Alla Reggia di Portici dal 14 dicembre al 13 ottobre

Il legno che non bruciò a Ercolano. Una mostra svela le case (e le abitudini) degli antichi abitanti

Applique di mobile in bronzo con busto di Attis, Palestra, Insula Orientalis II, dettaglio | Foto: © Luigi Spina
 

Samantha De Martin

13/12/2022

Napoli - Un’intera città congelata nel legno, nell’istante stesso della catastrofe. Il legno ha conservato l’anima di Ercolano quando l’eruzione del 79 d.C. ha spezzato il flusso del tempo consegnando alla storia un’affascinante città rimasta intatta sotto la coltre piroclastica di circa 20 metri di spessore.
E così, laddove ci si sarebbe atteso di trovare cenere o impronte di elementi lignei, come testimoniato a Pompei, a Ercolano il legno non è bruciato, ma ha conservato forma e aspetto originari, pagando all’eruzione un tributo accettabile: la carbonizzazione.
Un numero enorme di oggetti, tra porte, architravi, finestre, un telaio o una grande pressa forse connessa alla produzione di profumi, è stata restituita negli anni dalla storia, mentre barche e numerosi manufatti legati alle attività marinare - come remi, timoni, argani - sono arrivati ai testimoni di oggi dall’antico litorale della città. Oggetti come la culla della Casa di Granianus, rinvenuta insieme agli esili resti del neonato che vi riposava, un letto con spalliere intarsiate, un armadio con larario a forma di tempietto, assieme a panche, allo sgabello della Casa dei Due Atri, con un motivo a stella realizzato con differenti tipi di legni, e ancora tavolini, una piccola erma, una tavoletta cerata, usata come supporto scrittorio, e persino un portamonete con decorazione a intarsio d’argento, si mostrano adesso, per la prima volta tutti insieme, nell’ambito della mostra Materia. Il legno che non bruciò ad Ercolano, alla Reggia di Portici dal 14 dicembre al 13 ottobre 2023.


Piccola erma, provenienza incerta, Casa a Graticcio, particolare del viso | Foto: © Luigi Spina

Il percorso, a cura di Francesco Sirano e Stefania Siano, si snoda al piano nobile del Palazzo Reale di Portici, a pochi metri dalle sale dove, a partire dal 1738, fu allestito l’Herculanense Museum, primo nucleo di quello che è oggi il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
“Si rimane stupefatti - scrive Sirano - accedendo ai depositi del Parco e scoprendo decine di mobili di varie fogge e decorazioni, manufatti che consentono di proiettarsi idealmente nelle case degli antichi ercolanesi per scoprire luoghi resi familiari dalla presenza di letti, armadi, tavoli, sgabelli, sfuggiti alla furia del vulcano e recuperati dal paziente lavoro di archeologi e restauratori che, da Amedeo Maiuri in poi, si sono succeduti nella cura della città”.

L’accurata opera di restauro ha infatti permesso il recupero di molti oggetti che, pur presentandosi, nella maggior parte di casi come legno carbonizzato, conservano ancora la loro forma originale e la raffinatezza delle decorazioni intagliate.
Prodotta dal Parco Archeologico di Ercolano con l’affiancamento del Packard Humanities Institute, la mostra consentirà di apprezzare il legno conservato, sfuggito alla catastrofe che investì l’area del Vesuvio, oltre che di immergersi tra le abitudini degli antichi. Gli oltre 120 oggetti provenienti da Ercolano mostreranno quanto il legno fosse vitale per lo svolgimento di ogni attività. Di grande interesse è quanto recuperato del tetto della Casa del Rilievo di Telefo, precipitato sull’Antica Spiaggia. La conservazione in ambiente umido e il tempestivo intervento di consolidamento hanno reso possibile il recupero di parte della copertura di una sala di rappresentanza con controsoffitto a lacunari lignei intagliati e dipinti, testimonianza di sofisticate competenze artigianali, oltre che dell’elevato status sociale dei proprietari della domus.


Panca con gambe anteriori intagliate, Decumano Massimo | Foto: © Luigi Spina

Proseguendo nel percorso espositivo il visitatore giunge idealmente al mare. Dagli scavi condotti tra gli anni ’80 e gli anni ’90 del secolo scorso è riemerso il fronte mare della città, un unicum nell’archeologia romana, come gli scheletri di chi tentava di sottrarsi all’eruzione via mare e ai resti di imbarcazioni e di oggetti legati alla marineria e alla pesca, straordinariamente conservati. Una di queste barche, un tempo utilizzata per la pesca, scoperta negli anni Novanta del secolo scorso nell’area vicina al complesso termale dell’Insula Nordoccidentale della città, è esposta in mostra e attesta come, al momento dell’eruzione, le terme fossero utilizzate come luogo di rimessaggio di barche e di deposito di attrezzature legate alle attività marinare.


Culla con montanti e traversine, Casa di M. Pilius Primigenius Granianus | Foto: © Luigi Spina

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