Dall’8 febbraio nelle sale italiane

Final Portrait: al cinema il genio di Giacometti

Geoffrey Rush e Armie Hammer in Final Portrait
 

Francesca Grego

19/01/2018

Con la chioma curiosamente arruffata e i lineamenti scavati dal tempo, il volto di Alberto Giacometti sembra quasi una scultura, mentre emerge dalla grigia penombra del disordine del suo studio parigino in una vecchia foto in bianco e nero.
Così il grande artista svizzero appare anche in Final Portrait – L’arte di essere amici, il film di Stanley Tucci che BIM Distribuzione porterà nelle sale cinematografiche italiane dall’8 febbraio.

Lo “humour ambiguo” e il “dolce sorriso da cannibale” che Michel Leiris rintracciò nello scultore di Stampa si fanno carne nel viso espressivo del premio Oscar Geoffrey Rush, e la somiglianza, anche a detta di chi ha conosciuto personalmente Giacometti, è impressionante.
 
Ma Final Portrait è un ritratto speciale: ispirato a un volume autobiografico dello scrittore statunitense James Lord, è il racconto di due settimane intense e surreali in cui Tucci distilla l’essenza del genio modernista.

È il 1964. A 63 anni, Giacometti è un’icona vivente. A Parigi incontra il suo giovane amico americano e gli chiede di posare per un dipinto. Le sedute, gli assicura, dureranno solo qualche giorno. Lord è entusiasta. C’è da fidarsi?
Quello che lo scrittore ancora non sa è che l’artista è ostaggio del demone dell’insoddisfazione. A dispetto della sua fama, da anni è ossessionato dall’idea di non riuscire a copiare una testa dal vero.
Ne scaturirà un’esperienza illuminante e sconvolgente ad un tempo, alla scoperta della bellezza, della frustrazione e del caos che, suggerisce Tucci, appartengono a ogni atto creativo.
 
“Sono un grande appassionato di Giacometti. Lo sono sempre stato”, ha spiegato il regista: “A un certo punto ho cominciato a leggere di tutto su di lui, compreso il libro da cui è tratto questo film, Un ritratto di Giacometti. Saranno più di vent’anni che me lo porto dietro. Ho scritto questo film dieci anni fa, o anche più"

"Mi ha sempre interessato il processo creativo - continua Stanley Tucci -  perché un artista fa quello che fa, il rapporto col suo lavoro e la società. È un processo che Lord e Giacometti raccontano molto bene in questo libretto, senza ombra di dubbio uno dei migliori scritti sul tema. Dovrebbe essere la Bibbia di chiunque lavori in campo artistico.”
 
Accanto a Geoffrey Rush e ad Armie Hammer (James Lord), il film mette in campo un cast ben assortito: da Tony Shalhoub - tra gli attori preferiti di Tucci fin dai tempi del cult Big Night, qui nei panni di Diego, fratello del protagonista - a Sylvie Testud, che interpreta la moglie Annette, mentre Clémence Poésy presta il proprio volto a Caroline, la giovane ed esuberante amante dello scultore.

“Stanley voleva a tutti i costi evitare la trappola del classico biopic incentrato sugli eventi memorabili che costellano la vita di un artista”, ha raccontato Rush: “Qui non accade niente di eclatante: ci sono solo il disordine e la polverosa confusione di uno studio fatiscente in cui l’artista lavora da anni.
Ma Stanley ha un grande senso del ritmo e ha saputo mettere a fuoco la difficoltà di coniugare la celebrità con i tormenti del processo artistico. È bravissimo con la macchina da presa: lui e Danny Cohen fanno riprese molto veloci, quasi ‘d’assalto’. L’effetto è quello mosca-sul-muro: come nei docu-reality, dove la macchina da presa sembra scomparire”.
 
Giacometti: le mostre del 2018

Nell’attesa di scoprire il volto cinematografico di Giacometti, diamo un’occhiata alle prossime mostre che lo vedranno protagonista. Quasi tutte avranno al centro i preziosi prestiti della Fondation Alberto et Annette Giacometti di Parigi, che con 95 dipinti, più di 800 sculture e migliaia di stampe e disegni detiene la più vasta collezione di lavori dell’artista esistente al mondo. La Fondazione ha anche garantito l’autenticità storica delle opere presenti nel film e seguito il lavoro dei quattro artisti impegnati a ricreare i quadri e le sculture di Giacometti.
 
Due i principali appuntamenti europei.
Dal 29 aprile al 2 settembre l’artista svizzero sarà al centro di un confronto con Francis Bacon alla Fondazione Beyeler di Basilea: 100 opere per mostrare i sorprendenti paralleli tra due giganti del Novecento, che oltre a essere amici e rivali condivisero molteplici interessi, in primis quello per il corpo umano e la rappresentazione dello spazio.
Al Guggenheim Museum di Bilbao, invece, andrà in scena Alberto Giacometti. A Retrospective, un viaggio completo nella produzione dell’artista dalle suggestioni cubiste e surrealiste degli anni giovanili fino alle ultime fasi della carriera (dal 19 ottobre 2018 al 24 febbraio 2019). Da non perdere, il gruppo scultoreo Femmes de Venise, riunito per la prima volta dopo la presentazione alla Biennale di Venezia del 1956.
 
Dopo un trionfale biennio che l’ha visto girare l’Europa in occasione del centenario della sua morte - dalla Tate Modern di Londra al Musée Picasso di Parigi - nel 2018 l’artista di Stampa parte per un tour mondiale.

Il Guggenheim di New York (8 giugno-12 settembre) e il Musée National des Beaux-Art du Québec (8 febbraio-13 maggio), presenteranno le esposizioni più ampie e complete realizzate sulla sua opera in Nord America negli ultimi 15 anni, mentre il Seoul Art Center ha da poco dato il benvenuto all’artista per il suo primo viaggio in Corea del Sud (fino al 15 aprile).
Il tutto dopo le recenti trasferte in Quatar, Marocco, Cina, Turchia.
 
Come mai tanto interesse? Date un’occhiata alle quotazioni di Giacometti e scoprirete che è sua la scultura più costosa del mondo: si tratta dell’Homme au Doigt, aggiudicato per la bellezza di circa 141 milioni di dollari nel maggio 2015, in quella che è stata definita “l’asta del secolo”. Un anno prima Chariot era stato acquistato per quasi 101 milioni di dollari, mentre l’Homme qui marche I ne aveva spuntati circa 104 di milioni nel 2010.

Niente male, per un artista che ha passato anni a dannarsi per riuscire "a copiare una testa".

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