A Milano dal 14 luglio al 5 novembre
Il National Geographic racconta la Guerra Bianca
© Stefano Torrione. National Geographic Italia |
Stefano Torrione, Gruppo Adamello Cresta Croce: il cannone italiano 149 G, innalzato per appoggiare l’attacco e la conquista del Corno di Cavento
Francesca Grego
15/07/2017
Milano - Bufere di neve, valanghe, temperature di oltre 30 gradi sottozero: sul fronte italiano la Prima Guerra Mondiale fu soprattutto una guerra di montagna. Mai prima di allora si era combattuto a quote così alte, tra le cime alpine dell’Adamello, dell’Ortles-Cevedale e della Marmolada.
Bastavano pochi minuti perché nei vestiti il sudore si trasformasse in ghiaccio. I viveri venivano fuori dalle casse regolarmente gelati, il vino era distribuito nelle gavette in blocchi rotti con lo scalpello e fatto sciogliere lentamente sulle stufe a legna o nelle giacche delle divise. Per non parlare della difficoltà di trasferire le artiglierie a quote oltre i 3000 metri, mentre inedia e assideramenti causavano più vittime del nemico austro-ungarico.
A raccontare questa sconvolgente pagina di storia arriva alla Fabbrica del Vapore La Guerra Bianca, reportage firmato da Stefano Torrione per National Geographic Italia e primo servizio di un’edizione straniera a essere pubblicato sul sito internazionale nationalgeographic.com.
Con l’aiuto di Marco Gramola, presidente della Commissione Storica della Società Alpinisti Tridentini, Torrione è tornato su quelle cime alla ricerca delle tracce delle migliaia di uomini scaraventati per anni a combattere, a vivere e a morire in condizioni così proibitive.
A distanza di un secolo, ha trovato una quantità di documenti sorprendente, sopravvissuta grazie al gelo e all’isolamento dei luoghi.
Trincee, baracche, gallerie scavate nella roccia, passerelle sospese nel vuoto testimoniano il lavoro di adattamento che fu necessario ai due eserciti per fronteggiare le sfide della guerra dei ghiacciai.
È impressionante scorgere i resti di grandi cannoni riposare come animali preistorici sul massiccio dell’Adamello: sembra siano stati trasportati fin lì e messi in posa per il servizio, invece giacciono immobili da cent’anni.
Con il ritiro dei ghiacci, la montagna restituisce anche brani di vita quotidiana dei soldati: scarponi, fucili, contenitori di viveri, ricordi di mogli e fidanzate.
Nell’ex area industriale della Fabbrica del Vapore, oltre 70 immagini di grande formato trasportano il visitatore sui teatri della Grande Guerra, insieme a foto d’epoca e mappe esplicative realizzate dal reporter. Il racconto di un’epoca violenta e drammatica si fonde con il fascino apparentemente immutabile del paesaggio alpino.
Spiega lo stesso Torrione: “Il senso di questa esplorazione fotografica si trova nel profondo contrasto tra la sacralità di un'epopea umana tragica, di una guerra combattuta a quote impensabili - in cui persero la vita 150mila soldati, di cui solo un terzo per cause direttamente connesse alla guerra, gli altri di freddo e incidenti legati all'alta quota, e con loro 80mila animali - e un contesto ambientale di incredibile bellezza, dove si esprime la glorificazione massima della natura”.
Leggi anche:
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Bastavano pochi minuti perché nei vestiti il sudore si trasformasse in ghiaccio. I viveri venivano fuori dalle casse regolarmente gelati, il vino era distribuito nelle gavette in blocchi rotti con lo scalpello e fatto sciogliere lentamente sulle stufe a legna o nelle giacche delle divise. Per non parlare della difficoltà di trasferire le artiglierie a quote oltre i 3000 metri, mentre inedia e assideramenti causavano più vittime del nemico austro-ungarico.
A raccontare questa sconvolgente pagina di storia arriva alla Fabbrica del Vapore La Guerra Bianca, reportage firmato da Stefano Torrione per National Geographic Italia e primo servizio di un’edizione straniera a essere pubblicato sul sito internazionale nationalgeographic.com.
Con l’aiuto di Marco Gramola, presidente della Commissione Storica della Società Alpinisti Tridentini, Torrione è tornato su quelle cime alla ricerca delle tracce delle migliaia di uomini scaraventati per anni a combattere, a vivere e a morire in condizioni così proibitive.
A distanza di un secolo, ha trovato una quantità di documenti sorprendente, sopravvissuta grazie al gelo e all’isolamento dei luoghi.
Trincee, baracche, gallerie scavate nella roccia, passerelle sospese nel vuoto testimoniano il lavoro di adattamento che fu necessario ai due eserciti per fronteggiare le sfide della guerra dei ghiacciai.
È impressionante scorgere i resti di grandi cannoni riposare come animali preistorici sul massiccio dell’Adamello: sembra siano stati trasportati fin lì e messi in posa per il servizio, invece giacciono immobili da cent’anni.
Con il ritiro dei ghiacci, la montagna restituisce anche brani di vita quotidiana dei soldati: scarponi, fucili, contenitori di viveri, ricordi di mogli e fidanzate.
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Spiega lo stesso Torrione: “Il senso di questa esplorazione fotografica si trova nel profondo contrasto tra la sacralità di un'epopea umana tragica, di una guerra combattuta a quote impensabili - in cui persero la vita 150mila soldati, di cui solo un terzo per cause direttamente connesse alla guerra, gli altri di freddo e incidenti legati all'alta quota, e con loro 80mila animali - e un contesto ambientale di incredibile bellezza, dove si esprime la glorificazione massima della natura”.
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