Dal 29 luglio al 1° novembre
In mostra il Frammento Vaticano, unico superstite degli affreschi di Giotto per San Pietro
										
										 
										
										
																		
																									Giotto, Due teste di apostoli o santi (cosiddetto Frammento Vaticano), Collezione privata, dopo il restauro, recto
															
							Francesca Grego
24/07/2025
							Firenze -  È l’unica testimonianza del lavoro di Giotto nell’antica Basilica di San Pietro a Roma, eretta nei primi secoli del Cristianesimo e demolita per fare spazio al progetto di Bramante e Michelangelo: parliamo Frammento Vaticano, preziosissima porzione superstite del ciclo di affreschi che il maestro toscano realizzò nel Trecento per il luogo simbolo della Cristianità. In mani private almeno dal XVII secolo, finora l’opera è stata esposta al pubblico molto raramente. Dal 29 luglio al 1° novembre 2025 avremo occasione di ammirarla presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, dove è stata sottoposta a un lungo e complesso lavoro di restauro che ne ha rispristinato l’aspetto originario, eliminando ridipinture e patine che, nel corso dei secoli, l’avevano resa sempre meno leggibile. 
L’intervento ha riportato alla luce le stesure delicate e finissime di Giotto, mentre le indagini diagnostiche propedeutiche al restauro hanno portato alla luce interessanti informazioni sulla genesi del dipinto, un affresco staccato dalla sua parete e oggi inglobato in un supporto di gesso. Gli incarnati dei due santi - per lungo tempo erroneamente identificati con San Pietro e San Paolo - sono modellati con piccoli tocchi ocre e ossidi su una base verdaccio, intervallati da tratti decisi in nero e in rosso che disegnano i lineamenti, come naso e labbra. Una tecnica tipica di Giotto che ha permesso - insieme al confronto con opere come gli affreschi di Assisi e il Polittico Stefaneschi - di confermare l’attribuzione, dissipando i dubbi avanzati in passato. “Nella storia dell’arte medievale le certezze sono rare, le datazioni delle opere viaggiano di decenni se non di secoli, le attribuzioni sono difficili e i nomi d’artista, quando esistono, spesso nebbiosi”, ha scritto Serena Romano nella presentazione dell’intervento: il Frammento Vaticano appare invece come “un miracolo di storia, di conservazione, di tradizione: un miracolo che restituisce alla conoscenza pubblica quello che senza troppe cautele si può definire un grande inedito pittorico di Giotto e, per altri versi, un concentrato di vicende storiche eccezionali, ed eccezionalmente documentate”.
Un’iscrizione sul retro dell’opera ricorda come, nel 1610, il lacerto fu donato da Pietro Strozzi, canonico della Basilica Vaticana e segretario di Papa Paolo V, a Matteo Caccini, che provvide a farlo decorare e ad esporlo al culto, non è noto dove. Poco visto e poco studiato, il dipinto fu esposto a Milano nel 2015 in occasione della mostra Giotto, l’Italia a Palazzo Reale, durante la quale emerse la necessità di un restauro. L’esposizione in arrivo, inserita nel ciclo Caring for Art. Restauri in mostra dell’Opificio delle Pietre Dure, rappresenta dunque la prima occasione per ammirare il Frammento Vaticano dopo l’intervento, così come lo immaginò e lo dipinse Giotto.
						
						
					L’intervento ha riportato alla luce le stesure delicate e finissime di Giotto, mentre le indagini diagnostiche propedeutiche al restauro hanno portato alla luce interessanti informazioni sulla genesi del dipinto, un affresco staccato dalla sua parete e oggi inglobato in un supporto di gesso. Gli incarnati dei due santi - per lungo tempo erroneamente identificati con San Pietro e San Paolo - sono modellati con piccoli tocchi ocre e ossidi su una base verdaccio, intervallati da tratti decisi in nero e in rosso che disegnano i lineamenti, come naso e labbra. Una tecnica tipica di Giotto che ha permesso - insieme al confronto con opere come gli affreschi di Assisi e il Polittico Stefaneschi - di confermare l’attribuzione, dissipando i dubbi avanzati in passato. “Nella storia dell’arte medievale le certezze sono rare, le datazioni delle opere viaggiano di decenni se non di secoli, le attribuzioni sono difficili e i nomi d’artista, quando esistono, spesso nebbiosi”, ha scritto Serena Romano nella presentazione dell’intervento: il Frammento Vaticano appare invece come “un miracolo di storia, di conservazione, di tradizione: un miracolo che restituisce alla conoscenza pubblica quello che senza troppe cautele si può definire un grande inedito pittorico di Giotto e, per altri versi, un concentrato di vicende storiche eccezionali, ed eccezionalmente documentate”.
Un’iscrizione sul retro dell’opera ricorda come, nel 1610, il lacerto fu donato da Pietro Strozzi, canonico della Basilica Vaticana e segretario di Papa Paolo V, a Matteo Caccini, che provvide a farlo decorare e ad esporlo al culto, non è noto dove. Poco visto e poco studiato, il dipinto fu esposto a Milano nel 2015 in occasione della mostra Giotto, l’Italia a Palazzo Reale, durante la quale emerse la necessità di un restauro. L’esposizione in arrivo, inserita nel ciclo Caring for Art. Restauri in mostra dell’Opificio delle Pietre Dure, rappresenta dunque la prima occasione per ammirare il Frammento Vaticano dopo l’intervento, così come lo immaginò e lo dipinse Giotto.
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