Sharjah Biennial
 
										
										 
										
										
																		
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							16/04/2007
							 La Sharjah Biennial torna a far parlare di sè il piccolo Emirato che si proclama centro culturale dell’intera Federazione araba, e rivendica il ruolo di pioniere dell’arte tra gli stati mediorientali.
Con ben 25 istituzioni culturali aperte in anni recenti, il titolo conferito dall’Unesco nel ‘98 di “Capitale culturale del mondo arabo”, e la Biennale attiva dal 1993, Sharjah ha ragioni per vantarsi.
Ma deve difendersi dalla concorrenza dei vicini-rivali: anch’essi si proclamano centri culturali dell’intera Federazione. Dubai ha da pochi giorni chiuso i battenti della sua Fiera internazionale di arte contemporanea, Abu Dhabi ha siglato un chiacchierato accordo con il Louvre per il leasing del brand per 15 anni, mentre ha in cantiere un nuovo Guggenheim, l’isola della felicità a firma di Tadao Hando e Zaha Hadid, ed un nuovo Biennal park.
Mentre il “fronte” mediorientale scuote il mercato culturale globale, l’occidentale sta a guardare con crescente perplessità.
A partire dal tema scelto per l’ottava edizione della Sharjah Biennal: “Still Life. Art, ecology and the politics of change" (Natura morta. Arte, ecologia, e politica del cambiamento). Nature morte oggi sono le più sperimentali produzioni nelle arti visive e nel cinema (con un film programme a cura di Mark Nash) per rispondere alle crescenti sfide sociali e politiche poste al mondo contemporaneo dall’emergenza ambientale.
“Siamo consapevoli della critica ambiguità del soggetto scelto”, si difendono i curatori Mohammed Kazem, Eva Scharrer e Jonathan Watkins.
L’economia degli Emirati è principalmente basata sulle risorse di combustibile, e quindi sull’incremento alla meccanizzazione del mondo. E dalle loro risorse energetiche hanno tratto così enormi benefici da riuscire a strappare al deserto un confortevole e lussuoso “giardino dell’eden”.
“Eppure proprio per questo l’arte può intervenire a mettere in discussione le illusioni di un regno privilegiato ed isolato, rinnovare il suo ruolo di voce critica di fronte a tematiche centrali per la vita dell’uomo e del pianeta”.
All’insegna della contaminazione tra arte, società e questioni ambientali, la Biennale non vuole essere solo un punto di partenza per presentazioni, mostre e discussioni, ma si propone di assumere un ruolo attivo nel commissionare agli artisti nuove opere su questi temi.
L'intera capitale si è offerta agli interventi site-specific, di artisti come l’inglese Graham Gussin, la spagnola Lara Almarcegui, Tue Greenfort, artista danese ormai insediato a Berlino, Marjetica Potrc, Tomas Saraceno e la libano-canadese Marya Kazoun.
Opere in tema, ma già realizzate, saranno presentate tra gli altri da Rirkrit Tiravanija, Zineb Sedira, l’ebreo-polacco Gustav Metzger, artista ed attivista impegnato nella Campaign for Nuclear Disarmamene, e l’egiziana Lara Baladi.
Un simposio organizzato in collaborazione con l'American University of Sharjah, RSA (Londra) e Latitudes (Barcellona) suggella lo sforzo per superare l’isolamento culturale.
E la Sharjah Biennal reclama per l’arte contemporanea il ruolo di critica, attenta alle risposte sociali e politiche alle sfide del presente.
Sharjah Biennial
Still life
Art, ecology and the politics of change
4 April - 4 June 2007
info su:
http://www.sharjahbiennial.org
						
						
					Con ben 25 istituzioni culturali aperte in anni recenti, il titolo conferito dall’Unesco nel ‘98 di “Capitale culturale del mondo arabo”, e la Biennale attiva dal 1993, Sharjah ha ragioni per vantarsi.
Ma deve difendersi dalla concorrenza dei vicini-rivali: anch’essi si proclamano centri culturali dell’intera Federazione. Dubai ha da pochi giorni chiuso i battenti della sua Fiera internazionale di arte contemporanea, Abu Dhabi ha siglato un chiacchierato accordo con il Louvre per il leasing del brand per 15 anni, mentre ha in cantiere un nuovo Guggenheim, l’isola della felicità a firma di Tadao Hando e Zaha Hadid, ed un nuovo Biennal park.
Mentre il “fronte” mediorientale scuote il mercato culturale globale, l’occidentale sta a guardare con crescente perplessità.
A partire dal tema scelto per l’ottava edizione della Sharjah Biennal: “Still Life. Art, ecology and the politics of change" (Natura morta. Arte, ecologia, e politica del cambiamento). Nature morte oggi sono le più sperimentali produzioni nelle arti visive e nel cinema (con un film programme a cura di Mark Nash) per rispondere alle crescenti sfide sociali e politiche poste al mondo contemporaneo dall’emergenza ambientale.
“Siamo consapevoli della critica ambiguità del soggetto scelto”, si difendono i curatori Mohammed Kazem, Eva Scharrer e Jonathan Watkins.
L’economia degli Emirati è principalmente basata sulle risorse di combustibile, e quindi sull’incremento alla meccanizzazione del mondo. E dalle loro risorse energetiche hanno tratto così enormi benefici da riuscire a strappare al deserto un confortevole e lussuoso “giardino dell’eden”.
“Eppure proprio per questo l’arte può intervenire a mettere in discussione le illusioni di un regno privilegiato ed isolato, rinnovare il suo ruolo di voce critica di fronte a tematiche centrali per la vita dell’uomo e del pianeta”.
All’insegna della contaminazione tra arte, società e questioni ambientali, la Biennale non vuole essere solo un punto di partenza per presentazioni, mostre e discussioni, ma si propone di assumere un ruolo attivo nel commissionare agli artisti nuove opere su questi temi.
L'intera capitale si è offerta agli interventi site-specific, di artisti come l’inglese Graham Gussin, la spagnola Lara Almarcegui, Tue Greenfort, artista danese ormai insediato a Berlino, Marjetica Potrc, Tomas Saraceno e la libano-canadese Marya Kazoun.
Opere in tema, ma già realizzate, saranno presentate tra gli altri da Rirkrit Tiravanija, Zineb Sedira, l’ebreo-polacco Gustav Metzger, artista ed attivista impegnato nella Campaign for Nuclear Disarmamene, e l’egiziana Lara Baladi.
Un simposio organizzato in collaborazione con l'American University of Sharjah, RSA (Londra) e Latitudes (Barcellona) suggella lo sforzo per superare l’isolamento culturale.
E la Sharjah Biennal reclama per l’arte contemporanea il ruolo di critica, attenta alle risposte sociali e politiche alle sfide del presente.
Sharjah Biennial
Still life
Art, ecology and the politics of change
4 April - 4 June 2007
info su:
http://www.sharjahbiennial.org
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