Domenico e Umberto Mastroianni: il mestiere dello scultore
Dal 05 Luglio 2014 al 28 Settembre 2014
Castellamonte | Torino
Luogo: Centro Ceramico La Fornace
Indirizzo: località Spineto 61
Orari: da martedì a venerdì 15-19; sabato, domenica e festivi 10-12.30 / 15-19
Curatori: Floriano De Santi
Telefono per informazioni: +39 0124 582642 / 377 4390604
E-Mail info: ceramichecielle@libero.it
Sito ufficiale: http://www.comune.castellamonte.to.it
Considerato l'inventore della cosiddetta "scultografia", cioè di bassorilievi realizzati in plastilina e poi fotografati e riprodotti in cartoline stampate in grandi tirature e raccolte in cofanetti, Domenico Mastroianni (Arpino 1876 ? Roma 1962) da giovanissimo si trasferisce a Roma. Dopo alcuni viaggi nelle maggiori capitali europee, in primis a Parigi, al termine della prima guerra mondiale torna a Roma, aprendo uno studio in via Margutta, che diviene anche l'atelier del figlio Alberto e del nipote Umberto. Nominato dal Re Vittorio Emanuele III Cavaliere della Corona, tra i suoi lavori più celebri si ricordano le illustrazioni plastiche dei Promessi sposi e della Divina Commedia. In esse, più che la massa e la staticità del volume, ama l'arabesco dei contorni, la rappresentazione del movimento che s'iscrive nell'intonazione simbolista dell'Art Nouveau.
Ritenuto da Lionello Venturi e da Giulio Carlo Argan come il vero continuatore del futurismo boccioniano, Umberto Mastroianni (Fontana Liri 1910 ? Marino Laziale 1998), già all'età di tredici anni, lavora nella bottega romana dello zio Domenico: "Via Margutta ? ricorda ? è stato il mio primo studio, la mia prima esperienza artistica". Dal 1926 lascia Roma per trasferirsi a Torino; nella città sabauda incomincia ad intercalare il modellato dei volti ai torsi, ai nudi muliebri e agli efebi. La solennità plastica delle sue figure, esposte alle Quadriennali di Roma del 1935 e del 1939 e alle Biennali di Venezia del 1936, del 1938 e del 1940, le asciutte cadenze che le definiscono nello spazio, sembrano affiorare ogni volta da una memoria cosciente dell'antico, ma in quella memoria già serpeggia l'acuta analisi dell'artista moderno.
Curata da Floriano De Santi, la mostra Domenico e Umberto Mastroianni: il mestiere dello scultore intende documentare i rapporti intercorsi tra i due scultori, ponendo in evidenza per la prima volta uno scandaglio stilistico e poetico mai indagato dagli studiosi. Dal 5 Luglio al 28 settembre, ordinata negli spazi del Centro Ceramico "La Fornace Pagliero" di Daniele Chechi a Spineto di Castellamonte, questa singolare iniziativa espositiva aduna una trentina di loro lavori in terracotta e in bronzo. Umberto sa, del resto, che lo zio Domenico seguendo le tracce di Medardo Rosso può dargli una lezione di luminismo plastico, così come Boccioni può indicargli la via del dinamismo delle strutture nello spazio. È il tributo che il giovane scultore, allora appena ventenne, non può esimersi dal pagare al proprio bisogno di farsi una ragione di sé nella storia, tanto più in un clima in cui non era facile discriminare con sicurezza, tra i molti "richiami all'ordine", quel che era veritiero e vivo rapporto con l'antico dai troppi ricorsi di comodo.
Ritenuto da Lionello Venturi e da Giulio Carlo Argan come il vero continuatore del futurismo boccioniano, Umberto Mastroianni (Fontana Liri 1910 ? Marino Laziale 1998), già all'età di tredici anni, lavora nella bottega romana dello zio Domenico: "Via Margutta ? ricorda ? è stato il mio primo studio, la mia prima esperienza artistica". Dal 1926 lascia Roma per trasferirsi a Torino; nella città sabauda incomincia ad intercalare il modellato dei volti ai torsi, ai nudi muliebri e agli efebi. La solennità plastica delle sue figure, esposte alle Quadriennali di Roma del 1935 e del 1939 e alle Biennali di Venezia del 1936, del 1938 e del 1940, le asciutte cadenze che le definiscono nello spazio, sembrano affiorare ogni volta da una memoria cosciente dell'antico, ma in quella memoria già serpeggia l'acuta analisi dell'artista moderno.
Curata da Floriano De Santi, la mostra Domenico e Umberto Mastroianni: il mestiere dello scultore intende documentare i rapporti intercorsi tra i due scultori, ponendo in evidenza per la prima volta uno scandaglio stilistico e poetico mai indagato dagli studiosi. Dal 5 Luglio al 28 settembre, ordinata negli spazi del Centro Ceramico "La Fornace Pagliero" di Daniele Chechi a Spineto di Castellamonte, questa singolare iniziativa espositiva aduna una trentina di loro lavori in terracotta e in bronzo. Umberto sa, del resto, che lo zio Domenico seguendo le tracce di Medardo Rosso può dargli una lezione di luminismo plastico, così come Boccioni può indicargli la via del dinamismo delle strutture nello spazio. È il tributo che il giovane scultore, allora appena ventenne, non può esimersi dal pagare al proprio bisogno di farsi una ragione di sé nella storia, tanto più in un clima in cui non era facile discriminare con sicurezza, tra i molti "richiami all'ordine", quel che era veritiero e vivo rapporto con l'antico dai troppi ricorsi di comodo.
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