Premiere a Parigi il 24 settembre 2025

Un'Aida all'Opera Bastille per Shirin Neshat

Un'immagine dalla premiere dell'Aida al Festival di Salisburgo del 2017 con la regia Shirin Neshat courtesy © Salzburger Festspiele ph: Monika Rittershaus
 

Piero Muscarà

04/07/2025

Mondo - Shirin Neshat sarà la regista della nuova produzione di Aida di Giuseppe Verdi all’Opéra Bastille per la stagione 2025‑26, in programma dal 24 settembre al 4 novembre 2025. È un ritorno alla regia d’opera per l’artista iraniana, già nota internazionalmente per il suo lavoro tra fotografia, video-installazioni e cinema, che affronta da decenni temi come potere, religione, genere ed esilio, con una forte tensione politica e poetica.

Neshat, nata in Iran nel 1957 e residente a New York, si è formata negli Stati Uniti e ha sviluppato una carriera che unisce linguaggi diversi, sempre con un forte impianto visivo. È conosciuta per lavori come Women of Allah, Turbulent e Rapture, e ha ricevuto importanti riconoscimenti come il Leone d’Argento a Venezia con il film Women Without Men, e il Leone d'Oro alla Biennale di Venezia per l’insieme del suo lavoro. Ha diretto tre lungometraggi, tra cui Looking for Oum Kulthum e Land of Dreams, e ha esposto nei maggiori musei del mondo.



L’approccio al teatro musicale non è del tutto nuovo per lei. Ha già firmato una versione di Aida al Festival di Salisburgo nel 2017 (all'epoca con la conduzione d'orchestra di Riccardo Muti), ripresa poi nel 2022. Tuttavia, la produzione in scena all’Opéra de Paris rappresenta il suo vero debutto alla regia d’opera in Francia, con un impianto pensato appositamente per il palcoscenico dell’Opéra Bastille.

Nel video ufficiale diffuso dalla stessa istituzione, Neshat afferma: "Aida è un’opera la cui modernità risuona oggi con forza. Parla di guerra, di religione, di intolleranza, ma anche di amore e di sacrificio. È profondamente attuale". In un passaggio significativo della stessa intervista, spiega che “non si tratta per me solo di ambientare un dramma orientale, ma di affrontare un linguaggio che unisce immagine, musica e sentimento in modo totalizzante. È molto vicino al mio modo di lavorare”.

L’impianto visivo della messa in scena si preannuncia essenziale ma potente: uno spazio scenico mobile, costruito su superfici proiettive e luci plastiche, in continuità con il linguaggio video dell’artista. Il team creativo include Michele Mariotti e Dmitry Matvienko alla direzione musicale, Christian Schmidt alle scene, Felice Ross alle luci e Tatyana van Walsum ai costumi.

Il senso dell’intervento registico sembra voler superare i cliché orientalisti che hanno spesso caratterizzato le messe in scena di Aida, spostando il baricentro sul conflitto tra ideologia e libertà individuale. Secondo l’artista, “il mio compito non è dare risposte, ma porre domande, lasciare che lo spettatore rifletta”. Una posizione coerente con la sua poetica, più interessata a stimolare il pensiero che a imporre un punto di vista.

La presenza di una regista donna, iraniana e artista visiva, alla guida di uno dei titoli più iconici del repertorio verdiano, assume dunque un significato culturale profondo. È il segno di un’opera che continua a vivere non solo per la sua musica, ma per la capacità di rinnovarsi attraverso nuove visioni, nuove sensibilità, nuove letture.