Torna alla luce il termopolio, una tavola calda di duemila anni fa

L'ultima meraviglia di Pompei: riemerge per intero il "fast food" della Regio V

Il bancone del Termopolio emerso a Pompei dagli scavi nella Regio V | Foto: © Luigi Spina | Courtesy Parco Archeologico di Pompei
 

Samantha De Martin

28/12/2020

Napoli - La conchiglia di un mollusco ricorda forse l’ultimo boccone di un avventore, mentre l’odore del vino è ancora straordinariamente intenso. Era contenuto nei dolia che l’eruzione di quel devastante 24 ottobre del 79 d.C. ha sigillato per quasi duemila anni, come a voler restituire le abitudini di una città che continua a restituire meraviglie.
L’ultima, risalente a qualche giorno fa, è una sorta di fotografia dell’ultima notte di Pompei, un momento di quotidiana convivialità, in una delle 80 tavole calde della città, nel cuore della Regio V. Si tratta di un antico termopolio, una tavola calda riaffiorata per intero, come un regalo di Natale fatto dalla storia agli archeologi, assieme a scene di nature morte, ossa animali e residui di cibo che ci permettono di individuare la dieta degli abitanti di Pompei.

Un fast food ante litteram

Nel mondo romano era abitudine consumare il prandium fuori casa. Come indica il nome di origine greca, i termopoli erano luoghi molto diffusi nei quali si servivano bevande e cibi caldi conservati in grandi dolia (giare) incassati nel bancone in muratura.
In realtà l'impianto commerciale di questo fast food ante litteram, ubicato nello slargo all’ incrocio tra il vicolo delle Nozze d'argento e il vicolo dei Balconi, era stato parzialmente indagato nel 2019, durante gli interventi del Grande Progetto Pompei per la messa in sicurezza e consolidamento dei fronti di scavo storici. Nella piazzetta antistante il termopolio erano già venute alla luce una cisterna, una fontana e una torre per la distribuzione dell'acqua. Così, considerata l'eccezionalità delle decorazioni, al fine di restituire la completa configurazione del locale, si è deciso estendere il progetto portando a termine lo scavo dell'intero ambiente.


La Nereide a cavallo in ambiente marino che decora il bancone del Termopolio emerso a Pompei | Foto: © Luigi Spina | Courtesy Parco Archeologico di Pompei

Man mano il tempo ha restituito le decorazioni del bancone con la straordinaria immagine di una Nereide a cavallo in ambiente marino, e sul lato più corto, l’illustrazione, probabilmente della bottega stessa, alla stregua di un’insegna commerciale. Davanti al bancone, come a voler riflettere l'immagine dipinta, sono state rinvenute alcune anfore, quasi a voler anticipare all’avventore l’ambiente interno del termopolio, ma anche le prelibatezze che avrebbe gustato una volta varcato il cancello.
E allora ecco apparire, in questa nuova fase di scavo, sull’ultimo braccio di bancone portato alla luce, raffinate scene di nature morte, con rappresentazioni di animali, probabilmente macellati e venduti nel locale. Frammenti ossei animali sono stati ritrovati all'interno di recipienti ricavati nello spessore del bancone, contenenti cibi destinati alla vendita. Anche le due anatre germane esposte a testa in giù sembrano pronte per essere preparate e consumate, mentre il gallo non ha nulla da invidiare a un moderno disegno in 3D.
Nell’angolo nord occidentale della stanza è riemerso lo scheletro completo di un cagnolino, che attesta le intenzionali selezioni avvenute in epoca romana per ottenere questo risultato.


Il gallo raffigurato sul bancone del Termopolio emerso a Pompei dagli scavi nella Regio V | Foto: © Luigi Spina | Courtesy Parco Archeologico di Pompei

Cosa mangiavano gli abitanti di Pompei?

“Le prime analisi - spiega Valeria Amoretti, funzionario antropologo del PAP - confermano come le pitture sul bancone rappresentino, almeno in parte, i cibi e le bevande effettivamente venduti all’interno del termopolio. Tra i dipinti del bancone sono raffigurate due anatre germane, e in effetti un frammento osseo di anatra è stato rinvenuto all’interno di uno dei contenitori, insieme a suino, caprovini, pesce e lumache di terra, testimoniando la grande varietà di prodotti di origine animale utilizzati per la preparazione delle pietanze. Sul fondo di un dolio è stata individuata la presenza di fave, intenzionalmente frammentate. Apicio nel De re Coquinaria ce ne fornisce il motivo, asserendo che venivano usate per modificare il gusto e il colore del vino, sbiancandolo”.

L’invettiva (omofoba) contro Nicia

La raffigurazione di un cane al guinzaglio assomiglia invece a un monito e ricorda il celebre Cave Canem. Entrando nel dettaglio di questa ennesima meraviglia restituita da Pompei, si nota che, sulla cornice che racchiude il dipinto del cane, campeggia, graffita, un’iscrizione sbeffeggiante, una sorta di invettiva, come tante ne leggiamo sui muri delle nostre moderne città, rivolta forse da un buontempone al proprietario o a un dipendente del termopolium.
“Nicia cineade cacator”, “Nicia ( probabilmente un liberto proveniente dalla Grecia) Cacatore, invertito!”.


Il dipinto con il cane e, sulla cornice, un'invettiva contro un certo Nicia | Foto: © Luigi Spina | Courtesy Parco Archeologico di Pompei

"Con un lavoro di squadra, che ha richiesto norme legislative e qualità delle persone, oggi Pompei è indicata nel mondo come un esempio di tutela e gestione, tornando a essere uno dei luoghi più visitati in Italia in cui si fa ricerca, si continua a scavare e si fanno scoperte straordinarie come questa” ha commentato il ministro per i beni e per le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini alla luce delle nuove scoperte della Regio V.
L'ultima meraviglia di Pompei ha visto lavorare fianco a fianco un team interdisciplinare, in una coralità di competenze di grande suggestione.

“I materiali rinvenuti - spiega Massimo Osanna, direttore generale ad interim del Parco archeologico di Pompei - sono stati, infatti, scavati e studiati sotto ogni aspetto da un team interdisciplinare composto da un antropologo fisico, un archeologo, un archeobotanico, un archeozoologo, un geologo, un vulcanologo. I materiali saranno ulteriormente analizzati in laboratorio e in particolari i resti rinvenuti nei dolia del bancone rappresenteranno dei dati eccezionali per capire cosa veniva venduto e quale era la dieta alimentare”.

Parte delle ossa umane - ritrovate purtroppo sconvolte a causa del passaggio di cunicoli realizzati nel XVII secolo da scavatori clandestini - appartengono a un uomo di almeno 50 anni che, al sopraggiungere della furia piroclastica, doveva essere sdraiato su un letto o una branda, come testimoniano il vano per l’alloggiamento del giaciglio e alcuni chiodi e residui di legno ritrovati al di sotto del corpo.

Anfore, olle e marmi policromi: l’ultimo straordinario scrigno di Pompei

All'interno di questo ambiente di una ventina di metri quadri non mancano i materiali da dispensa e da trasporto: nove anfore, una patera di bronzo, due fiasche, un’olla di ceramica comune da mensa. Il pavimento dell’intero ambiente è invece costituito da uno strato di cocciopesto, impreziosito in alcuni punti da frammenti di marmi policromi.

Sono solo i primi dati macroscopici forniti dallo scavo in corso. Adesso i reperti, prelevati e portati in laboratorio, subiranno ulteriori indagini specifiche in dipartimenti e università convenzionate, che permetteranno di affinare i dati a disposizione di studiosi e archeologi. E Pompei continuerà a sorprendere ancora, con le sue immense meraviglie e quella vita che, nonostante tutto, non è mai stata del tutto spenta dall'eruzione, e che, a distanza di duemila anni, ci restitisce odori e sospiri della sua storia immortale.


Un dettaglio del bancone del Termopolio riemerso a Pompei, con due anatre raffigurate a testa in giù | Foto: © Luigi Spina | Courtesy Parco Archeologico di Pompei

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