Al cinema l’11, 12 e 13 ottobre

Venezia. Infinita avanguardia - La nostra recensione

Backstage Venezia. Infinita Avanguardia | Foto: © Prandoni | Courtesy Nexo Digital
 

Samantha De Martin

09/10/2021

Per i Futuristi era una vecchia ruffiana fradicia di romanticismo. Per Nietzsche era musica, quell'armonia sorprendente che, nella cornice di un invincibile Teatro La Fenice, trasforma le ispirazioni di una giovane pianista nella perfetta sinfonia di un film.
Quella che Didi Gnocchi racconta in Venezia. Infinita Avanguardia, 1600 anni dopo la sua leggendaria fondazione, è una città reale e onirica al tempo stesso, molteplice e labirintica, sospesa in un funambolico equilibrio tra il fascino della decadenza e la frenesia dell'avanguardia che la proietta verso il futuro.
Alla maniera del cosmorama - l’oggetto magico attorno al quale Giandomenico Tiepolo, nell’affresco Il Mondo Novo fa accalcare la società veneziana del Settecento, ad ammirare le meraviglie del mondo che verrà - il film documentario diretto da Michele Mally schiude le porte di chiese e di palazzi, invitandoci ad assaporare quelle stesse suggestioni e connessioni culturali che, viaggiando tra le epoche, disegnano il ritratto di una città futuribile.


Screenshot dal docufilm Venezia. Infinita Avanguardia | Courtesy Nexo Digital

Atteso nelle sale italiane l’11, 12 e 13 ottobre Venezia. Infinita Avanguardia, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital con la collaborazione di Villaggio Globale International e il sostegno di Intesa Sanpaolo, è forse l’omaggio più denso e sincero all’anima sfuggente di una città che trova nella sua stessa fragilità la straordinaria potenza dell’eterno.

Sorge su un bosco incantato Venezia, fatto di legno e respiro, in balia degli umori dell’acqua, incostante e immortale nel suo perenne fluire. E il docufilm ce lo ricorda attraverso un originale punto di vista, conducendoci tra calli, canali, architetture che assomigliano a merletti, ma non a cartoline, restituendoci una città che convive fragilmente con la sua anima fluttuante. Piacciono le tante suggestioni incontrate nel film. A restituircele, insieme con la memoria della città, è Carlo Cecchi, maestro del teatro italiano. Con lui vediamo muoversi per i luoghi della città Hania Rani, una giovane, talentuosa pianista polacca in cerca di ispirazioni per comporre la colonna sonora del film, in un gioco di rimandi e riflessi tra musei e meraviglie veneziane. A tenere il filo tra questi due sguardi, metafore di generazioni diverse, è Lella Costa, la voce narrante, a sottolineare che, da sempre, Venezia è donna.


Venezia. Infinita Avanguardia | Foto: © Prandoni | Courtesy Nexo Digital

In questo tessuto che cerca (e trova) le proprie trame nella musica, elemento costante (e bellissimo) nell’intero documentario, scorgiamo orditi diversi che donano al film respiro e spessore. Inevitabile il filone delle suggestioni custodite nei taccuini di appunti di John Ruskin, nella vibrazione cromatica e meditativa dell’acqua raccontata da Turner, tra le tombe di Sergej Djagilev e Igor Stravinskij. Ci intrufoliamo nell’anima mondana di Venezia, tra le trasgressioni del Carnevale, le pièces di Goldoni, le ville Liberty, gustiamo la moda del Lido, le feste veneziane a casa del compositore americano Cole Porter e della moglie Linda, ci uniamo alle serate mondane della giornalista americana Elsa Maxwell.

Intanto nella Venezia protesa con occhi sgranati verso il domani - alla maniera delle figure di Tiepolo che danno le spalle al glorioso passato - si compie la storia (altro interessante filone del film). A questo punto il confine con il futuro diventa labile, fino a dissolversi e confondersi. L’arrivo in città del Circo Togni, coi suoi elefanti sui ponti storici, le misteriose opere di Banksy, la nascita dell’idea della Biennale al Caffé Florian, la Mostra Cinematografica e il primo nudo nella storia del cinema accompagnano l’insonnia veneziana di Wagner, mentre le pittrici Giulia Lama e Rosalba Carriera incrociano Lucrezia Cornaro Piscopia, la prima donna laureata della storia, o ancora la passione delle cortigiane per lo studio.


Backstage Venezia. Infinita Avanguardia | Foto: © Prandoni | Courtesy Nexo Digital

In questa carrellata puntuale, mai ridondante, scandita da tempi equilibrati, lo spettatore aziona il suo personale cosmorama e scorge i vetri di Murano e le fughe di Casanova, l’amore nutrito per la città da Hugo Pratt che portò le avventure di Corto Maltese nella misteriosa Malamocco, e ancora le spoliazioni napoleoniche, il soggiorno dell’Imperatrice Sissi, gli intarsi di Andrea Brustolon, il “Michelangelo del legno”, come lo definiva Balzac.

Dalle vedute di Canaletto ai tessuti di Mariano Fortuny e della moglie Henriette, fino all’eccentrica, imprevedibile Peggy Guggenheim, corre tutta la sinfonia di una Venezia che sorprende, protagonista di un racconto ben costruito e in diversi passaggi illuminante.


Francesco Bassano, La flotta veneziana si appresta a salpare dal molo di San Marco contro il Barbarossa | Foto: © Cameraphoto | Courtesy Nexo Digital

Non c’è solo la Venezia di Francesco Guardi, Vittore Carpaccio, Tiziano, Tintoretto, nel film documentario che affida la sceneggiatura a Sabina Fedeli, Didi Gnocchi, Valeria Parisi, Arianna Marelli. Oltre a Veronese, Ca’ Rezzonico e il Grand Tour, sfogliamo gli scatti d'epoca di Carlo Naja e degli antichi mestieri ritratti nelle fotografie di Enrico Fantuzzi. Partecipiamo alla lotta di Emilio Vedova per salvare i Magazzini del Sale, visitiamo le antiche fornaci ora laboratori di sperimentazione di Adriano Berengo, mentre il MOSE ricorda la fragilità della città e della sua laguna.


Venezia. Infinita Avanguardia, un film di Didi Gnocchi e Michele Mally I Courtesy Nexo Digital

Per dare voce al multiforme ingegno racchiuso nelle vicende, nell’arte, nella cultura di Venezia, Didi Gnocchi chiama a raccolta contributi diversi, dalla rettrice dell’Università Ca’ Foscari all’artista Ai Weiwei, e ancora ricercatori, storici dell’arte, architetti, direttori di musei, pittori, imprenditrici, registi.
Tra le suggestioni che impreziosiscono il ducufilm ce n’è una, in particolare, che sembra muovere i fili della narrazione. Nelle Città invisibili di Italo Calvino, al ritorno da uno dei suoi viaggi, il veneziano Marco Polo confida a Kublai Khan una grande verità: “D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”.
Forse sono vere le parole che Hugo Pratt mette in bocca al suo Corto Maltese. E il docufilm lo ribadisce.
“In questa città accadono cose incredibili”.

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