Un ritrovamento fa luce sulla storia della città

Pompei restituisce la tomba di un illustre personaggio e le tracce dei cittadini in fuga dall'eruzione

La tomba rinvenuta a Pompei, nei pressi di Porta Stabia. Courtesy of Parco Archeologico di Pompei
 

Samantha De Martin

26/07/2017

Napoli - Un generoso mecenate, un evergete, uno dei più maggiori finanziatori di spettacoli gladiatori nella città romana. Doveva essere davvero illustre il personaggio di Pompei, se si considera lo straordinario elogio funebre, lungo oltre quattro metri, distribuito su sette righe, riemerso, assieme a una tomba monumentale in marmo, nell'area di San Paolino, poco distante da Porta Stabia.
L'iscrizione sepolcrale - la più lunga finora ritrovata - rinvenuta durante le attività di scavo connesse alla ristrutturazione degli edifici demaniali previsti dal Grande Progetto Pompei, si presenta nella forma delle res gestae e doveva servire a ricordare e a descrivere le imprese gloriose compiute in vita dal defunto.
Lo sconosciuto autore di questo straordinario monumento - che rivela particolari importantissimi sulla storia di Pompei - ripercorre la vita dell'illustre personaggio, come l'assunzione della toga virile e le nozze, eventi celebrati con atti di grande liberalità da questa sorta di “vip” pompeiano. Un sontuoso banchetto pubblico con oltre 400 triclini, alcune elergizioni di denaro in argento, ma soprattutto un grandioso spettacolo con combattimenti tra gladiatori e bestie feroci sarebbero stati la strategia vincente utilizzata dal noto personaggio per acquisire fama e promuovere la propria carriera politica. Non è un caso, infatti, che il defunto abbia anche rivestito la carica di duoviro - ovvero di alto magistrato - come l'iscrizione stessa riporta.

L'eccezionale ritrovamento - che reca dettagli e riferimenti importanti alla vita del defunto - consegna agli studiosi particolari di grande fascino e curiosi retroscena sulla storia di Pompei. L'iscrizione conterrebbe anche un aggiornamento dettagliato, se vogliamo, relativo a un fatto di cronaca avvenuto nel 59 d.C e raccontato, sebbene in maniera sommaria, anche da Tacito, che allude allo scoppio di una rissa, degenarata in scontro armato, durante uno spettacolo gladiatorio nell'anfiteatro. L'episodio aveva addirittura attirato l’attenzione dell’imperatore Nerone che da Roma aveva incaricato il senato di indagare sul fatto. Come anche Tacito riporta, in seguito alle indagini dei consoli, ai Pompeiani fu fatto divieto per dieci anni di organizzare altre manifestazioni gladiatorie. L'increscioso fattaccio avrebbe determinato addirittura l'esilio dell’organizzatore dei giochi, l’ex senatore di Roma Livineio Regulo, e di quanti avevano scatenato l'episodio.
L'iscrizione di Porta Stabia, fornendo importanti dettagli anche su quell'incresciosa vicenda, completa e arricchisce la narrazione dello storico romano - che appare a tratti piuttosto approssimativa - facendo luce, in maniera esplicita, sull'esilio che avrebbe colpito i due sommi magistrati della città, ossia i duoviri in carica. Questo “scoop” ante litteram consente quindi di far luce su un momento delicato della storia istituzionale di Pompei, restituendo lo scenario di un torbido intrigo.

Ma l'epigrafe rinvenuta nel prezioso e fecondo ventre di Pompei è affascinante anche per un altro motivo. Consente infatti agli studiosi di ricontestualizzare un reperto conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN). Alla parte superiore della tomba, danneggiata nell'Ottocento dalla costruzione del vicino edificio di San Paolino, apparterrebbe, infatti, il grande fregio con scene gladiatorie custodito al Museo, le cui dimensioni risultano compatibili con il monumento. Del resto, il rilievo, scoperto dal soprintendente Avellino negli anni ’40 del XIX secolo, era stato rinvenuto fuori posto proprio nell’area di porta Stabia.

Purtroppo non ci sono dati certi per risalire all'identità del defunto. Un indizio importante potrebbe, tuttavia, esser fornito dall’ubicazione della tomba, che sorge in prossimità di quella, già scoperta, di M. Alleius Minius. Alla famiglia degli Alleii appartiene Cn. Alleius Nigidius Maius, uno dei personaggi più in vista dell’età neroniana-flavia, forse il più noto tra gli impresari di spettacoli gladiatori della città, esponente della nuova classe dirigente, e più volte acclamato a Pompei proprio come dispensatore di giochi. Il notabile, un liberto, è l’esponente di spicco della classe dirigente degli ultimi decenni di vita della città, affermatosi grazie all’adozione da parte della importante famiglia degli Alleii.

Ma c'è ancora una perla ad accrescere la straordinaria potenza del ritrovamento. «Il dato toccante, al di là della grandiosa scoperta dell'iscrizione - ha commentato il direttore generale Massimo Osanna - è, accanto al monumento, la strada sui lapilli, realizzata dai solchi dei carri che fuggivano da Porta Stabia e che lascia intravedere, per la prima volta, le tracce della fuga dei pompeiani».

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