In occasione della 57. Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia

La percezione di Alberto Giacometti ai tempi della Biennale

© 2017 Teresa Hubbard / Alexander Birchler "Flora" - Film still Synchronized double-sided film installation with sound 30 mins, loop - Courtesy the artists, Tanya Bonakdar Gallery, New York and Lora Reynolds Gallery, Austin
 

P.M.

10/05/2017

Venezia - Parlare di Alberto Giacometti ai tempi della Biennale. Un off-topic molto raffinato quello messo sul palcoscenico da Lionel Bovier, direttore del MAMCO di Ginevra e qui port-parole di Art Museum of Switzerland (l'associazione che riunisce i 12 più importanti musei elvetici) e da Arnaldo Troncana direttore in Italia dell'ente di promozione nazionale Svizzera Turismo che hanno organizzato in laguna, in occasione della 57. Esposizione Internazionale di'Arte - La Biennale di Venezia, un parterre d'eccezione.

Protagonisti della tavola rotonda "Alberto Giacometti: individualità e modernità" che si è svolta martedì 9 maggio nella storica sede di Palazzo Trevisan degli Ulivi, alcuni dei più autorevoli protagonisti della scena culturale svizzera ed italiana. Philippe Büttner, curatore della collezione Kunsthaus Zurich e direttore della Fondazione Alberto Giacometti, Ulf Küster, curatore della Fondation Bayeler e lo storico dell'arte Casimiro Di Crescenzo, che moderati dalla giornalista e anch'essa storica dell'arte Alessandra Mammì si sono interrogati sui motivi che indussero Alberto Giacometti durante tutta la sua carriera a non esporre le proprie opere al Padiglione della Svizzera.

Tema provocatorio e tutt'affatto peregrino se si pensa che Giacometti, un artista nato nel Canton Grigione nel 1901 in un  paesino di duecento anime, cresciuto artisticamente a Parigi, è forse l'artista svizzero più noto al mondo.

Un sottile fil rouge che ha portato Philip Kaiser a curare l'esposizione Women of Venice presso il Padiglione svizzero alla Biennale di Venezia 2017. Un titolo che richiama in modo esplicito l'opera Femmes de Venise di Alberto Giacometti ma anche "titolo volutamente ambiguo" come ha spiegato Kaiser e che gli ha consentito di mettere assieme le sculture di Carol Bove e la installazione filmica della coppia di artisti Teresa Hubbard e Alexander Birchler .

L'installazione di Bove, che si estende sia all'interno che all'esterno del Padiglione svizzero, comprende nove sculture in acciaio, tra cui sette sculture color ciano che si richiamano alle Femmes de Venise giacomettiane.

L'installazione di Hubbard / Birchler è un video basato sulla storia di Flora Mayo, un’artista americana sconosciuta che negli anni 1920 studiò a Parigi contemporaneamente a Giacometti e ne divenne l’amante. La relazione tra Giacometti e Flora Mayo, e i busti che ne risultarono (quelli di lei solo nella memoria, dato che li distrusse tutti prima di lasciare la Francia alla volta deglI Stati Uniti), testimoniano la forza creativa delle collaborazioni artistiche e al tempo stesso gettano luce sul giovane Alberto Giacometti.

"L’esposizione ‘Women of Venice’ vuole esplorare la storia del Padiglione e dei contributi svizzeri alla Biennale di Venezia da una prospettiva contemporanea e al contempo proporre nuove opere pensate proprio per questo evento" spiega Philip Kaiser.
Un'esposizione che dunque in qualche modo mette al centro la riflessione sui paradigmi identitari dello Stato nazionale e la sua politica culturale.

Ma il tema - letto da Philippe Büttner, Ulf Küster e Casimiro Di Crescenzo - è anche quello della attenzione in Giacometti del binomio arte-natura, arte-memoria e il superamento che condusse l'artista oltre il surrealismo per approdare a una rappresentazione scultorea priva della presenza diretta di un modello davanti all'artista che invece ricostruisce la propria scena del reale per tramite di un lavoro sulla memoria, sull'onirico, sull'essenza stessa della sua unica e irriducibile percezione e prosettiva.








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