Dopo Basquiat, Rothko e Hockney, Parigi si prepara a Richter
Gerhard Richter, il tempo, la memoria

Gerhard Richter, Lesende (Reader), 1994 - courtesy © Gerhard Richter | Fondation Luis Vuitton
Piero Muscarà
26/07/2025
Mondo - Dopo Jean-Michel Basquiat, Joan Mitchell, Mark Rothko e David Hockney (la cui mostra ancora in corso a Parigi fino al 1 settembre), la Fondation Louis Vuitton apre i propri spazi a una grande retrospettiva dedicata a Gerhard Richter con oltre 270 opere provenienti da musei e collezioni internazionali che aspirano a raccontare sessant’anni di carriera di quello che è considerato uno dei più importanti artisti viventi di arte contemporanea.
Nelle intenzioni dei curatori - Dieter Schwarz e Nicholas Serota - la rassegna parigina non si limiterà ad offrire una sintesi dell’opera di Richter, ma ne valorizzerà le molteplici direzioni, le fratture stilistiche e la riflessione radicale sullo statuto stesso della pittura in epoca contemporanea.
Nato a Dresda nel 1932, formatosi nella Germania dell’Est e fuggito a Düsseldorf nel 1961 poco prima che venisse eretto il muro di Berlino, Richter ha sviluppato un linguaggio personale che ha attraversato, e in molti casi riformulato, le categorie tradizionali della pittura occidentale. A partire dai primi anni Sessanta, con una serie di tele basate su fotografie domestiche, immagini di cronaca o pubblicitarie, l’artista ha introdotto un metodo di trasposizione pittorica capace di restituire il carattere ambiguo e instabile della visione moderna. Opere come Onkel Rudi o Ema (Nude on a Staircase), realizzate attraverso il filtro sfocato del pennello, propongono una messa in discussione tanto del realismo fotografico quanto della pittura d’avanguardia. Negli stessi anni, Richter affronta anche i Color Charts, tavole cromatiche ispirate ai campionari industriali, e le Grey Paintings, tele monocrome che enfatizzano la neutralità e la distanza emotiva, anticipando molti degli sviluppi successivi dell’arte concettuale.
Gerard Richter, Portrait Helmut Klinker (dettaglio), 1965. Kunstmuseum Bochum - © Gerhard Richter Kunststiftung
La retrospettiva alla Fondation Louis Vuitton è articolata in dieci sezioni cronologiche, ognuna corrispondente a un decennio o a una svolta significativa. Accanto alle opere figurative degli anni Sessanta, sono esposte le serie Vermalungen in cui le immagini vengono cancellate con colpi di spatola e le opere astratte che occupano progressivamente uno spazio centrale nella sua pratica.
Tra queste, i grandi Abstraktes Bild realizzati tra anni Ottanta e Duemila rappresentano uno dei vertici della sua ricerca: composizioni stratificate ottenute con un lungo processo di stesura e abrasione del colore, che trasformano la pittura in un campo di forze imprevedibili, quasi autonome rispetto alla volontà dell’autore. Un’intera sala è dedicata alla serie October 18, 1977, realizzata nel 1988, che affronta uno dei momenti più controversi della storia recente tedesca: il suicidio in carcere dei membri della Rote Armee Fraktion. In queste tele in bianco e nero, Richter riproduce e sfuma immagini tratte da fotografie giudiziarie, ottenendo un effetto di sospensione e ambiguità che sfida ogni narrazione definitiva degli eventi. Il ciclo, esposto per la prima volta al Museum of Modern Art di New York, è oggi considerato una delle opere più potenti sulla relazione tra immagine, trauma e memoria collettiva.
Nel percorso espositivo parigino trovano spazio anche le opere su vetro, come le lastre trasparenti e riflettenti degli anni Novanta e Duemila, e le grandi installazioni come Strip, composte da sequenze digitali di colore derivate da segmentazioni di precedenti opere astratte. Le ultime sale raccolgono i lavori più recenti, tra cui la serie Birkenau (2014), dedicata alle fotografie clandestine scattate nel campo di sterminio di Auschwitz, che Richter riproduce e poi cancella quasi completamente con campiture astratte. Si tratta di un punto estremo della sua riflessione sulla rappresentabilità del dolore, sulla necessità di confrontarsi con la storia e sui limiti dell’immagine come forma di testimonianza.
Il percorso si chiude con una sezione dedicata alla Cologne Cathedral Window, realizzata da Richter nel 2007: una vetrata monumentale composta da oltre undicimila riquadri di vetro colorato, disposti in sequenza casuale. Questo intervento pubblico, installato nella cattedrale gotica di Colonia, rappresenta una delle sue opere più simboliche, in cui astrazione, spiritualità e casualità si fondono in un unico dispositivo visivo.
Attraverso la retrospettiva parigina, la Fondation Louis Vuitton conferma il proprio impegno nella valorizzazione dei grandi maestri del secondo Novecento, offrendo un progetto espositivo che vuole superare la semplice celebrazione e nelle sue intenzioni invita a un confronto attivo con una delle ricerche più complesse e influenti dell’arte contemporanea.
Richter non si è mai lasciato definire da un solo stile, né da un solo medium. La sua opera sfugge alle etichette, oscilla tra controllo e disordine, visibile e invisibile, memoria e cancellazione. In un’epoca dominata dall’immagine digitale, il suo lavoro continua a interrogarci sul senso della rappresentazione, sulla persistenza del reale e sulla responsabilità dell’artista di fronte alla storia.
Gerhard Richter, Birkenau, 2014, oil on canvas, detail © Gerhard Richter Kunststiftung | courtesy Staatliche Museen zu Berlin
Nelle intenzioni dei curatori - Dieter Schwarz e Nicholas Serota - la rassegna parigina non si limiterà ad offrire una sintesi dell’opera di Richter, ma ne valorizzerà le molteplici direzioni, le fratture stilistiche e la riflessione radicale sullo statuto stesso della pittura in epoca contemporanea.
Nato a Dresda nel 1932, formatosi nella Germania dell’Est e fuggito a Düsseldorf nel 1961 poco prima che venisse eretto il muro di Berlino, Richter ha sviluppato un linguaggio personale che ha attraversato, e in molti casi riformulato, le categorie tradizionali della pittura occidentale. A partire dai primi anni Sessanta, con una serie di tele basate su fotografie domestiche, immagini di cronaca o pubblicitarie, l’artista ha introdotto un metodo di trasposizione pittorica capace di restituire il carattere ambiguo e instabile della visione moderna. Opere come Onkel Rudi o Ema (Nude on a Staircase), realizzate attraverso il filtro sfocato del pennello, propongono una messa in discussione tanto del realismo fotografico quanto della pittura d’avanguardia. Negli stessi anni, Richter affronta anche i Color Charts, tavole cromatiche ispirate ai campionari industriali, e le Grey Paintings, tele monocrome che enfatizzano la neutralità e la distanza emotiva, anticipando molti degli sviluppi successivi dell’arte concettuale.

La retrospettiva alla Fondation Louis Vuitton è articolata in dieci sezioni cronologiche, ognuna corrispondente a un decennio o a una svolta significativa. Accanto alle opere figurative degli anni Sessanta, sono esposte le serie Vermalungen in cui le immagini vengono cancellate con colpi di spatola e le opere astratte che occupano progressivamente uno spazio centrale nella sua pratica.
Tra queste, i grandi Abstraktes Bild realizzati tra anni Ottanta e Duemila rappresentano uno dei vertici della sua ricerca: composizioni stratificate ottenute con un lungo processo di stesura e abrasione del colore, che trasformano la pittura in un campo di forze imprevedibili, quasi autonome rispetto alla volontà dell’autore. Un’intera sala è dedicata alla serie October 18, 1977, realizzata nel 1988, che affronta uno dei momenti più controversi della storia recente tedesca: il suicidio in carcere dei membri della Rote Armee Fraktion. In queste tele in bianco e nero, Richter riproduce e sfuma immagini tratte da fotografie giudiziarie, ottenendo un effetto di sospensione e ambiguità che sfida ogni narrazione definitiva degli eventi. Il ciclo, esposto per la prima volta al Museum of Modern Art di New York, è oggi considerato una delle opere più potenti sulla relazione tra immagine, trauma e memoria collettiva.
Nel percorso espositivo parigino trovano spazio anche le opere su vetro, come le lastre trasparenti e riflettenti degli anni Novanta e Duemila, e le grandi installazioni come Strip, composte da sequenze digitali di colore derivate da segmentazioni di precedenti opere astratte. Le ultime sale raccolgono i lavori più recenti, tra cui la serie Birkenau (2014), dedicata alle fotografie clandestine scattate nel campo di sterminio di Auschwitz, che Richter riproduce e poi cancella quasi completamente con campiture astratte. Si tratta di un punto estremo della sua riflessione sulla rappresentabilità del dolore, sulla necessità di confrontarsi con la storia e sui limiti dell’immagine come forma di testimonianza.
Il percorso si chiude con una sezione dedicata alla Cologne Cathedral Window, realizzata da Richter nel 2007: una vetrata monumentale composta da oltre undicimila riquadri di vetro colorato, disposti in sequenza casuale. Questo intervento pubblico, installato nella cattedrale gotica di Colonia, rappresenta una delle sue opere più simboliche, in cui astrazione, spiritualità e casualità si fondono in un unico dispositivo visivo.
Attraverso la retrospettiva parigina, la Fondation Louis Vuitton conferma il proprio impegno nella valorizzazione dei grandi maestri del secondo Novecento, offrendo un progetto espositivo che vuole superare la semplice celebrazione e nelle sue intenzioni invita a un confronto attivo con una delle ricerche più complesse e influenti dell’arte contemporanea.
Richter non si è mai lasciato definire da un solo stile, né da un solo medium. La sua opera sfugge alle etichette, oscilla tra controllo e disordine, visibile e invisibile, memoria e cancellazione. In un’epoca dominata dall’immagine digitale, il suo lavoro continua a interrogarci sul senso della rappresentazione, sulla persistenza del reale e sulla responsabilità dell’artista di fronte alla storia.

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