“... ma un'estensione”. Gastini, Icaro, Mattiacci, Spagnulo

© Ph. M. Sereni | Paolo Icaro, Luogo punti eccentrici, 2007, cemento grafitato, dimensioni ambiente
Dal 26 Settembre 2015 al 28 Febbraio 2016
Venezia
Luogo: Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna
Indirizzo: Santa Croce 2076
Orari: 10-18 | dal 1° novembre 10-17
Curatori: Bruno Corà
Costo del biglietto: Intero € 10 | Ridotto € 7.50 | Gratuito Residenti e nati nel Comune di Venezia, bambini da 0 a 5 anni, portatori di handicap con accompagnatore
Telefono per informazioni: 848082000
E-Mail info: info@fmcvenezia.it
Sito ufficiale: http://capesaro.visitmuve.it
Nel solco della tradizionale attenzione prestata da Ca’ Pesaro agli incroci tra scultura e pittura, la mostra, inserita tra le proposte di Muve Contemporaneo – rassegna ideata dalla Fondazione Musei Civici di Venezia per dialogare con la Biennale d’Arte, giunta alla sua seconda edizione – offre l’opportunità di un affascinante confronto dialettico tra le opere di quattro grandi maestri dell’arte italiana contemporanea: Marco Gastini, Paolo Icaro, Eliseo Mattiacci e Giuseppe Spagnulo.
Pur sviluppando linguaggi e mondi espressivi differenti, gli artisti, legati da una pluriennale amicizia e da profonde affinità, intrecciano nei monumentali ambienti della Galleria Internazionale d’Arte Moderna un inedito e intenso dialogo che coinvolge arte e vita. Marco Gastini (1938), con la sua continua dialettica tra pittura, materia e spazio sia virtuale che reale; Paolo Icaro (1936), capace di mettere in crisi nei suoi lavori ogni chiusura e pesantezza; Eliseo Mattiacci (1940), che ha abbandonato la monumentalità della scultura azzerandone la base e infine Giuseppe Spagnulo (1936), audace nello sfidare la gravità della materia e conferire leggerezza e lievità alle sculture più possenti.
Scrive Bruno Corà, curatore della mostra, la cui direzione scientifica è affidata a Gabriella Belli: “Nonostante l’evidente diversità che distingue il loro lavoro, essi condividono nella scultura e nella pittura, attuandoli, i principi profetizzati da Medardo Rosso e in seguito da Umberto Boccioni (‘metteremo lo spettatore al centro del quadro’) e da Arturo Martini, che della scultura aveva auspicato la vocazione: ‘fa che io non sia un oggetto, ma un’ ‘estensione’. I quattro artisti, in tal modo, pur nel solco di una tradizione italiana mai estinta, rinnovano autonomamente e amplificano quelle premesse linguistiche, affermando la loro opera in un contesto a respiro europeo e internazionale”.
Pur sviluppando linguaggi e mondi espressivi differenti, gli artisti, legati da una pluriennale amicizia e da profonde affinità, intrecciano nei monumentali ambienti della Galleria Internazionale d’Arte Moderna un inedito e intenso dialogo che coinvolge arte e vita. Marco Gastini (1938), con la sua continua dialettica tra pittura, materia e spazio sia virtuale che reale; Paolo Icaro (1936), capace di mettere in crisi nei suoi lavori ogni chiusura e pesantezza; Eliseo Mattiacci (1940), che ha abbandonato la monumentalità della scultura azzerandone la base e infine Giuseppe Spagnulo (1936), audace nello sfidare la gravità della materia e conferire leggerezza e lievità alle sculture più possenti.
Scrive Bruno Corà, curatore della mostra, la cui direzione scientifica è affidata a Gabriella Belli: “Nonostante l’evidente diversità che distingue il loro lavoro, essi condividono nella scultura e nella pittura, attuandoli, i principi profetizzati da Medardo Rosso e in seguito da Umberto Boccioni (‘metteremo lo spettatore al centro del quadro’) e da Arturo Martini, che della scultura aveva auspicato la vocazione: ‘fa che io non sia un oggetto, ma un’ ‘estensione’. I quattro artisti, in tal modo, pur nel solco di una tradizione italiana mai estinta, rinnovano autonomamente e amplificano quelle premesse linguistiche, affermando la loro opera in un contesto a respiro europeo e internazionale”.
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