Fino al 18 luglio a Casa Cavazzini

"Insieme". A Udine un viaggio nelle relazioni umane, da Millais a Dalí

 

Samantha De Martin

07/03/2023

Udine - Udine, città a cavallo tra due mondi - quello balcanico e quello tedesco - tesse una sorta di viaggio attraverso l’arte, la storia, la bellezza, accompagnando il visitatore nei risvolti delle relazioni umane.
L’occasione è offerta dalla mostra Insieme in corso fino al 18 luglio a Casa Cavazzini, nata dalla collaborazione tra il Comune di Udine e l’associazione culturale Comitato di San Floriano di Illegio.
La seconda iniziativa della serie Udine Grandi Mostre è un percorso che abbraccia oltre 55 opere - tra le quali anche due sculture - realizzate tra il 1851 e il 1992, dal dipinto di John Everett Millais alla scultura in bronzo di Giuliano Vangi.
Il pubblico è invitato a gustare linguaggi e stagioni diverse dell’arte, tra moderno e contemporaneo, che si intonano con l'anima stessa del museo di arte moderna e contemporanea della città friulana.
Allestito in nove sale al secondo piano di Casa Cavazzini, questo itinerario abbraccia opere in prestito da musei e collezioni italiane e straniere e vede la collaborazione, tra gli altri, del Belvedere di Vienna, del Petit Palais e del Musée Carnavalet di Parigi, di Palazzo Pitti a Firenze, del MART di Rovereto, della Royal Academy of Arts di Londra e del Teatre Museu Dalí di Figueres.


Franz von Stuck, Girotondo, 1910, Tempera su tavola, Varsavia, Muzeum Narodowe

Al centro delle scelte operate dal curatore della mostra è l’articolato tema delle relazioni umane. Le opere dei maestri Divisionisti dialogano con i Pre-raffaelliti e con i lavori del Realismo di stampo verista. A rappresentare l’arte astratta un nome su tutti: Vassily Kandinsky.
“A Kandinsky - spiega don Alessio Geretti, curatore dal mostra - è affidato il compito di dare la direzione. Il suo dipinto Rosso in forma appuntita del 1925 mette su tela le forme: un cerchio, un triangolo, in quadrato con distinzione netta dei colori. Sono i mesi in cui l’artista a Dessau, dove aveva sede il Bauhaus, sente il fiato sul collo della Gestapo. Un gruppo di violenti fa macerie di quindici secoli di cultura. Kandinsky vuole reagire alla violenza che lo circonda e lo fa con un linguaggio in codice, dove i colori hanno significato: rosso per passione, giallo per chiarezza dell’intelletto, blu per la profondità dell’anima, nero a simboleggiare ciò che inghiotte ogni cosa, così come il bianco è possibilità di ogni cosa. Il triangolo rosso punta verso il quadrato giallo, come a dire che dobbiamo perseguire con passione verso la chiarezza dell’intelligenza, resistendo all’inettitudine della gente che per leggerezza, scelta o ignoranza va verso la voragine nera".


George Spencer Watson, I tre re Magi, 1910-1930, Olio su tela, Touchstones Rochdale, Rochdale Arts & Heritage Service

L’immagine dello specchio ricorre in due punti cruciali, all’inizio e alla fine dell’esposizione. Salvador Dalí accoglie i visitatori con il dipinto Dalí visto di spalle mentre dipinge Gala vista di spalle. L'artista cita idealmente Velázquez, ritraendo Gala e se stesso in un intreccio di domande, nostalgie, conoscenza profonda e ignoranza inevitabile, amore struggente e inafferrabilità fatale. L’arte, sembra dirci, fa vedere quel che possiamo vedere e fa scorgere ancor più acutamente quello che non riusciamo a vedere ancora.
A chiudere il percorso è un altro specchio, questa volta opera di Pistoletto, un evidente rimando autobiografico. Dopo aver visto una mostra di Francis Bacon, che lo aveva fortemente colpito, l’artista decide di ritrarsi, utilizzando come base un materiale riflettente, accovacciato di spalle: difficile per l’osservatore che si specchia tirarlo fuori dall’isolamento in cui si è messo.
Eppure l’ultima parola spetta al gioioso Girotondo dipinto da Franz von Stuck, autore spesso cupo nelle sue opere, ma questa questa volta straordinariamente luminoso, quasi testimone appassionato della speranza umana di trovare la via di una armonia possibile con tutti e con tutto.

Sono numerose le opere che in mostra avvolgono e accolgono il visitatore, ma marcato è anche il senso di solitudine e di conflittualità che emerge. André Victor Edouard Devambez, frequentatore delle bettole di Montmartre, ritrae Les incompris (1904): il poeta maledetto Paul Verlaine è colto nello sconforto, solo nel baccano e nella superficialità dilagante. Di fronte a lui l’ex modella di Monet che diede forma e ispirazione all’Olympia è ritratta da vecchia, ma ancora esperta d’arte: tra le mani regge una rivista del settore. Come a dire che chi frequenta le profondità dell’anima e le altezze dell’arte rischia di sentirsi solo.


John Everett Millais, La figlia del boscaiolo, 1851, Olio su tela, Londra, City of London, Guildhall Art Gallery

Spicca nel percorso anche un ritratto divisionista di Garibaldi, opera di Plinio Nomellini, dove l’eroe, immerso nei colori del tricolore, celebratissimo e nobile nel suo atteggiamento, sembra ricordare che per costruire alleanze e convergenze bisogna combattere.

Ed ecco i racconti di fiaba come ci illustra Charles Burton Barber in Un difensore speciale, il ritratto di una bambina in castigo mentre il Collie cerca di intenerire i genitori affinché eliminino la punizione che, in questo caso, consiste nello stare in un angolo, privati di ogni relazione.
Non poteva mancare un nucleo di opere dedicate al rapporto con il cielo che descrivono la presenza di Dio e il suo atroce silenzio. A George Spencer Watson ne I tre re Magi è affidato il compito di dare forma al figlio di Dio che con il suo piccolo corpo nudo e quasi abbandonato, nella sua disarmante semplicità, ruba occhi e cuore alla ieratica eleganza dei tre Magi. Come attori, tutte le opere esposte nella mostra trasformano le sale di Casa Cavazzini in un intenso dramma teatrale dedicato alla condizione umana, in particolare a quei legami che fanno vivere, alla passione con la quale cerchiamo di superare solitudini e distanze.

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