Milan Grygar. Sound on paper

Milan Grygar. Sound on paper, P420, Bologna

 

Dal 17 Maggio 2014 al 19 Luglio 2014

Bologna

Luogo: Galleria P420

Indirizzo: piazza dei Martiri 5/2

Orari: mer-ven 15-19.30; sab 9.30-13.30 / 15-19.30

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 051 4847957

E-Mail info: info@p420.it

Sito ufficiale: http://www.p420.it


Per circa mezzo secolo, a partire dalla metà degli anni ’60, Milan Grygar (Zvolen, Slovacchia, 1926) ha sviluppato un corpus di opere la cui premessa è l’indissolubilità di due sensi che l’arte occidentale ha spesso considerato separatamente, la vista e l’udito. Le sue opere su carta e su tela hanno un legame essenziale con il suono: ne registrano in forma visiva il decorso o si costituiscono come partiture più o meno dettagliate per produrlo. «Sono arrivato alla conclusione che ciò che prevale nel mondo è la correlazione: il suono è connesso alla visione, e la visione non può esistere senza suono. Tutto ciò che un essere umano fa è connesso: i fenomeni visivi e acustici sono complementari». Era il 1964 quando, disegnando con uno strumento insolito (un bastoncino intinto nell’inchiostro), si accorse che, nel silenzio dello studio, il picchiettio e lo sfregamento del legno sulla carta creava un ritmo elaborato. In seguito, registrato intenzionalmente su nastro, il suono sembrò all’artista altrettanto interessante del disegno che lo aveva generato. Era l’inizio della serie degli Acoustic Drawings, disegni in cui il criterio della composizione visiva (tracciare segni astratti sul foglio di carta) e il senso della composizione sonora (la creazione di determinati suoni in un determinato ordine) si intrecciano, e contribuiscono entrambi al risultato finale. Non a caso, negli Acoustic Drawings l’artista utilizza soltanto inchiostro nero: nella sua prospettiva, il colore è quello del suono assente, il suo timbro. A partire dalla fine degli anni Sessanta, l’artista realizza performance in cui disegna – con un arsenale di strumenti eterodossi fra cui bastoncini, utensili domestici, giocattoli a molla – in tempo reale di fronte al pubblico. Nelle serie che hanno seguito gli Acoustic Drawings - che Grygar ha comunque continuato a realizzare nei decenni - l’intuizione iniziale si è sviluppata e articolata nelle forme più varie. A partire dal 1967-68, Grygar ha esplorato una via opposta e complementare a quella degli Acoustic Drawings: se questi manifestavano visivamente un suono già trascorso, altri sono stati concepiti come una sorta di partiture, a partire dalle quali l’artista stesso, munito degli stessi strumenti con cui disegna, oppure altri, con strumenti tradizionali, possono produrre delle composizioni sonore. Sono opere che dialogano in modo indipendente e originale con la tradizione Fluxus di Instruction pieces, performance basate su istruzioni che qualcuno si incarica di eseguire, e con il grande filone di partiture musicali giocate fra visivo e sonoro delle neo-avanguardie. Lo dimostra la serie successiva dei Sound-Plastic Drawings e Linear Score Drawings anch’essi in mostra. Si tratta di composizioni su carta basate su linee parallele diritte e curve, disegnate con tanta precisione da far pensare che siano ottenute con un procedimento meccanico. All’interno di una struttura regolare e prevedibile, l’artista introduce delle discrepanze: le linee cambiano di colore (rosso anziché nero), di orientamento, di posizione rispetto alla griglia prefissata. L’artista concepisce queste austere opere geometriche come spartiti veri e propri, la “linea come una durata”, e affida ai musicisti l’elaborazione di un criterio che traduca le linee nello spazio in suoni nel tempo. Sono infine esposti alcuni acquerelli su carta, ulteriore esempio di come il disegno, attraverso la dimensione del movimento e del gesto, si ricolleghi alla dimensione temporale e quindi sonora. I suoi lavori sono stati recentemente esposti al Drawing Center di New York, al Museum Kampa di Praga, al Today Art Museum di Pechino e alla Biennale di Lione. Completano la mostra alcuni documenti video e un testo critico di Simone Menegoi.

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