Pio Tarantini. Logografie. Tracce e simboli tra memorie e visioni

Pio Tarantini, Valdivedro, 2003, #08

 

Dal 16 Aprile 2015 al 09 Maggio 2015

Milano

Luogo: Spazio Ostrakon

Indirizzo: via Pastrengo 15

Orari: da martedì a sabato 15,30-19,30

Telefono per informazioni: +39 331 2565640

E-Mail info: info@spazioostrakon.it

Sito ufficiale: http://www.spazioostrakon.it/


Il progetto espositivo Logografie. Tracce e simboli tra memorie e visioni, di Pio Tarantini, comprende una selezione di opere che tracciano un percorso attraverso fotografie di muri dipinti o colorati nella spontaneità di situazioni diverse e in diversi luoghi d’Italia. Ogni muro racchiude una storia che può essere di valenza simbolica (la bandiera italiana, elementi simbolici di un paese o religiosi) oppure di valenza narrativa (i graffiti naif di un personaggio eccentrico, un messaggio pubblicitario, scritte infantili) o ancora di pura decorazione, istituzionale o di protesta.
Due installazioni sono parte fondamentale del progetto. La prima è una sequenza di cinque fotogrammi stampati in grande formato che riproducono un vecchio chassis di macchina fotografica all’interno del quale si intravede la fotografia della bandiera italiana dipinta su un vecchio muro.
La seconda è costituita da due cassettiere per caratteri tipografici dove nelle caselle sono stati collocati frammenti di corrispondenza privata e spezzoni di pellicole cinematografiche, come residuo di memoria che emerge da due tipi diversi di comunicazione, quella epistolare e quella filmica.
Il lavoro si intitola  Logografie, nel senso etimologico più vasto di unione tra logos, il pensiero, la parola, e graphia, la scrittura, nella doppia valenza di convenzione linguistica e di rappresentazione iconica attraverso le immagini fissate sulla pellicola foto-cinematografica.
 
Estratto dal testo di presentazione Il segugio del tempo, di Silvana Turzio
 
[…] Pio Tarantini invece procede diversamente. Non pretende di elaborare la ripresa con contrasti forzati o con angolature interpretative. La sua ripresa è sempre frontale, per quanto possibile in asse con il frammento che vuole fotografare, nel rispetto generale delle tonalità di colore. Si tratta quindi di un’operazione documentaria, seriale e tematica. 
[…] Alla base della decisione di Tarantini si individua un’empatia poetica ed estetica con l’oggetto della ripresa: sceglie infatti immagini, scritte, narrazioni che per un verso o per l’altro risuonano nella sua ricerca come nota di base. 
[…] Il suo non è uno sguardo monumentale nel senso della glorificazione di architetture pregiudizialmente nobili ma è sguardo lento che va cercando quei frammenti di espressione spontaneamente armonici, classici nella composizione e nella coloritura, lontanissimi dalle sperimentazioni della street art più contemporanee. Frammenti che rivelano anche nello sconosciuto autore delle immagini e degli scritti una stratificazione culturale, seppur inconsapevole, consistente tuttavia come fosse intrisa nella stessa materia murale. Tarantini, in questo modo, cerca i messaggi buttati nella bottiglia del tempo, elementari e necessari, antichi per modo e per forma,  nei quali il tempo ha già cominciato la sua lenta opera di frammentazione e di cancellazione. 
 […] Così anche la bandiera dipinta vive la sua stagione. La sua bellezza non sta solo nella forma ma, in primis, nel suo essere dipinta su un muro sino a diventarne parte e in secondo luogo nella sua lenta e malinconica scomparsa. Tarantini, cogliendone il tempo, ne duplica la prima immagine fatta del murobandiera e la colloca in un’emblematica serie all’interno di uno chassis fotografico. 
[…] Tarantini gira intorno allo chassis come farebbe un prestidigitatore per velare e mostrare, per scoprire e di nuovo nascondere l’arcano del tempo prigioniero e sfuggente, colto illusoriamente nell’attimo di un’alzata, come per un’alzata gloriosa della bandiera fatta di mattoni. La bandiera, intanto, va lenta verso la sua scomparsa. Operazione semplice e lineare per puntare l’indice verso questo infrangibile muro del tempo, una volta ancora, e per tutte le infinite volte in cui ci porremo il quesito.

Esponente della fotografia contemporanea italiana in quanto autore e studioso Pio Tarantini è nato nel Salento, dove ha compiuto studi classici a Lecce, e si è trasferito nel 1973 a Milano dove ha completato gli studi laureandosi in Scienze Politiche presso l'Università Statale.
Ha realizzato in più di quaranta anni un corpus molto ricco di lavori fotografici esposti in molte sedi italiane pubbliche e private e pubblicati da molte importanti riviste italiane e internazionali. Ha realizzato una decina di volumi monografici e le sue ricerche sono state presentate o recensite dai più importanti critici italiani. Dalla fine degli anni ottanta scrive di fotografia collaborando nel corso degli anni con molte riviste; insegna linguaggio fotografico e sulla materia tiene corsi e conferenze. In qualità di saggista ha pubblicato tra l’altro negli anni più recenti due volumi: Fotografia. Elementi fondamentali di linguaggio, storia, stile (2011) e Fotografia araba fenice. Note sparse tra fotografia, cultura e il mestiere di vivere (2014). Sue opere sono conservate presso collezioni private e istituzioni pubbliche tra cui il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo.


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