La vertigine del Barocco

Giovanni Lanfranco
24/03/2002
Come da programma, la mostra “itinerante” dedicata a Giovanni Lanfranco è giunta nelle sale dell’appartamento Barbo di Palazzo Venezia.
Il percorso fatto dall’esposizione, curata da un prestigioso comitato scientifico guidato da Erich Schleier, massimo studioso di Lanfranco, si è articolato nelle città in cui le vicende biografiche del pittore di sono condensate.
Parma dov’è nato (sede della mostra è stata la Reggia Farnese di Colorno), Napoli e Roma dov’è vissuto (Castel Sant’Elmo e Palazzo Venezia).
Nelle sale allestite a Roma sono esposte circa 100 opere, grandi pale d’altare e opere da cavalletto, ma anche disegni preparatori per affreschi napoletani. Si alternano soggetti religiosi e iconografie storico-mitologiche. Fiore all’occhiello dell’edizione romana, come precisa G. Imperatori, direttore dell’Associazione Civita, le cinque pale d’altare dipinte per la chiesa dei SS. Apostoli del capoluogo partenopeo, che per l’occasione vengono presentate dopo il restauro.
Viene così offerta al pubblico un’ottima testimonianza della produzione pittorica di uno degli artisti barocchi più amati al suo tempo, ma un po’ meno ai nostri giorni.
Come ha giustamente sottolineato M.G. Bernardini, membro del comitato scientifico, durante la conferenza di presentazione della mostra, uno dei motivi dell’oblio riservato a Lanfranco è dovuto alla perdita di alcuni suoi capolavori. Vanno ricordate in questo senso committenze oggi irrimediabilmente perse quali gli affreschi per il “Camerino degli Eremiti” di Palazzetto Farnese a via Giulia, il ciclo della Cappella del SS. Sacramento in San Paolo fuori le mura (in mostra sono esposte due lunette rimaste con “Il miracolo del serpente” e “La caduta della manna”), la loggia della palazzina di Villa Borghese, non distrutta come le altre ma totalmente ridipinta da Domenico Crovi sul finire del XVIII secolo.
Il nome di Lanfranco è stato però oscurato da altri colossi emiliani del tempo: il maestro di Giovanni, Annibale Carracci, il rivale Domenichino, ma soprattutto i più giovani Guercino e Guido Reni. In realtà l’artista parmense è pittore non da meno, ammirato e assunto da famiglie illustri come i Mattei, i Costaguti, ma in specie i Borghese e in primo luogo il Pontefice Paolo V. Tra il 1605 ed il 1621, anni del papato Borghese, Lanfranco non teme rivali, E’ proprio con il pontificato successivo, quello di Gregorio XV Ludovisi (1621-23), che il parmense incontra serie difficoltà: sono gli anni in cui monsignor Agucchi, vero e proprio arbiter elegantiarium dell’età Ludovisi, impone all’attenzione gli emiliani della nuova generazione sopraccitati.
Lanfranco recupera il suo credito solo con Urbano VIII Barberibi (1623-44), sotto il quale arriverà la maggiore committenza della sua vita: la cupola di S. Andrea della Valle.
Quindi Lanfranco pittore a fresco: certamente è così, sui grandi spazi, sulle ampie pareti, che l’arte di Giovanni si esprime al meglio. La mostra per evidenti motivi non può presentare queste grandi opere, ma ci prova con la tecnologia moderna che riproduce in un’apposita sala l’Assunta della volta di S. Andrea, grazie a speciali schermi che ne offrono una visione ravvicinata, da un punto di vista privilegiato.
GIOVANNI LANFRANCO. LA VERTIGINE DEL BAROCCO
Fino al 30 giugno
Roma - Palazzo di Venezia
Via del Plebiscito, 118
Orario: tutti i giorni 9-19; lunedì chiuso
Biglietti: intero € 8; ridotto € 6
Info: 06 32810
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