Giacomo Montanaro. Olimpiadi domestiche

Giacomo Montanaro. Olimpiadi domestiche, PAN - Palazzo delle Arti di Napoli

 

Dal 21 Marzo 2014 al 12 Aprile 2014

Napoli

Luogo: PAN - Palazzo delle Arti di Napoli

Indirizzo: via dei Mille 60

Orari: 9,30-19,30; domenica e festivi 9,30-14,30; martedì chiuso

Curatori: Giovanni Cardone

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 081 7958604

E-Mail info: pan@comune.napoli.it

Sito ufficiale: http://www.palazzoartinapoli.net


Una nuova mostra personale dal titolo “Olimpiadi domestiche” per l’artista di Torre del Greco, Giacomo Montanaro.
Dal 21 marzo al 12 aprile 2014 esporrà nelle prestigiose sale del PAN, Palazzo delle Arti di Napoli. Olimpiadi Domestiche è un reportage fotografico fatto di oggetti di uso domestico come la lampadina, il tappo, la lametta, la bottiglia. L’artista, intervenendo con la sua ormai nota tecnica “acido su carta fotografica”, crea, col suo inconfondibile tratto, figure di atleti che interagiscono con oggetti di uso comune. Si potranno ammirare, infatti, un lottatore di sumo che combatte con un cavatappi, una ballerina che danza su una lametta da barba, e così via. L’intento è di abbandonare ogni mendace conoscenza a priori del mondo delle forme, ogni pregiudizio, ogni sapere, per lasciarsi travolgere dall’ignoto, dal sogno, dal mistero seducente e meraviglioso dell’arte e della vita, al di là di apparenze e convezioni. Le immagini, inizialmente, sembrano obbedire a un formalismo convenzionale, privo di inflessioni. 
L’uso della macchina fotografica è come mezzo descrittivo per poi lasciarsi andare all’immaginazione, mantenendo sempre risoluzione formale. Le immagini scattate si piegano alla mercé dell’artista che usa i software come mani plasmanti la creta. Irrompe in un secondo momento con la pittura che continua l’opera del laboratorio di sviluppo, non lascia in pace l’emulsione che continuamente, caoticamente, perde strati superficiali a favore di figure e di colori. Rispetto ad altri lavori precedenti è oggi presente l’immagine fotografica, con la sua insita registrazione del dettaglio dell'esistenza quotidiana. La realtà dell’artista Giacomo Montanaro non ha velleità di denuncia o implicazioni sociali: egli va a saccheggiare immagini piccole, familiari, non icone come nella pop art, ma frugali, quasi banali, quotidiane. Il verismo di queste immagini dialetticamente plasma l’energia sciamanica della sua arte, non frena l’impulso energetico che lo costringe a danzare sul supporto fotografico, ma lo coinvolge a cercare la connessione olistica con lo schema cosmico delle cose. 
Questa tensione emotiva evocata dall’oggetto, che si libera come un fiume in piena nel gesto rapido di Giacomo Montanaro, non ha nulla a che fare con il cosiddetto "sovrannaturale". L’artista riconosce ogni cosa come un sistema energetico a sé, all'interno di un sistema energetico più grande: l’oggetto collocato sulla carta fotografica, come qualunque altra cosa, merita lo stesso tipo di rispetto, ogni elemento ha un suo ruolo nel grande schema cosmico delle cose, evoca nuovi significati, propone nuovi spazi cartesiani, dispone nuove relazioni tra le cose. L’arte di Giacomo Montanaro crea la sua realtà diversa da quella moderna o postmoderna a cui siamo abituati. Il prezzo del progresso sociale e tecnologico che abbiamo vissuto, è la definitiva separazione tra l'uomo e la quotidianità. 
A Giacomo Montanaro interessa la stampa fotografica come porta d’accesso per un mondo energetico che vuole sperimentare e vivere. Tutto è vivido e personale e facente parte di un cosmo vivente onnicomprensivo. Con questo artista si ha il superamento della fotografia come forma d’arte. La stampa fotografica risulta più misteriosa di una semplice tela di iuta, costituisce il buco nero che collega la sua anima ad un mondo superiore. A Montanaro e al suo mondo non bastano più i simulacri vuoti della pop art o il recupero dei materiali in una scenario decostruito e cangiante come nell’arte povera. Egli è più vicino a quell’uomo primitivo che ritualmente segnava il ventre della madre terra circondato da spiriti e divinità oscure che non a Keith Haring in cui il graffito è strettamente legato alla metropoli e al disagio metropolitano o all’ossessione per la riproduzione seriale. L’artista-sciamano vuole solo guarire o al massimo sopravvivere.

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