Jirí Kovanda / Stano Filko

Jirí Kovanda / Stano Filko, Fondazione Morra Greco, Napoli

 

Dal 12 Giugno 2014 al 13 Settembre 2014

Napoli

Luogo: Fondazione Morra Greco

Indirizzo: Largo Proprio di Avellino 17

Orari: da lunedì a venerdì 10-14

Curatori: Mira Keratova

Telefono per informazioni: +39 081 210690

E-Mail info: info@fondazionemorragreco.com

Sito ufficiale: http://www.fondazionemorragreco.com/


Il lavoro di Jirí Kovanda ha un carattere estremamente elusivo e minimalista ed è costituito principalmente da performance ed installazioni che affermano la libertà del singolo attraverso l’invisibilità della figura dell’artista a favore di una delicata esibizione dell’esistenza dell’oggetto. Le sue performance, documentate attraverso la fotografia,sono caratterizzate da piccoli interventi gestuali in contesti urbani che si articolano attraverso il coinvolgimento di persone o di oggetti d’uso comune, poetizzando l’esecuzione delle azioni più semplici e focalizzando l’attenzione sull’esplorazione dei limiti dell’autodeterminazione. La prima fase del lavoro dell’artista, a partire dalla metà degli anni 70’, va esaminata alla luce del totalitarismo sovietico e della totale eliminazione del concetto di individuo. L’azione ed il gesto, per quanto apparentemente ininfluenti sulla vita della collettività, nel lavoro di Kovanda assumono un carattere fondamentale e si impongono sia come mezzo per l’affermazione della libertà personale,che come strumento di presa di coscienza della realtà attraverso la messinscena di quello che, attraverso la documentazione, può apparire come un piccolo teatro dell’assurdo. Per la Fondazione Morra Greco,Kovanda realizza un’installazione site specific, un intervento delicatissimo concepito per il piano basamentale e tesoa suggerire un’atmosfera e modulare un’ambiente piuttosto che ad imporsi come opera d’arte. La disposizione di una serie di lampade collocate su pilastri, è realizzata a partire dalla posizione delle stelle della costellazione del Corvo. L’installazione è intitolata AboveOur Headsed il riflesso del cielo al di sopra dello spettatore viene restituito sul fondo del palazzo della Fondazione, come l’acqua di un pozzo che riflette la luminescenza della volta celeste.Il Corvo è una delle costellazioni più visibili dai cieli che sovrastano le aeree urbane, sia per la sua ridotta estensione che per la particolarità d’essere collocata in un'area povera di stelle brillanti. Kovanda ha così la capacità di trasporre la magnificenza del cielo in uno spazio chiuso, di creare un’atmosfera sottile grazie alla suggestione della luce artificiale che illumina il buio naturale, riuscendo ad attuare il superamento del limite spaziale dei piani e del tetto del palazzo nellarappresentazione di una cosmologia personale ottenuta tramite la ricollocazione di oggetti già esistenti. La scelta artistica di rispettare la natura delle lampade reperite, senza ulteriori modifiche a livello d’intensità luminosa o di adeguamento della luce dell’una rispetto all’altra, riflette il rispetto per il materiale e la volontà di non rendere l’artificio volutamenteartificioso. Altra caratteristica fondamentale del lavoro èinfattila visibilità dei fili elettrici che alimentano le lampade e creano un disegno sul pavimento.L’utilizzo del cavo elettrico come parte integrante del lavoro crea un evidente slittamento rispetto all’idea dell’oggetto, percepito abitualmente comeun inutile ingombro da nascondere. Il suo corrente utilizzo estetico assume la stessa importanza funzionale che il filo riveste per la generazione di elettricità e la scelta di mostrarlo effettuata da Kovanda diviene una personale presa di posizione nei confronti della concezione dell’oggetto e dellapercezione dello spettatore.
Le stelle che compongono la costellazione del corvo sono undici ma solo sei delle sue stelle sono luminose ad occhio nudo. Kovanda mostra ciò che è visibile, le stelle, ed ancheciò che viene solitamente celato, il cavo elettrico, dichiarandone la presenza quel tanto che basta per suggerire l’intervento artistico e facendo si che per scelta, solo l’essenziale e l’esistente per il singolo divenga visibile agli occhi di tutti.

L’opera di Stano Filko è estremamente ampia e dinamica. Si basa su un’incessante archiviazione di oggetti e documenti attraverso la realizzazione di installazioni e ambienti, fino alle voluminose e immateriali PROJECT ART, PROSPEKT ART E TEXT ART: queste ultime sono opere in cui il testo assume un ruolo centrale, realizzate con materiali diversi come carte recuperate e adattate (spesso carte millimetrate), plastica colorata e traforata, alluminio e persino il suono, come nel caso delle notevoli registrazioni sonore su vinile.
Da un lato Filko utilizza testi recuperati da libri e giornali, dall’altro elabora un proprio sistema ideologico autonomo, il cosiddetto SISTEMA PSICOFILOSOFICO. Partendo da un approccio apparentemente ermetico, quasi alchimistico, l’artista crea neologismi di un vocabolario essenziale, attraverso la composizione o l’abbreviazione di parole esistenti.
Molto presente nel suo lavoro è il concetto di numerologia. Secondo le descrizioni dell’artista, Filko attinge alla numerologia ebraica incentrata sul numero otto, a quella cosmica basata sul nove e alla centroeuropea che ruota intorno al numero dieci. Le componenti numerologiche sono integrate ulteriormente nel suo sistema attraverso l’iconografia e gli elementi ricorrenti nel suo lavoro quali specchi, frammenti di carta millimetrata, mappamondi, bombe, scale ecc.
Filko concettualizza la dimensione del tempo. Le sue composizioni spaziali appartengono prevalentemente al gruppo di lavori definiti POSTBIGBANG in cui l’artista affronta lo spazio FISICO (MATERIALIZZAZIONE – STORIA – RATIO – EGO). Altre composizioni rientrano invece nel gruppo di opere ANTEBIGBANG e simboleggiano il mondo METAFISICO. Un esempio è l’Universo, definito secondo quattro dimensioni di tempo puro: SENSUALITA’ – SENSIBILITA’ – EMOZIONE – SPIRITUALITA’. Né il POSTBIGBANG né l’ANTEBIGBANG si riferiscono esclusivamente alla creazione del cosmo ma sono legati alle incarnazioni di Filko (13-14-15 giugno 1937) e alle sue due morti cliniche del 1945 e del 1952.

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