Fuori Festival 2021 - Totemica
Totemica, Fuori Festival 2021, Rocca di Spoleto
Dal 25 June 2021 al 11 July 2021
Spoleto | Perugia
Luogo: Rocca di Spoleto
Indirizzo: Piazza Bernardino Campello 1
Orari: 18:00 - 00:00
Sito ufficiale: http://www.festivaldispoleto.com
L’edizione 2021 di Fuori Festival quest’anno si è distinta per l’introduzione di un’importante novità:
oltre ai 26 DJs, 12 Live, i 6 Interventi del Collettivo Temporaneo di student+ delle Magistrali di Arti
Visive e Architettura IUAV di Venezia e le 9 Performance di musica e danza, è stato inaugurato lo
spazio espositivo Il Giardino. Qui è stata presentata la mostra TOTEMICA, curata da Francesco Maria
Bartoli, in cui le opere d’arte dei cinque artisti invitati, avranno una “cornice” del tutto eccezionale: la
Rocca di Spoleto, da un lato, e la sconfinata veduta della Valle Spoletana, dall’altro.
Il nome della mostra deriva dalla scelta di presentare le opere sotto la forma del totem. in virtù
della capacità che esso ha presso molte culture extra-europee di disegnare la dimensione umana in
quanto segnata da una stretta dipendenza con entità divine di natura non-umana. Perché, se c’è
una cosa che la profilassi anti-Covid ci ha dimostrato, è che homo sapiens sapiens è l’ibrido per
eccellenza. L’uomo è quanto di meno “umano” si possa immaginare, fatto com’è di piante, di
animali, di macchine, di immagini, di suoni. È questa sua mescolanza fondativa ad animarlo, a
dispetto del falso mito di un’origine pura e autonoma che finisce in ultima istanza per creare
barriere anziché osmosi, per distruggere mondi anziché edificarli con partecipazione conviviale.
Il totem è, per l’appunto, anche il contrassegno del gruppo, della società stessa: una società fatta
anche di entità extra-umane, il cui destino è intimamente legato al nostro.
“Sealed Gartruche” e “Iro Costello” sono le proposte estetiche di Ludovico Andrea D’Auria, aventi
per oggetto quel mondo esplorato con insistenza dal fotografo capitolino, fatto di outsider e
individui ai margini che, anziché sottrarsi alla vita, la rielaborano in forme volutamente
provocatorie e anticonformiste, finendo così per rimettere in gioco quel che molto banalmente
viene chiamata “normalità”.
“I saw it on the internet” è invece la summa di un ambizioso ongoing project ad opera di Simona
Molino e Matteo Lucidi, il cui obiettivo è quello di osservare con atteggiamento decostruttivo il
flusso di immagini decontestualizzato di cui sono inondati social network come Instagram,
attraverso un fitto archivio di collage digitali.
La fotografia di Riccardo Banfi costituisce un ulteriore punto di osservazione privilegiato sulle
minoranze e le sottoculture, avente però stavolta il suo perno sulla clubbing culture e la sua
capacità di realizzare coesione e aggregazione sociale.
Oltre alla fotografia e l’arte digitale anche la pittura ha rivestito un ruolo fondamentale all’interno
della mostra con Stefano Frascarelli e Stefano Emili.
Stefano Frascarelli la cui arte tra ispirazione dall’espressionismo astratto americano e mira ad
estrinsecare la natura puramente indomita e caotica dell’essere umano, la cui pienezza non può
essere ridotta ad alcuna definizione o schematismo coercitivo di sorta.
Stefano Emili pone l’uomo al centro di ogni opera realizzata. Non ha gallerie di riferimento per cui
ha presunzione d’innocenza rispetto al decadimento dell’attuale sistema dell’arte.
La distanza indotta dalla pandemia e le sue restrizioni hanno permesso di comprendere la voragine
sentimentale di molti rapporti fittizi o superficiali. Cercando capri espiatori, potranno le parole
rinsaldare il muscolo sfibrato di legami affettivi che hanno perso la presenza?
L’opera pittorica è campeggiata da una frase in tedesco, lingua con cui è stato pubblicato il saggio
Totem e Tabù di Sigmund Freud nel 1913.
oltre ai 26 DJs, 12 Live, i 6 Interventi del Collettivo Temporaneo di student+ delle Magistrali di Arti
Visive e Architettura IUAV di Venezia e le 9 Performance di musica e danza, è stato inaugurato lo
spazio espositivo Il Giardino. Qui è stata presentata la mostra TOTEMICA, curata da Francesco Maria
Bartoli, in cui le opere d’arte dei cinque artisti invitati, avranno una “cornice” del tutto eccezionale: la
Rocca di Spoleto, da un lato, e la sconfinata veduta della Valle Spoletana, dall’altro.
Il nome della mostra deriva dalla scelta di presentare le opere sotto la forma del totem. in virtù
della capacità che esso ha presso molte culture extra-europee di disegnare la dimensione umana in
quanto segnata da una stretta dipendenza con entità divine di natura non-umana. Perché, se c’è
una cosa che la profilassi anti-Covid ci ha dimostrato, è che homo sapiens sapiens è l’ibrido per
eccellenza. L’uomo è quanto di meno “umano” si possa immaginare, fatto com’è di piante, di
animali, di macchine, di immagini, di suoni. È questa sua mescolanza fondativa ad animarlo, a
dispetto del falso mito di un’origine pura e autonoma che finisce in ultima istanza per creare
barriere anziché osmosi, per distruggere mondi anziché edificarli con partecipazione conviviale.
Il totem è, per l’appunto, anche il contrassegno del gruppo, della società stessa: una società fatta
anche di entità extra-umane, il cui destino è intimamente legato al nostro.
“Sealed Gartruche” e “Iro Costello” sono le proposte estetiche di Ludovico Andrea D’Auria, aventi
per oggetto quel mondo esplorato con insistenza dal fotografo capitolino, fatto di outsider e
individui ai margini che, anziché sottrarsi alla vita, la rielaborano in forme volutamente
provocatorie e anticonformiste, finendo così per rimettere in gioco quel che molto banalmente
viene chiamata “normalità”.
“I saw it on the internet” è invece la summa di un ambizioso ongoing project ad opera di Simona
Molino e Matteo Lucidi, il cui obiettivo è quello di osservare con atteggiamento decostruttivo il
flusso di immagini decontestualizzato di cui sono inondati social network come Instagram,
attraverso un fitto archivio di collage digitali.
La fotografia di Riccardo Banfi costituisce un ulteriore punto di osservazione privilegiato sulle
minoranze e le sottoculture, avente però stavolta il suo perno sulla clubbing culture e la sua
capacità di realizzare coesione e aggregazione sociale.
Oltre alla fotografia e l’arte digitale anche la pittura ha rivestito un ruolo fondamentale all’interno
della mostra con Stefano Frascarelli e Stefano Emili.
Stefano Frascarelli la cui arte tra ispirazione dall’espressionismo astratto americano e mira ad
estrinsecare la natura puramente indomita e caotica dell’essere umano, la cui pienezza non può
essere ridotta ad alcuna definizione o schematismo coercitivo di sorta.
Stefano Emili pone l’uomo al centro di ogni opera realizzata. Non ha gallerie di riferimento per cui
ha presunzione d’innocenza rispetto al decadimento dell’attuale sistema dell’arte.
La distanza indotta dalla pandemia e le sue restrizioni hanno permesso di comprendere la voragine
sentimentale di molti rapporti fittizi o superficiali. Cercando capri espiatori, potranno le parole
rinsaldare il muscolo sfibrato di legami affettivi che hanno perso la presenza?
L’opera pittorica è campeggiata da una frase in tedesco, lingua con cui è stato pubblicato il saggio
Totem e Tabù di Sigmund Freud nel 1913.
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