Da Warhol a Internet

Da Warhol a Internet, Fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti, Camogli (GE)
Dal 12 September 2014 al 14 September 2014
Camogli | Genova
Luogo: Fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti
Indirizzo: via Castagneto 7
Orari: 11-20
Curatori: Francesca Pasini
Telefono per informazioni: +39 0185 772137
E-Mail info: info@fondazioneremotti.it
Sito ufficiale: http://www.fondazioneremotti.it
La Fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti partecipa al Festival della Comunicazione (Camogli 12 -14 Settembre 2014) ospitando alcuni eventi e una selezione di opere d'arte contemporanea provenienti dalla Collezione Remotti.
La mostra, Da Warhol a Internet, a cura di Francesca Pasini, prende lo spunto dalla famosa frase di Andy Warhol " tutti hanno diritto a 5 minuti di notorietà" per tracciare un racconto di immagini che negli ultimi decenni hanno segnato lo spirito del tempo. Il rapporto con la comunicazione è preveggente e sincronico con i cambiamenti in atto. Si parte da Andy Warhol, Campbell's Soup (1965), al quale risponde Roy Lichtenstein, Sweet Dream Baby (1965), uno dei suoi fumetti ingigantiti a livello di "quadro". Due simboli della Pop Art che hanno influenzato il modo di guardare e dialogare, al quale si intreccia il dipinto di Franco Angeli, Half Dollar, 1979, che ironicamente/criticamente ne ritrae l'aquila imperiale dimezzata e iscritta in oro su fondo nero.
Ma il punto di svolta del genio del secolo scorso, Andy Warhol, sono i ritratti dove dentro la notorietà emergono dramma e contraddizione. Il simbolo in assoluto è Marilyn Monroe, alla Fondazione Remotti è esposta una rara edizione dipinta acrilico su tela, invece che serigrafata (1985), ma anche il Self Portrait (1985), che Warhol realizzò a Napoli in occasione della mostra alla Galleria Lucio Amelio. L'immagine di sè appare regolarmente nella storia dell'arte e segnala il movimento dell'identità: da un lato Urs Luthi con una sequenza del 1974, Tell me who stole your smile, mette in primo piano la sua omosessualità; dall'altro la foto a colori Tarzan e Jane, 1993 di Maurizio Cattelan sottolinea l'impatto dei i media nellarappresentazione soggettiva. Mentre Emilio Isgrò, Libro (1997), mette in evidenza la necessità di ridurre il protagonismo di accettare la cancellazione, che lui stesso applica al testo.
La fotografia racconta il mondo e affonda lo sguardo tra visione e comunicazione. Il grande maestro Luigi Ghirri, sovrappone a una mappa stradale e delle foto, Modena (1979), mentre Sol Le Witt, Photo of Florence without the River Arno, 2003, incide la superficie e toglie il fiume. Hans Op De Beeck, ibrida paesaggi e architetture con silenzi e colori non naturali, On the Road (1996); Olivo Barbieri ritrae le metropoli internazionali avvolgendole di un "vapore", che è simbolo della distanza e forse del sogno di conoscenza, Pechino (1996). Francesco Jodice ritrae Buenos Aires (2001), come fosse un collage. In primo piano una grande cassa di materiali tecnici da eliminare, sui quali campeggia la pubblicità di abbonamento a Internet a poco prezzo. Tutte spie dell'attuale rapporto tra abitare, inventare, comunicare.
All'interno di questo viaggio tra le immagini si inseriscono la bandiera dipinta di Costa Vece , Made in Lybia,2005 e la scultura di Jonathan Monk, The Moment Before You realise You are Not Lost, 2003: un disco di specchio circolare sospeso, che l'aria e la temperatura fa ruotare. È immediato cogliere il proprio sguardo e successivamente perderlo. Una condizione che attraversa la comunicazione mediatica, affettiva, culturale.
La mostra, Da Warhol a Internet, a cura di Francesca Pasini, prende lo spunto dalla famosa frase di Andy Warhol " tutti hanno diritto a 5 minuti di notorietà" per tracciare un racconto di immagini che negli ultimi decenni hanno segnato lo spirito del tempo. Il rapporto con la comunicazione è preveggente e sincronico con i cambiamenti in atto. Si parte da Andy Warhol, Campbell's Soup (1965), al quale risponde Roy Lichtenstein, Sweet Dream Baby (1965), uno dei suoi fumetti ingigantiti a livello di "quadro". Due simboli della Pop Art che hanno influenzato il modo di guardare e dialogare, al quale si intreccia il dipinto di Franco Angeli, Half Dollar, 1979, che ironicamente/criticamente ne ritrae l'aquila imperiale dimezzata e iscritta in oro su fondo nero.
Ma il punto di svolta del genio del secolo scorso, Andy Warhol, sono i ritratti dove dentro la notorietà emergono dramma e contraddizione. Il simbolo in assoluto è Marilyn Monroe, alla Fondazione Remotti è esposta una rara edizione dipinta acrilico su tela, invece che serigrafata (1985), ma anche il Self Portrait (1985), che Warhol realizzò a Napoli in occasione della mostra alla Galleria Lucio Amelio. L'immagine di sè appare regolarmente nella storia dell'arte e segnala il movimento dell'identità: da un lato Urs Luthi con una sequenza del 1974, Tell me who stole your smile, mette in primo piano la sua omosessualità; dall'altro la foto a colori Tarzan e Jane, 1993 di Maurizio Cattelan sottolinea l'impatto dei i media nellarappresentazione soggettiva. Mentre Emilio Isgrò, Libro (1997), mette in evidenza la necessità di ridurre il protagonismo di accettare la cancellazione, che lui stesso applica al testo.
La fotografia racconta il mondo e affonda lo sguardo tra visione e comunicazione. Il grande maestro Luigi Ghirri, sovrappone a una mappa stradale e delle foto, Modena (1979), mentre Sol Le Witt, Photo of Florence without the River Arno, 2003, incide la superficie e toglie il fiume. Hans Op De Beeck, ibrida paesaggi e architetture con silenzi e colori non naturali, On the Road (1996); Olivo Barbieri ritrae le metropoli internazionali avvolgendole di un "vapore", che è simbolo della distanza e forse del sogno di conoscenza, Pechino (1996). Francesco Jodice ritrae Buenos Aires (2001), come fosse un collage. In primo piano una grande cassa di materiali tecnici da eliminare, sui quali campeggia la pubblicità di abbonamento a Internet a poco prezzo. Tutte spie dell'attuale rapporto tra abitare, inventare, comunicare.
All'interno di questo viaggio tra le immagini si inseriscono la bandiera dipinta di Costa Vece , Made in Lybia,2005 e la scultura di Jonathan Monk, The Moment Before You realise You are Not Lost, 2003: un disco di specchio circolare sospeso, che l'aria e la temperatura fa ruotare. È immediato cogliere il proprio sguardo e successivamente perderlo. Una condizione che attraversa la comunicazione mediatica, affettiva, culturale.
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