatori, Massimo e Sonia Cirulli, apre con un percorso che offre un focus sulla prima avanguardia europea. Un viaggio, come spiega lo studioso americano Jeffrey T. Schnapp, co-curatore della mostra, «esplorativo, attraverso l’abbondanza e la molteplicità dei materiali conservati nella collezione della Fondazione, che evidenzia raggruppamenti, costellazioni, ritmi diversi di opere e variazioni di misura dal grande al piccolo, dal pieno al vuoto».
Ma soprattutto che pone l'accento su tematiche centrali dell'estetica futurista, come l'inno alla vitalità creativa, alla giocosità e alla fantasia di un'arte che "rallegra il mondo ricreandolo integralmente", riprendendo le parole del Manifesto Ricostruzione futurista dell'Universo redatto nel 1915 da Giacomo Balla e da Depero.


In questo percorso, opere di Balla, Boccioni - in mostra con il pastello Nike, Vittoria dell’Aria (1913) - Depero, si intrecciano ai lavori di Marinetti, Munari e ancora Prampolini, Russolo, Sant’Elia, Sironi, proponendo ambientazioni dedicate a tematiche care ai futuristi, dalla velocità al progresso, dall’energia al design domestico.

Sculture, dipinti, fotografie, disegni, manifesti pubblicitari realizzati dagli artisti tra il 1909 e il 1930 attraversano le cinque sezioni della mostra: la sala della conquista dell'aria, il muro dei manifesti, le “costellazioni“, le “orbite“ e gli “spazi”.
Non passa inosservato, soprattutto per la sua interessante vicenda, il quadro Disgregazione x velocità realizzato nel 1913 da Giacomo Balla. L’opera era stata esposta negli Stati Uniti nel 1915 in occasione della “Panama Pacific International Exposition”, l'esposizione universale svoltasi a San Francisco per celebrare il completamento del Canale di Panama. Al termine dell’evento, del quadro dell'artista si perse ogni traccia, fino al ritrovamento avvenuto qualche anno fa proprio negli Stati Uniti.

Anche uno dei dipinti urbani del marchigiano Osvaldo Licini racconta una storia particolare. Durante le operazioni di restauro, l'opera ha restituito, piegato all’interno della cornice, il ritaglio di un articolo de Il Resto del Carlino che commentava la mostra futurista del 1914, durata addirittura una notte e un giorno, organizzata nei sotterranei del Grand Hotel Majestic di Bologna (allora Baglioni) e alla quale presero parte cinque giovanissimi artisti: Giorgio Morandi, Severo Pozzati, Giacomo Vespignani, Mario Bacchelli e Osvaldo Licini che espose, tra le altre, proprio l'opera in mostra.

Ad accogliere i visitatori nell’edificio che gli architetti e designer Achille e Pier Giacomo Castiglioni avevano progettato per Dino Gavina e Maria Simoncini, a San Lazzaro di Savena, nel 1960 - e che conserva ancora il pavimento originale in pianelle di cotto - l’emblematica frase, posta sulla porta d’ingresso, che Walter Gropius scrisse nel 1958 nella prefazione dall’edizione italiana de L’architettura integrata.
“Forse l’Italia è destinata a chiarire su quali fattori della vita moderna dobbiamo fondarci, per recuperare il perduto senso della bellezza e promuovere, nell’era industrializzata, una nuova unità culturale”.


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