Oltre i musei e le gallerie. Nuovi spazi espositivi negli hub del jet set

L'arte invade le lobby del mondo

Anish Kapoor, Untitled 2013, Galleria Massimo Minini, Milano.
 

Eleonora Zamparutti

13/10/2014

Milano - C’è chi non rinuncia a vivere circondato da opere di ingegno e creatività, costi quel che costi.  Per questa categoria di persone, normalmente grandi collezionisti e business man miliardari, ci sono alcuni indirizzi davvero speciali in giro per il mondo.
 
La verità è che in quest’epoca le cose non stanno più al loro posto: i confini sono fluidi, gli spazi si contaminano e i luoghi offrono prestazioni multitasking. L’arte contemporanea incuriosisce, stupisce, appassiona ed è un biglietto da visita che parla da solo. E perché no, gratifica l’ospite.
Non è affatto inusuale quindi che nella lobby lounge di un hotel, come il Park Hyatt di Milano, si trovi un’opera di Anish Kapoor. L’iniziativa, frutto della collaborazione tra l’albergo e la galleria Massimo Minini, aveva avuto un precedente qualche anno fa quando l’Hyatt del Duomo aveva ospitato la Testa di Medusa di Lucio Fontana.
 
Ma la notizia che ha fatto il giro del pianeta risale allo scorso maggio quando il tycoon del settore alberghiero Steve Wynn, proprietario dell’omonimo hotel di Las Vegas, si è aggiudicato uno dei Popeye dell’artista statunitense Jeff Koons, battuto all’asta per 28 milioni di dollari.  La statua, alta quasi 2 metri e di 900 kg, è stata piazzata al centro del lungo corridoio dell’hotel: un Braccio di Ferro che mette un punto a quel fenomeno della Pop Art, cominciato negli anni ’60 oltre oceano. Un’opera che funge da grande attrattore in una città che sull’intrattenimento (di cui l’arte è un’espressione) ha costruito il suo successo.
 
A New York non c’è che l’imbarazzo della scelta. Il The Surrey ad esempio, popolare indirizzo nel giro degli art dealer e art lover,  esibisce tra i corridoi e le sale una collezione di lavori di Jenny Holzer, Richard Serra, Cecily Brown and Chuck Close, valutata intorno ai 30 milioni di dollari. Più raccolta, se così si può dire, invece la collezione messa insieme dai proprietari del Gramercy Park, un boutique hotel che da diversi anni investe sugli artisti della città del novecento: Andy Warhol, Jean-Michel Basquiat and Keith Haring tra gli altri.
 
La nuova moda che ha fatto uscire l’arte dai musei e dalle gallerie per portarla nelle hall degli alberghi ha contaminato anche l’Estremo Oriente.  A Pechino c’è l’Hotel Éclat dove è presente la più vasta collezione privata cinese di opere di Salvador Dalì, a oltre diversi Andy Warhol e Zeng Fangzhi. Mentre il Ritz-Carlton Millenia di Singapore vanta qualcosa come 4200 pezzi di arte contemporanea, con lavori di David Hockney and Chihuly. Gli ospiti dell’albergo possono esplorare l’esibizione in corso grazie a una guida disponibile su iPod.
 
Ma in Europa è probabilmente il Dodler Grand hotel di Zurigo a possedere la maggiore collezione di opere d’arte: oltre 100 pezzi unici di Salvador Dalì, Henry Moore, Damien Hirst e altri sono alla portata dei suoi esclusivi ospiti.
 
Nel nostro caso si tratta di un’operazione pensata per dare visibilità a un’opera in un contesto importante come l’hotel Hyatt, con la sua bellissima cupola in pieno centro” afferma il gallerista Massimo Minini di Brescia. “Certamente la galleria si priva di un’opera per tutto il periodo del deposito ma in cambio i clienti potranno fruire di un’esperienza davvero unica”.
 
Il settore alberghiero scopre l'abbinata con l'arte, anche quella residente presente in città. Ad esempio il Bernini Palace di Firenze, storico albergo che sorge in un palazzo del XV secolo un tempo di proprietà della famiglia Della Pera, offre gratuitamente gli ospiti delle suite un biglietto per la mostra “Picasso e l’arte spagnola” in programma a Palazzo Strozzi fino al 25 gennaio.

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