Dall'8 settembre al 9 dicembre a Mamiano di Traversetolo

Roy Lichtenstein protagonista dell'autunno pop della Magnani Rocca

Roy Lichtenstein, Crying-Girl, 1963 © Estate-of-Roy-Lichtenstein/SIAE-2018
 

Samantha De Martin

20/08/2018

Parma - Il suo retino tipografico imbevuto di rivisitazioni pop e celebri personaggi del mondo dei fumetti, ha stregato l’immaginario collettivo, influenzato grafici, designer, pubblicitari, continuando oggi ad ammaliare il mercato dell’arte con opere vendute, soprattutto negli ultimi anni, per decine di milioni di dollari.
Roy Lichtenstein, il genio della Pop Art, non smette di stupire. Dall’8 settembre al 9 dicembre un percorso allestito alla Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo - in provincia di Parma - lo vedrà protagonista di un viaggio in 80 opere, in compagnia di altri grandi maestri della Pop Art americana - da Andy Warhol a Tom Wesselmann, James Rosenquist e Robert Indiana, in arrivo da musei internazionali, gallerie e prestigiose collezioni private.

La stagione iniziale della Pop Art - in particolare gli anni che vanno dal 1960 al 1965, in cui nascono le icone di Lichtenstein tratte dal mondo dei fumetti e della pubblicità - apre il percorso attraverso un confronto con i lavori dei compagni di avventura dell’artista, a testimoniare la nascita di una nuova società e della nuova arte, la Pop Art, che la rispecchia appieno. A rappresentare questi anni sono capolavori come Little Aloha (1962) e Ball of Twine (1963), ma anche la rarissima opera degli inizi come VIIP! (1962), o ancora la serie di opere grafiche, tra le quali Crying Girl (1963) e Sweet Dreams, Baby! (1965), le più geniali e celebri rielaborazioni delle tavole dei comics che ancora oggi identificano Lichtenstein.

Accanto ai lavori ispirati ai fumetti spiccano poi le serie che prendono spunto dalla storia dell’arte e dal tema dell’astrazione pittorica, a testimonianza dell’eclettismo del pittore. In questo confronto tra le produzioni dell’artista e quelle dei colleghi della Pop Art si distinguono le astrazioni numeriche e letterarie di Robert Indiana o il ciclo “Flowers” di Warhol. La serie dei “Paesaggi” sfila accanto a quella dei “Fregi”, tema canonico dell’arte classica, mentre i paesaggi naturali sfumano in un’astrazione assoluta, realizzata anche attraverso l’adozione di materiali plastici appartenenti al mondo contemporaneo.

Le figure ispirate a Picasso e a Matisse - ma anche al Surrealismo, come la celeberrima Girl with Tear, prestito straordinario della Fondation Beyeler di Basilea - incontrano le serie di fotografie che ritraggono l’artista all’opera nel suo studio. Gli autori sono Ugo Mulas e Aurelio Amendola, che hanno immortalato Lichtenstein in momenti diversi. Il visitatore avrà pertanto la possibilità di scrutare l’officina del maestro ripercorrendo il rapporto che da sempre lo ha legato alla cultura italiana.

Con le sue chiavi di lettura fondamentali - una storico/iconografica, che tocca anche gli aspetti del linguaggio e dello stile di Lichtenstein, l’altra disciplinare, che mira a evidenziare le complessità e insieme l’unità della pratica artistica del genio - la mostra a cura di Walter Guadagnini e Stefano Roffi, si preannuncia unica nel suo genere, perché permette di apprezzare Lichtenstein nella sua interezza.
Ed è anche per questo che la si può percorrere seguendo due strade complementari: considerando i diversi temi secondo il tradizionale ordine cronologico, oppure analizzandoli sotto differenti punti di vista con una particolare attenzione rivolta alla produzione grafica, momento assolutamente centrale nel percorso creativo dell’artista.


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