Contemporary Cluster #06

© Gerald Bruneau

 

Dal 13 Gennaio 2018 al 25 Febbraio 2018

Roma

Luogo: Contemporary Cluster

Indirizzo: via dei Barbieri 7

Orari: dal martedì alla domenica dalle 11 a mezzanotte

Costo del biglietto: ingresso gratuito

E-Mail info: info@contemporarycluster.com

Sito ufficiale: http://www.contemporarycluster.com



Gerald Bruneau. KALEIDOSHISOKAOS. Fotografie dal Chelsea Hotel
In anni ormai lontani Joey Ramone, leader indiscusso di uno dei gruppi che ha reso il punk un movimento cultural senza precedenti, cantava “Hanging in the lobby of the Chelsea Hotel / On a wild psychedelic night, pretty wild / Like a drug I never did before a drug I never done / A drug I never did before this ain´t fun”.
La lobby e gli spazi del Chelsea Hotel, uno dei luoghi più iconici della città di New York, rivivono in una selezione di scatti realizzati da Gerald Bruneau negli anni Ottanta e presentati presso gli spazi di Contemporary Cluster, al piano mezzano di Palazzo Cavallerini Lazzaroni. “KALEIDOSHISOKAOS. Fotografie dal Chelsea Hotel” è il titolo della mostra che inaugura il 13 gennaio 2018 alle ore 18.30. Ciò che Bruneau restituisce è il fascino di un luogo avvolto nel mito, i cui corridoi sono stati attraversati da musicisti, scrittori, attori e registi che hanno lasciato un segno indelebile nella memoria storica che di questo edificioci è stata consegnata. Mark Twain, Dylan Thomas, William Borroughs, Jack Kerouac, Simone de Beauvoir, Charles Bukowsky, Allen Ginsberg, Leonard Cohen, Patty Smith,Iggy Pop, Jeff Beck, Sid Vicious e Nancy Spungen, Willem de Kooning, Robert Mapplethorpe sono soltanto alcuni dei frequentatori del Chelsea Hotel, eterodossi avventori o assidui frequentatori di quelle stanze che fornivano loro l’impermanenza di una stagione straordinaria che ha visto fiorire alcune delle menti più geniali del XX secolo.
Lo storico hotel, un edificio di dodici piani in stile vittoriano situato al 222 West 23rd Street, Manhattan, accanto al quartiere Chelsea, era stato fondato nel 1884 da Philip Huber, l’inventore di un bottone autoserrante impiegato per le divise dell’esercito unionista nella guerra tra nordisti e sudisti ed entusiasta sostenitore delle idee progressiste di Charles Fourier, il filosofo che si era fatto interprete di una critica feroce alla disumanizzazione indotta dal capitalismo ottocentesco e dalla moderna borghesia.
Le soluzioni abitative socializzanti suggerite da Charles Fourier sono dunque all’origine del Chelsea, esperimento sociale e urbanistico nato come una delle prime cooperative abitative di New York. Quello stesso edificio, partorito dalla mente illuminata di uomo ispirato da valori libertari e tensioni utopistiche, sarà, anni dopo, la meta privilegiata di intere generazioni di artisti e creativi. Con queste premesse, il Chelsea segna un cambiamento epocale che rivoluzionerà per sempre lo skyline newyorkese, fornendo agli artisti e ai suoi avventori un luogo magico, sospeso tra slanci utopici e ruvidezze distopiche di un mondo in rapida trasformazione.
Gerarld Bruneau, che quei luoghi densi di fascino li ha vissuti e attraversati, propone una selezione di dodici scatti realizzati negli anni ’80. Immagini di una autenticità coinvolgente, un percorso ascendente attraverso cui Bruneau racconta alcuni dei “testimoni di un mondo irripetibile e ineguagliabile per sfrontata provocazione e creatività come non ne vedrete mai più in certi personaggi che - ahimé- non tornano”.
Shizo, ex componente della band di Nina Hagen, che imperversava nei club più underground della città, sempre accompagnata dal produttore Umberto, il centododicenne Alpheus Cole, allievo del pittore e incisore francese Benjamin Constant, il compositore Virgil Thomas, lo scrittore e produttore di space music Alan Cohen, meglio conosciuto sotto il nome di Aloid, il performer Leigh Bowery e la moglie Nicola Bateman sono alcuni dei personaggi che Bruneau ha fotografato durante gli anni trascorsi al Chelsea. Una nutrita schiera di creativi, dropout, ma anche di rispettabili e venerandi intellettuali, che restituisce il milieu del fermento artistico di quegli anni. Le fotografie di Bruneau costituiscono una memoria irripetibile di attimi ormai lontani, trasudano di autenticità, intente come sono a catturare momenti della quotidianità di personaggi atipici ed eclettici.
 
Gerald Bruneau (Monte Carlo, 1947) ha iniziato la sua carriera professionale a New York negli anni Settanta, collaborando all’interno della Factory di Andy Warhol e realizzando ritratti e reportagesnegli Stati Uniti. Negli anni Ottanta si è trasferito in Italia dove ha iniziato a lavorare come freelance per prestigiose riviste. Ad anni più recentirisalgono i suoi interventi sui Bronzi di Riace e sulla Paolina Borghese, che hanno destato non poche polemiche. Ha lavorato per molti anni per l’agenzia Grazia Neri ed è stato uno dei fondatori della agenzia fotografica online Blackarchives. I suoi lavori sono stati pubblicati sulle riviste italiane ed estere più importanti, tra le altre, Washington Post, Time, Newsweek, Le Figaro, Le Monde.

Ciriaco Campus. TPQ Tavoli Pane Quadreria
Inaugura il 13 gennaio 2018, alle ore 18.30, nelle sale al terzo piano di Palazzo Cavallerini Lazzaroni, nuova sede di Contemporary Cluster, la mostra personale di Ciriaco Campus dal titolo “TPQ Tavoli Pane Quadreria”.
Verranno presentati al pubblico tre nuclei tematici di opere realizzate tra il 1998 e il 2016 con un allestimento curato dall’artista: “Tavoli d’Italia” (2007), “Private Collection” (2013-2015), “Pane” (1998-2016).
I “Tavoli d’Italia”, piani in marmo di Carrara che poggiano al di sopra di basi in metallo verniciate al forno, rappresentano un tour tutto italiano: essi portano incise, in lunghe serie, le ricette della gastronomia nazionale, l’elenco delle autostrade italiane, i risultati di una giornata di campionato dalla serie A alla serie D, oppure il Mib 30, il mercato azionario delle aziende italiane quotate alla borsa valori di Milano in una giornata del 2007. Identità, memoria e senso comune sono i temi che ricorrono all’interno di questi lavori che fissano, scolpendole nel marmo, le tracce di una storia comune nazionale lasciandone impressa una traccia eterna e mettendone in luce i punti di attrito rispetto alle moderne tecniche di riproduzione digitale.
“Private Collection” (2013-2015) è una quadreria di riproduzioni a dimensione reale di una selezione di opere d’arte, stampate su tela o altri supporti e antichizzate con metodi tradizionali, che dal Trecento arriva sino alla metà dell’Ottocento. Le opere di Raffaello, Turner, Rembrandt, Friedrich, David, Leonardo, Vermeer, Piero della Francesca, Canaletto, Bronzino, Bruegel, Michelangelo, Rubens, Dürer, tra gli altri, vengono riattualizzate dagli interventi dell’artista che giustappone ai quadri gesti di violenza contemporanea. Il pubblico compie un viaggio attraverso la storia dell’arte, reinterpretata e riproposta attraverso un allestimento che si ispira alle quadrerie del Settecento. All’arte classica viene riconosciuta la funzione di rappresentare quanto di positivo, etico e naturale l’uomo ha creato, esposta pertanto alla violenza fisica e culturale che ci circonda.
 “Pane” (1998-2016), formata da due opere, costituisce il terzo e ultimo nucleo tematico dei lavori esposti da Ciriaco Campus. La prima è formata da due grandi fotografie realizzate a diciotto anni di distanza: una piramide di pani – impastati e cotti dall’artista - esposti nel 1998 all’American Academy di Roma dal titolo World Food Day che viene messa a confronto con una seconda fotografia in cui campeggia una identica piramide di pani, questa volta fatti di cartone pressato. Le fotografie realizzate da Campus sono scattate in completa assenza di contrasti luci-ombre, amplificando il carattere esclusivamente informativo delle immagini, private della loro convenzionale forza seduttiva propria del linguaggio pubblicitario.
La seconda opera, 9 Pani per Aleppo del 2016, è una mensola in alluminio verniciato su cui sono allineati pani in cartone pressato, richiamando esplicitamente “World Food Day”. E’ stata realizzata in occasione del lungo assedio subito dalla città di Aleppo.
Questi due lavori esposti in mostra ripropongono temi ricorrenti nel lavoro di Campus che spesso insiste sul senso di straniamento e spiazzamento dello spettatore posto di fronte alla crasi tra realtà e finzione. Un gioco dell’assurdo quello proposto da Campus che mette in luce le strutture discorsive del reale e le sovrastrutture ideali che lo informano.
Critica istituzionale, provocatorio allontanamento dagli stilemi convenzionali del sistema artistico, messa in scena del vero e del falso per indagare i dispositivi della comunicazione, sono alcune delle caratteristiche salienti di un viaggio attraverso la materia, sospeso continuamente tra realtà e finzione, tra passato e presente.
 
Ciriaco Campus La sua ricerca si caratterizza negli anni Ottanta per la forte presenzialità della materia. Tra la fine degli anni Ottanta e per tutti gli anni Novanta il lavoro di Campus si definisce intorno ai temi della convenzione e della messa in scena, del vero e del falso, dell'identità, della comunicazione e della memoria. Realizza installazioni e videoinstallazioni, lavorando sul contesto e ponendo attenzione alla site-specificity.

Piero Mottola. Relational Ring. Algoritmo cromatico emozionale
Inaugura il 13 gennaio 2018, alle ore 18.30, nella sala quadrata all’ultimo piano di Palazzo Cavallerini Lazzaroni la mostra personale dell’artista e musicista Piero Mottola dal titolo Relational Ring. Algoritmo cromatico emozionale, una serie di ventuno stampe digitali (corredate di disegno del progetto) su carta litografica che riproducono l’installazione omonima esposta nel 2013 presso il MAMBA, Museo Arte Moderna di Buenos Aires (curata da Massimo Scaringella e Laura Buccellato).
Relational Ring è un’opera basata su un algoritmo cromatico emozionale, generato con il Modello di relazione a 10 emozioni (2000), che si snoda nella sua interezza sulle quattro pareti della sala. Attraverso questo modello, risultato di esperimenti compiuti dal 1994 e realizzati per conoscere le potenzialità evocative dei rumori, così come quelle delle relazioni di distanza tra i dieci parametri emozionali - paura, angoscia, agitazione, collera, tristezza, stupore, eccitazione, piacere, gioia, calma - è possibile articolare una serie variabile di passeggiate emozionali che tengano presenti le relazioni tra una specifica emozione con le altre nove, a partire da una scala variabile che va dal valore minimo 1, ovvero quello di massima vicinanza cromatica emozionale, al valore massimo di 9, il massimo contrasto cromatico emozionale.
L’algoritmo emozionale sviluppa in tal modo ventuno settori con strutture di complessità crescente, organizzate su quattro livelli e relazionate nel tempo/spazio fino a completare perfettamente tutto il perimetro della sala. Il risultato è quello della generazione di un anello cromatico emozionale che, a prescindere da qualunque velleità narrativa o espressiva della soggettività dell’autore, si pone come stimolo per un’esperienza cromatico emotiva in progress che lo spettatore interpreterà e declinerà liberamente.
Mottola impiega un metodo sperimentale che, attraverso la costruzione di sistemi di relazione empirici complessi, mira ad ottenere un’investigazione sul piano estetico ed emotivo dei contenuti percettivi ed emozionali. Il risultato è un ambiente in cui lo spettatore è chiamato ad agire lo spazio che attraversa mettendo in azione una fitta rete di scambi tra componenti percettive ed emozionali che fanno dell’opera un campo relazionale mutevole e suscettibile di continue variazioni. Il pubblico agisce in tal modo come attivatore di senso dell’opera, costruita attraverso il coinvolgimento sperimentale nel gioco dei parametri emotivi stabiliti dall’artista.

Piero Mottola è artista e musicista sperimentale, docente di Sound Design e Plastica Ornamentale all’Accademia di Belle Arti di Roma. Direttore del LER, Laboratorio di Estetica del Rumore. La sua formazione avviene nell’ambito della TeoriaEventualista presso il Centro Studi Jartrakor di Roma dove nel 1988 tiene la sua prima personale con gli esperimenti “Miglioramento-Peggioramento”. Indaga la soggettività e la libera interpretazione del fruitore a strutture visive e sonore attraverso esperimenti e misurazioni. E’ stato invitato da diverse Università Internazionali a tenere conferenze e a svolgere Master sulla relazione tra rumore ed emozione.
I risultati di tali ricerche sperimentali sono stati pubblicati nel libro Passeggiate emozionali, dal rumore alla Musica Relazionale, presentato in diverse Università italiane e internazionali e nell’ambito di trasmissioni culturali della radiotelevisione nazionale italiana, Rai Uno, Rai Radio Tre e Radio Cultura Argentina.  Queste ricerche sono state presentate anche in diverse istituzioni private e museali nazionali e internazionali.

Paolo Cenciarelli. Unbookable Room
Al suo interno, cose che non puoi avere, cose che desideri.
Aria densa. 
 
“Ho ricercato i materiali per il piano meno uno partendo dalla storia della stanza 100 del Chelsea Hotel. In quella stanza Sid Vicious forse uccise la sua compagna Nancy. Un evento quasi ovvio.
L’amore è una catena, le dipendenze sono catene. 
L’amore e le dipendenze, la loro conclusione. 
Una continua risoluzione, una continua rinascita, un resuscitare: questo quello che lega tutti i materiali che porterò all’interno della stanza The Cave”.
 
Al piano meno uno di Contemporary Cluster Paolo Cenciarelli presenta un progetto inedito nato dagli spunti forniti a partire dalle suggestioni della stanza numero 100 del Chelsea Hotel. Una ricerca sulle catene che lo tengono legato a radici che non conosceva ma erano sue, una ricerca sulle catene “ritrovate” nel Chelsea Hotel a partire dalla stanza di Sid e Nancy.
 



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