D'Apres Rodin. Scultura italiana del primo novecento

D'Apres Rodin. Scultura italiana del primo novecento, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Roma

 

Dal 11 Febbraio 2014 al 18 Maggio 2014

Roma

Luogo: Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea

Indirizzo: viale delle Belle Arti 131

Orari: da martedì a domenica 10.30-19.30

Curatori: Stefania Frezzotti

Costo del biglietto: integrato mostra - museo: intero € 12, ridotto € 9.50

Telefono per informazioni: +39 06 32298221

E-Mail info: s-gnam.comunicazione@beniculturali.it

Sito ufficiale: http://www.gnam.beniculturali.it


In concomitanza con la mostra “Rodin. Il marmo, la vita” presso il Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano (18 febbraio - 25 maggio 2014), la Galleria nazionale d’arte moderna organizza una mostra incentrata sulla diffusa e trasversale influenza esercitata da Auguste Rodin sulla scultura italiana dei primi decenni del Novecento, a partire dalla risonanza suscitata dalla sala personale dell’artista francese presso la Biennale di Venezia del 1901.
Il michelangiolismo filtrato attraverso Rodin costituì, come è noto, un forte impulso al rinnovamento formale della scultura italiana del primo decennio del Novecento, ma le novità strutturali introdotte da Rodin nella sua plastica, le relazioni spaziali ed espressive con le quali è affrontata la figura umana, la poetica del corpo deformato e mutilato sono elementi che daranno i loro frutti ben oltre gli inizi del secolo, tanto che Rodin è considerato per molti aspetti un precursore della scultura contemporanea. Non bisogna dimenticare infatti che Umberto Boccioni trasse l’ispirazione per la sua scultura Forme uniche della continuità dello spazio, icona dell’avanguardia futurista, dalla visione di L’uomo che cammina all’Esposizione Internazionale di Roma nel 1911.
La mostra propone opere di scultori italiani in gran parte presenti nelle collezioni della Galleria nazionale d’arte moderna, fra i quali Medardo Rosso, legato allo scultore francese da sentimenti di ammirazione e conflittualità; da altre collezioni sia pubbliche che private provengono opere di artisti che hanno trovato nella plastica di Rodin un modello ispirativo che arriva fino alle soglie degli anni Quaranta.
Nel primo decennio del Novecento Rodin dominava indiscutibilmente lo scenario della scultura europea come un gigante con il quale confrontarsi, un passaggio obbligato che bisognava comunque attraversare per passare oltre. Le numerose partecipazioni di Rodin alle principali esposizioni italiane esercitarono una decisiva influenza su una generazione di scultori che avvertiva la necessità di liberarsi dalle formule abusate dell’accademismo, del naturalismo, del simbolismo. La rilettura operata da Rodin di Dante e Michelangelo nella straordinaria Porta dell’Inferno, la rivisitazione della statuaria antica come fonte vitale per la modernità, costituirono un potente veicolo di penetrazione all’interno della cultura italiana ancora pervasa da concezioni idealistiche e nazionaliste e quindi già favorevolmente predisposta ad assorbire le novità del maestro francese. La selezione delle opere esposte, lungi dall’essere esaustiva, mette in luce confronti e derivazioni da modelli rodiniani, a partire dai temi danteschi nelle sculture di Carlo Fontana e Domenico Trentacoste, e dalla diffusione del ‘non finito’ michelangiolesco, spesso privato dell’originaria componente neo-platonica, inteso come dualismo-contrasto tra il modellato levigato della figura e la materia scabra, come si può constatare nel monumento a Segantini La Bellezza liberata dalla materia di Leonardo Bistolfi, nella bellissima serie dei sei Bassorilievi in marmo rosa di Libero Andreotti, nella Testa di Arturo Dazzi della Galleria d’arte moderna di Roma Capitale, ma anche in applicazioni meno drammatiche (Trentacoste, Nudo di donna, Quadrelli, Testa di donna)
Nel secondo decennio del secolo, la vasta produzione scultorea del maestro francese continua a fornire prototipi formali per opere di segno completamente mutato, come nella Lupa di Graziosi, che replica in una sensuale versione femminile il modello originario dell’Ugolino della Porta dell’Inferno, o negli Amanti di Prini, rielaborazione in chiave secessionista del più celebre Bacio. Mentre si affievolisce l’ondata del michelangiolismo e la scultura tende sempre di più verso la sintesi delle forme, la poetica squisitamente rodininiana del ‘frammento’, del torso, del corpo senza testa, della figura parziale come opera compiuta, è stata feconda di sviluppi per l’arte italiana successiva agli anni Dieci e nel primo dopoguerra (Zanelli, Ninfa dormiente; Prini, Torso). Dopo la guerra, dopo la morte di Rodin nel 1917, il clima culturale e politico italiano, orientato verso il ritorno all’ordine e alla strutturalità architettonica dei volumi, sembra relegare sempre più lo scultore francese al XIX secolo. Ma la vitalità della sua scultura sopravvive ancora, tra ricorrenze e consonanze, nell’assimilazione citazionista, personalissima e geniale, di Arturo Martini. 

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