Franco Fontana. Architectural Abstractions

Franco Fontana, Expo 01

 

Dal 06 Febbraio 2016 al 10 Aprile 2016

Milano

Luogo: Expowall

Indirizzo: via Curtatone 4

Orari: da martedì a sabato 10-18 e su appuntamento

Telefono per informazioni: +39 393 875 95 32

E-Mail info: info@expowallgallery.com

Sito ufficiale: http://www.expowallgallery.com



Expowall, la nuova galleria di fotografia aperta da Pamela Campaner e Alberto Meomartini a Milano in via Curtatone 4, ospiterà dal 12 al 30 gennaio Architectural Abstractions, la mostra delle fotografie di Franco Fontana sui padiglioni di Expo 2015.

Il lavoro, già esposto presso la Fondazione Eni Enrico Mattei nel mese di novembre come anteprima alle successive tappe e sempre curato da Expowall, conta 42 scatti in formati e montaggi differenti. Sarà per gli appassionati l’occasione di godere l'inedita prospettiva del lavoro del maestro modenese su Expo 2015.

Una selezione di Architectural Abstractions farà parte della retrospettiva prodotta da Civita Tre Venezie Full color. Polaroid e astrazioni architettoniche evento espositivo principale della rassegna Serravezza Fotografia, dal 6 febbraio al 10 aprile 2016 a Seravezza in Versilia (Lu). A margine Quelli di Fontana la mostra delle opere degli allievi del maestro.

Di seguito il breve saggio che l’economista Giulio Sapelli ha voluto dedicare a questo lavoro.

Roland Barthes in "L’obvie et l’obtus", un volume d’essais critici consacrati "aux domaines du visible (image, photo, peinture) et de la musique", affermava‎: «Le sens symbolique s’impose à moi par une double détermination: il est intentionnel (c’est ce qu’a voulu dire l’auteur) et il est prélevé dans une sorte de lexique général, commun, des symboles: c’est un sens qui va au devant de moi. Je propose d’appeler ce signe complet le sens obvie. Quant à l’autre sens, celui qui vient “en trop”, comme un supplément que mon intellection ne parvient pas bien à absorber, à la fois têtu et fuyant, lisse et échappé, je propose de l’appeler le sens obtus».‎
Ebbene, dinanzi alle fotografie di Franco Fontana questo intrecciarsi dei sensi evocati da Barthes si compone con una raffinata e distinta originalità davanti al Nostro "à moi même", di colei o colui che guarda le fotografie.
Le guardiamo, le guardo, con un amore che mi s'impone in primo luogo per la bellezza cromatica: ciò che l'autore mi trasmette è solo superficialmente pienamente disvelato, ma non di meno mi colpisce profondamente.
Fontana, infatti, propone l'immediatezza di una raffinatissima mediazione linguistica ch'Egli domina magistralmente tra tradizioni pittoriche e tradizioni architettoniche. Esse sono proposte l'un con l'altra compenetrate. Ecco l'eco del colorismo di Morlotti e del Blau Reiter e, ancor prima - nella storia dell'arte - del filone lombardo del paesaggio classico, con le larghe campiture di colore come nella storica Sua opera dedicata alla Basilicata, un'opera dei primi anni Settanta e indimenticabile.
Ma, nel mentre, quelle campiture sono divenute citazioni del costruttivismo russo più che del futurismo italiano, quando sfidano le monumentalità dell’architettura postmoderna con citazioni raffinatissime addirittura dell’ornato che inizia dall'Alberti per giungere ai Piano e ai Gregotti.
Certo: un "sens obvie", per dirla con il grande Barthes, ma pur sempre un "obvie" che pochi riconoscono nella Sua grammatica, nel Suo lessico, tanto colta, intellettuale, "tutta di testa", è questa la grammatica fotografica di Fontana.
Per chi non può o non sa o non vuol far lo sforzo di coglierlo - quel senso, simbolico, ricordiamolo! - rimane comunque la fascinazione di uno dei Maestri mondiali del colorismo fotografico dotato di una tecnica magistrale e di un'invenzione formale senza soste rinnovantesi.
Questo "sens obvie" nelle opere qui presentate raggiunge livelli sino a ora mai toccati dal Maestro. Egli costruisce con il lessico di quell'architettura cifrata che è nei padiglioni dell'EXPO un vocabolario moderno e postmoderno dedicato – sì dedicato con una passione calibratissima - all'architettura mondiale che su quel decumano ha celebrato e celebra i suoi fasti.
Più problematico "le sens obtus", ossia quel “di più” emozionale che l'autore evoca ma che solo la Nostra conoscenza e la Nostra immaginazione possono proporre al Nostro spirito. Per questo l'"obtus" è "têtu" e "lisse" insieme.
Merleau-Ponty ha descritto con pagine indimenticabili questo stadio "dell'immaginare l'arte con l'arte": esso, questo immaginare, su cui anche Sartre si è cimentato, sorge solo se si è dotati di una soglia critica che mentre riconosce e accetta il messaggio dell’autore un altro ne aggiunge. E qui è decisiva la personalità, la cultura dell'osservatore "che immagina"...
Se il messaggio dell’autore è sempre transitivo, perché l'opera d’arte se non è vista non è, così come la musica se non è udita non è, anche la fotografia aggiunge sempre un altro senso che si distacca da quello nato con l’autore perché sorge e si forma ogni volta che un osservatore, un collezionista, un amante dell’arte e quindi della fotografia, guarda l’opera‎ fotografica.
A me pare che il vero senso simbolico "obtus" fontaniano, che certo è tanto vario quanto molteplici sono e saranno coloro che rispecchieranno il loro spirito nel Suo spazio fotografico, questo senso obtus sia sempre una via di salvezza rispetto all’essere moderno. Una salvezza rispetto a Noi stessi che viviamo sempre colpiti da quella reificazione tecnica che la nuova monumentalità dell'architettura costruita con le nuove meraviglie tecnologiche diffonde sull'universo artificiale che non solo ci circonda ma che troppo spesso ci opprime.
Fontana propone sempre di superare simbolicamente l'atletismo tecnico della nuova architettura ritrovandone il significato di una bellezza che il Maestro costruisce e ricostruisce con il Suo inquadrare e colorare e simbolicamente arricchire tramite il complesso reiterare di citazioni tratte dalla pittura delle avanguardie e da quella spazialità tutta svincolata dai limiti della tradizione che l'architettura del nuovo millennio porta con sé.
Riscoprire una bellezza insieme aulica e non naturalistica è il "di più" simbolico che Franco Fontana ci dona con questa esposizione che è un irripetibile evento.

Giulio Sapelli


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