Giorgio Ortona. Nomi, cose e città

© Giorgio Ortona

 

Dal 07 Dicembre 2016 al 15 Gennaio 2017

Roma

Luogo: MACRO Testaccio

Indirizzo: piazza Orazio Giustiniani 4

Orari: da martedì a domenica 14-20. La biglietteria chiude 30 minuti prima

Curatori: Gabriele Simongini

Enti promotori:

  • Roma Capitale
  • Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
  • In collaborazione con M77 Gallery di Milano

Costo del biglietto: intero non residenti 6, residenti 5 €; idotta: non residenti 5 €, residenti 4 €

Telefono per informazioni: +39 060608

E-Mail info: macro@comune.roma.it

Sito ufficiale: http://www.museomacro.org



Grandi vedute urbane, e poi corpi, interni, sacchi di cemento, bassi elettrici, calchi di dentiere. Ecco la mostra “Nomi cose e città” di Giorgio Ortona, curata da Gabriele Simongini e promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con M77 Gallery di Milano.
 
Famoso per la sua innegabile passione per le palazzine, quelle romane in particolare, e soprattutto quelle poste fra centro e periferia, l’artista mette in mostra al MACRO Testaccio (8 dicembre 2016 - 15 gennaio 2017) una sorta di vertiginoso censimento di quel visibile metropolitano che costituisce il suo territorio di caccia prediletto. Una specie di ossessione classificatoria che richiama ludicamente, come dice il titolo della mostra, il gioco “Nomi cose e città” che era tanto in voga qualche decennio fa e che per il nostro artista è anche un irresistibile richiamo all’infanzia.
 
Il nucleo centrale della mostra si basa su una serie di grandi vedute urbane dedicate alle palazzine romane ed ai cantieri. E nellʼallestimento si realizzerà un coinvolgente cortocircuito dimensionale, visto che le opere esposte andranno dal formato cartolina a quello cinemascope. In una sorta di ideale giro dʼItalia e poi del mondo, compariranno anche vedute, edifici e cantieri di Napoli, Palermo, Il Cairo, Kiev, Nuova Delhi, tutti simili ed anonimi come immagini di un mondo globalizzato ed omologato. È il trionfo di un anonimato quotidiano che rende protagonista solo la pittura, una pittura meticolosa come quella di un pittore antico e fondata essenzialmente sul bisturi analitico e costruttivo del disegno.
 
Ne emerge, come scrive nel suo saggio in catalogo Gabriele Simongini, “il sublime quotidiano come fatto concreto, con una struttura e uno scheletro, perfino un ritmo. E Giorgio Ortona lo cerca ansiosamente salendo sulle terrazze condominiali con la stessa trepidazione con cui i romantici ascendevano alle vette delle montagne alla ricerca del divino nello spettacolo della natura. A lui, però, agnostico dichiarato, la trascendenza non interessa, pur perseverando nella ricerca di un proprio, personale assoluto che appunto è forma, composizione, struttura, ritmo”.
 
“Cerco lʼassoluto - dice Ortona - attraverso le forme. E quando mi chiedono di dare una definizione a quel che faccio dico solo che sono un pittore. Non voglio illustrare niente né essere connotato”.
È questo il punto: ad Ortona sta troppo stretta la classificazione di “pittore figurativo”, come si vedrà in mostra. Nellʼinsisterci sopra, nota ancora Simongini, “si limita lʼampiezza pluralista di una ricerca che ha forte analogia con la musica (lo ribadiscono, fra lʼaltro, anche la passione di Ortona per il jazz elettrico, da lui suonato e lʼattenzione maniacale alla composizione, come se la tavola fosse un pentagramma) e con sintetiche componenti astrattive. Se da un lato è inevitabile pensare, solo per fare due nomi fra i più importanti per la pittura di Ortona, alle periferie del secondo dopoguerra di Renzo Vespignani (grande artista scandalosamente misconosciuto) e allo sconvolgente realismo di Antonio Lòpez Garcia, sotto un altro punto di vista è lecito chiamare invece in causa Piet Mondrian, mutatis mutandis, con il suo neoplasticismo musicale ed universale che si chiude e si rinnova al tempo stesso a contatto col diorama metropolitano di New York City”.
 
Nel catalogo (Prearo Editore) sarà pubblicato un saggio di Gabriele Simongini, oltre ad unʼampia antologia critica e alle riproduzioni delle opere esposte.

Nato a Tripoli nel 1960, si è laureato in architettura allʼUniversità di Roma e ha poi seguito un corso internazionale di pittura a Cadice sotto la direzione di Antonio López García. Nel 2011 ha partecipato alla 54° Biennale di Venezia, nel Padiglione Italia (su segnalazione ed invito di Antonio López García) e nel Padiglione della Repubblica Cubana.
Nel 2012, la sua opera “Cantiere Pantanella”, è stata esposta nella mostra “Dalla Collezione MACRO”, al MACRO Testaccio di Roma.

Inaugurazione: 07 Dicembre 2016 ore 17.30

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