Storia dell’enfant terrible della Secessione

Buon compleanno Egon Schiele! Una rivoluzione lunga 130 anni

Egon Schiele (1890 - 1918), Autoritratto con camicia a righe, 1910, Vienna, Leopold Museum
 

Francesca Grego

08/06/2020

“L’Arte non può essere moderna, l’Arte appartiene all’eternità”, scriveva Egon Schiele nel 1912. Per costruire la sua eternità gli bastarono 28 anni di vita. Il 12 giugno del 1890 fa Schiele nasceva a Tulln, nelle immediate vicinanze di Vienna. Nel 1918, quando la febbre spagnola se lo portò via, lasciò dietro di sé 340 dipinti e 2800 opere grafiche tra acquerelli e disegni.
Moderno lo era, eccome. Dalla pittura al design, dalla psicanalisi alla letteratura, all’inizio del secolo la capitale dell’Impero asburgico era un crogiolo di novità. Eppure l’arte di Schiele apparve inedita, aliena, incomprensibile. Un mentore accreditato come Gustav Klimt dovette darsi da fare un bel po’ per spianargli la strada.


Egon Schiele, Nudo maschile seduto (Autoritratto) | © Leopold Museum, Vienna, Inv. 465

Oggi il fascino di Schiele sembra non conoscere crisi: la sua opera è al cinema e sulle t-shirt, nei romanzi e nella musica, sui poster o nelle storie a fumetti. La fortunata saga di Dylan Dog, per dirne una, è nata sotto il segno dell’artista viennese, al quale sono ispirati i disegni di Angelo Stano per il leggendario numero uno, L’alba dei morti viventi. A chi è immune da contaminazioni pop, basterà invece sapere che il Leopold Museum di Vienna - una sorta di tempio dell’arte di Schiele - è da un pezzo la meta più frequentata nel Museums Quartier della capitale austriaca, dove apprezzarne il talento in profondità e ampiezza.

Figlio di un capo stazione, Schiele trascorre l’infanzia tra binari e locomotive, i suoi primi soggetti. Poi passa al corpo, specchio di inquietudini, turbamenti e pulsioni non conformi che emergono dal magma dell’inconscio grazie alle esplorazioni di Freud. In una società rigida e inibita, Schiele indaga i limiti della carne e della sessualità senza riguardi verso la morte, la malattia e ogni umana fragilità. Diversamente da amici e colleghi, non crede a un’idea di bellezza fine a se stessa e non si nasconde: parte anzi dal proprio sé, come testimonia l’interesse quasi ossessivo per l’autoritratto in cui rappresenta un io sconosciuto. Oscuro, viscerale, scandaloso, stupisce gli spettatori con i nudi, le linee spigolose, i colori accesi, le pose ardite, le sagome contorte e dinoccolate, tutte espressioni di una soggettività più profonda. La Secessione, che pure lo accoglie, per lui sa già di stantio.


Egon Schiele (1890 - 1918), Woman in Underclothes and Stockings (Wally Neuzil), Particolare, 1913, Vienna, Leopold Museum

Ma è grazie alle donne che Schiele diventa famoso: ritrae la sorella Gertl e le sue amanti, tra cui la famosa Wally Neuzil, e poi prostitute, ragazze comuni, puerpere che cerca negli ospedali quando è preso da un improvviso interesse per la maternità. I soggetti femminili destano scalpore a causa di un’intensa carica erotica. Se nella Vienna asburgica l’artista passerà 24 giorni in carcere con l’accusa di pedofilia solo per aver mostrato i propri quadri a una tredicenne, ancora nel 2018 le riproduzioni delle sue opere saranno censurate sugli autobus di Londra. All’alba del XX secolo, tuttavia, il dato veramente nuovo dell’approccio di Schiele alle donne è l’idea di guardarle e rappresentarle come persone dotate di un proprio carattere, non come immagini di una bellezza estetizzata.

Esibizionista e voyeur, mistico ed erotomane, rivoluzionario nell’arte e borghese nelle scelte di vita come il matrimonio, Schiele non si lascia imprigionare negli stereotipi. La sua enfasi sulla dimensione carnale, per esempio, va di pari passo con un gusto grafico originale e le abilità di grande disegnatore. E se la prima parte della sua produzione si segnala per il desiderio di trasgredire, più tardi svilupperà uno stile più sereno e composto, preferendo agli eccessi di sapore espressionista una maggiore aderenza alla natura. Oltre gli autoritratti e gli iconici nudi femminili c’è un mondo da scoprire, a partire dai paesaggi: da quelli acquatici di Trieste, la città più amata, ai villaggi austriaci, dove anche le case sono capaci di esprimere uno stato d'animo. Lo sapeva bene Rudolf Leopold, il medico austriaco che iniziò a collezionare Schiele quando era quasi uno sconosciuto e lottò per dargli la fama meritata: nella sua incredibile raccolta, oggi al Leopold Museum di Vienna, le anime dell’artista si riuniscono come in un mosaico per restituirne il fascino fuori dai luoghi comuni.


Egon Schiele (1890 - 1918), Mutter und Kind, 1912, Vienna, Leopold Museum

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