Egitto Napoli. Collezione egiziana

Egitto Napoli. Collezione egiziana, Museo Archeologico Nazionale di Napoli

 

Dal 08 Ottobre 2016 al 31 Dicembre 2017

Napoli

Luogo: Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Indirizzo: piazza Museo Nazionale 19

Orari: dal lunedì alla domenica dalle ore 09.00 alle ore 19.30. Chiuso il martedì. Quando il martedì coincide con un giorno festivo il Museo resta chiuso il mercoledì. Chiuso il 25 dicembre e il 1 gennaio. La biglietteria chiude mezz’ora prima

Costo del biglietto: intero € 13, ridotto € 9

Telefono per informazioni: +39 081 4422149

Sito ufficiale: http://www.cir.campania.beniculturali.it/museoarcheologiconazionale



Momenti di fervore al MANN di Napoli.
Presentato a luglio dal nuovo Direttore Paolo Giulierini il piano strategico 2016-2019, dal prossimo 8 ottobre si riaprono al pubblico – dopo sei anni di chiusura – la Sezione Egiziana e la Sezione Epigrafica del Museo archeologico napoletano: oltre 1400 reperti nuovamente esposti e 10 sale riallestite con collezioni straordinarie.

LA PIU’ ANTICA COLLEZIONE EGIZIA IN EUROPA, LA PIU’ IMPORTANTE IN ITALIA DOPO TORINO
Fu il “Real Museo Borbonico di Napoli” il primo tra i grandi musei europei a istituire una sezione dedicata alle antichità egizie. Era il 1821 e l’allora direttore, Michele Arditi, inaugurò “Il Portico dei Monumenti Egizi”, facendovi confluire l’interessante collezione Borgia, il Naoforo Farnese (forse il primo oggetto egiziano acquisito dal Museo di Napoli) e svariati reperti rinvenuti in Campania in contesti archeologici di epoca romana, descritti l’anno successivo da Giovanbattista Finati in una Guida per la visita delle collezioni.
Seguiranno a ruota gli altri Paesi: nel 1823 Berlino, nel 1824 Torino e Firenze, nel ‘26 il Museo del Louvre a Parigi e nel 1830 i Musei Vaticani.
Dunque, la più antica collezione egizia d’Europa, divenuta con gli acquisti successivi anche la più importante e ricca d’Italia dopo Torino, torna finalmente ad essere esposta al pubblico dal prossimo 8 ottobre 2016 – a sei anni dalla chiusura delle sale – nella Sezione Egiziana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Una conferma del processo di profondo rinnovamento avviato al MANN dal nuovo direttore Paolo Giulierini, che, pochi mesi fa, ha pure inaugurato la splendida Sala dedicata ai “Culti Orientali”: entrambi eventi conclusivi dell’importante progetto “Pompei e l’Egitto”, condotto in collaborazione tra il Museo Egizio di Torino, la Soprintendenza di Pompei e appunto il Museo napoletano.
Gli oltre 1200 oggetti di una raccolta davvero unica, formatasi in gran parte prima della spedizione napoleonica – importanti parti di mummie e sarcofagi, vasi canopi, numerosi e preziosi ushabty, sculture affascinanti come il monumento in granito di Imen-em–inet o la cosiddetta Dama di Napoli, statue cubo e statue realistiche, stele e lastre funerarie di notevole fattura, cippi di Horus e papiri – torneranno visibili in un allestimento progettato dal MANN e dall’Università “l’Orientale” di Napoli, completamente ripensato rispetto al precedente, datato alla fine degli anni Ottanta.
UN NUOVO PERCORSO, UN NUOVO ALLESTIMENTO PER RACCONTARE I FARAONI
Il percorso nelle sale del seminterrato del MANN – oggetto di specifici interventi per il controllo microclimatico e illuminotecnico – sarà ora tematico e rileggerà i materiali del museo svelando il fascino della grande civiltà egizia: “il faraone e gli uomini”, “la tomba e il suo corredo”, “la mummificazione”, “la religione e la magia”, “la scrittura e i mestieri”, “l’Egitto e il Mediterraneo antico”. 
Un’ampia sezione introduttiva presenterà – anche attraverso l’esposizione di falsi settecenteschi, di calchi ottocenteschi e di esempi dell’arredo antico – le vicende della sezione e delle sue raccolte, preziose testimonianze di storia del collezionismo egittologico. 
Qui infatti conosceremo la figura del cardinale Stefano Borgia che animato da interesse storico e antiquario e agevolato dal suo ruolo di Segretario di Propaganda Fide, tra il 1770 e il 1789, implementò la collezione di famiglia di numerose antichità orientali dando vita a una vera e propria raccolta di “tesori dalle quattro parti del mondo”. Ereditata in parte dal nipote Camillo (che non fu certo in buoni rapporti con il governo pontificio, accusato tra l’altro d’essere tra i responsabili dell’invasione francese del Lazio), la raccolta fu acquistata nel 1815 da Ferdinando IV di Borbone. 
Quindi, conosceremo il veneziano Giuseppe Picchianti e la moglie, contessa Angelica Drosso, che all’indomani delle campagne napoleoniche in Egitto e delle sensazionali scoperte nella valle del Nilo, in pieno XIX secolo, furono tra quegli avventurieri e collezionisti pronti a recarsi nelle terre dei faraoni a caccia di reperti preziosi, animati dalla speranza di facili profitti. In un viaggio durato sei anni, misero insieme una raccolta notevolissima che tentarono di vendere prima al re di Sassonia e poi al Museo di Napoli, che tuttavia ne acquistò solo una parte nel 1828.
Insoddisfatto dal ricavato, un mese dopo, Picchianti donò la restante collezione allo stesso museo, a patto d’essere assunto come custode e restauratore delle antichità egizie (fece anche alcuni interventi sulle mummie), non mancando di approfittare del suo ruolo per sottrarre alcuni oggetti rivenduti poi al British Museum. 

LA COLLEZIONE EPIGRAFICA DEL MANN, TRA LE PIU’ PRESTIGIOSE AL MONDO. UNA SELEZIONE DI DOCUMENTI ECCEZIONALI PER LA STORIA DELLA SCRITTURA E LE VICENDE DELL’AREA NAPOLETANA
Storie che s’intrecciano, così come quelle che emergono dai materiali straordinari della Sezione Epigrafica del Museo napoletano, anch’essa finalmente riaperta al pubblico dal prossimo 8 ottobre, nel riordinamento curato dal dipartimento di Studi umanistici della Università Federico II di Napoli: la fondamentale restituzione alla fruizione di parte di una delle raccolte di iscrizioni del mondo greco-romano tra le più prestigiose al mondo (sono alcune migliaia i materiali epigrafici di proprietà del MANN di Napoli).
Dal nucleo Farnese, dalle raccolte dei Borgia come da quelle dell’erudito campano Francesco Daniele e di monsignor Carlo Maria Rosini fino ai ritrovamenti effettuati in Campania e nel Mezzogiorno d’Italia, dal Settecento ai giorni nostri, sono stati selezionati i documenti più significativi presenti nel Museo per la storia della scrittura e le vicende dei principali centri dell’area napoletana.
Nell’insieme: oltre duecento documenti, alcuni particolarmente rari, e – novità di questo riallestimento – le testimonianze di aspetti della vita pubblica e privata di norma difficilmente documentabili in centri diversi da quelli vesuviani, quali i manifesti elettorali, gli annunci di giochi di gladiatori, i graffiti su intonaco, a volte in versi a volte accompagnati da rozzi disegni. 
Dalla documentazione in lingua greca, con testi provenienti dalle colonie dell’Italia meridionale (le prime attestazioni di scrittura greca in Occidente, nella seconda metà dell’VIII secolo a.C., sono state scoperte a Pithecusa/Ischia) si passa alle iscrizioni provenienti proprio da Neapolis, dove il greco rimane lingua ufficiale fino alla caduta dell’Impero romano.
Eccezionale poi la raccolta di iscrizioni in lingue pre-romane dell’Italia centro-meridionale (in osco, vestino, volsco, sabellico),
come l’iscrizione in lingua volsca da Velletri del IV secolo a.C. o quella sabellica da Bellante della metà del VI secolo a.C. 
Tanti i materiali più significativi: le cosiddette Tavole di Eraclea, lastre bronzee incise su entrambe le facce, con testi in greco e latino di età differenti, rinvenute nel 1732 in Basilicata nel luogo di probabile riunione dell’assemblea federale della Lega italiota; in greco sono le Laminette orfiche di Thurii: sottili sfoglie d’oro provenienti da due sepolture del IV secolo a. C. appartenenti a una setta misterica di carattere popolare, non ignara dell’ortodossia orfico-pitagorica; in osco invece la Meridiana delle Terme Stabiane.
Ma vanno anche ricordati i frammenti (8 dei 12 rinvenuti sono infatti conservati al MANN) della cosiddetta Tavola bembina –
scoperta tra Quattro e Cinquecento e appartenuta prima ai duchi d’Urbino, poi all’umanista Pietro Bembo e quindi ai Farnese – con i testi della lex de repetundis e di una lex agraria relativa ad aree demaniali e – infine – le iscrizioni con i nomi di quanti vinsero i Sebastà in diverse edizioni, in gare atletiche, ippiche e artistiche, scoperte alla fine del XIX secolo durante i lavori del Risanamento in prossimità di Piazza Nicola Amore a Napoli dove, nel 2003 durante i lavori per la linea 1 della metropolitana, sarebbero stati rimessi in luce il tempio per il culto di Augusto e il portico di uno dei ginnasi di Napoli con numerosi altri frammenti di analoghe monumentali iscrizioni. 

DIDATTICA, NUOVA GUIDA PER LA SEZIONE EGIZIANA,UN ALBUM A FUMETTI FIRMATO BLASCO PISAPIA
Particolarmente attenta nei contenuti e nella grafica e arricchita da contributi multimediali sarà la didattica di entrambe le sezioni con l’aggiunta di una guida dedicata, in un nuovo formato editoriale, a cura di Electa specificatamente per la sezione egizia (la prima di una serie di nuove guide di sezione).
Sarà infine una vera sorpresa l’albo a fumetti, sempre dedicato alla Sezione egiziana del MANN (Electa) appositamente creato dal grande Blasco Pisapia per invitare i piccoli visitatori a scoprire le meraviglie racchiuse nel Museo. All’architetto e fumettista napoletano – che ha collaborato con le principali case editrici italiane di libri per ragazzi e che da vent’anni è autore completo Disney Italia/Panini –
si devono dunque i testi e i disegni di: “Nico e l’indissolubile problema…egizio”. 
Il fumetto rientra nel progetto OBVIA ideato da Daniela Savy (Università Federico II di Napoli) e da Carla Langella (Seconda Università di Napoli) con il quale il Museo Archeologico Nazionale di Napoli vuole proporre nuove modalità di fruizione e valorizzazione delle opere d’arte al di fuori dei consueti confini dei musei e dei siti culturali.

Fonte: Artribune

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