Demian. Rainbow Dance
Dal 01 Settembre 2015 al 19 Settembre 2015
Torino
Luogo: Burning Giraffe Art Gallery
Indirizzo: via Eusebio Bava 8/a
Orari: da martedì a sabato 14:30-20
Telefono per informazioni: +39 011 5832745
E-Mail info: info@bugartgallery.com
Sito ufficiale: http://www.bugartgallery.com
L’attività espositiva di Burning Giraffe Art Gallery riprende martedì 1 settembre 2015, dopo la pausa estiva, con la personale del giovane pittore Paolo Lupo, in arte Demian (Torino, 1987). La mostra, intitolata Rainbow Dance, è composta da una collezione di quindici opere su carta, ognuna delle quali è una tappa di un percorso di evoluzione artistica teso alla liberazione espressionistica dell’interiorità sotto forma di pulsioni cromatiche.
Come lo Zarathustra di Friedrich Nietzsche, l’artista si muove a passo di danza. La Danza Arcobaleno cadenzata dall’allestimento è un crescendo tanto estetico quanto conoscitivo e segue i passi di una maturazione che hanno portato l’artista a perdere la sicurezza elegante, ma rigida, della figura, per ritrovare se stesso nell’immediatezza di un’astrazione eterea e melliflua. Più che silhouette, o profili, i ritratti di Demian sono visualizzazioni energetiche, traduzioni cromatiche dell’interiorità dei personaggi protagonisti dei dipinti, che, inevitabilmente, si congiungono con quella dell’artista stesso, il quale è tutt’uno con le sue opere, sin dalla scelta del nome d’arte, che fa riferimento sia all’omonimo romanzo di Herman Hesse, che alle tradizioni mistiche, gnostiche e neoplatoniche. Nell’Apologia di Socrate, Platone faceva dire al suo maestro: «C’è dentro di me non so che spirito divino e demoniaco; è come una voce che io ho dentro sin da fanciullo; la quale, ogni volta che mi si fa sentire, sempre mi dissuade da qualcosa che sto per compiere, e non mi fa mai proposte». Quella voce è il dáimōn, o démone, la parte divina dell’essere umano, che lo infonde di coscienza morale e lo apre all’illuminazione artistica. Nei dipinti di Demian confluiscono secoli di filosofie e religioni, che si trasfigurano nell’immediatezza e nella profondità del colore, nella leggerezza serena di una danza arcobaleno.
«Potrei credere solo a un dio che sapesse danzare. E quando ho visto il mio demonio, l'ho sempre trovato serio, radicale, profondo, solenne: era lo spirito di gravità, grazie a lui tutte le cose cadono. Non con la collera, col riso si uccide. Orsù, uccidiamo lo spirito di gravità. Ho imparato ad andare: da quel momento mi lascio correre. Ho imparato a volare: da quel momento non voglio più essere urtato per smuovermi. Adesso sono lieve, adesso io volo, adesso vedo al di sotto di me, adesso è un dio a danzare, se io danzo».
Friedrich Nietzsche, Così parlo Zarathustra
Come lo Zarathustra di Friedrich Nietzsche, l’artista si muove a passo di danza. La Danza Arcobaleno cadenzata dall’allestimento è un crescendo tanto estetico quanto conoscitivo e segue i passi di una maturazione che hanno portato l’artista a perdere la sicurezza elegante, ma rigida, della figura, per ritrovare se stesso nell’immediatezza di un’astrazione eterea e melliflua. Più che silhouette, o profili, i ritratti di Demian sono visualizzazioni energetiche, traduzioni cromatiche dell’interiorità dei personaggi protagonisti dei dipinti, che, inevitabilmente, si congiungono con quella dell’artista stesso, il quale è tutt’uno con le sue opere, sin dalla scelta del nome d’arte, che fa riferimento sia all’omonimo romanzo di Herman Hesse, che alle tradizioni mistiche, gnostiche e neoplatoniche. Nell’Apologia di Socrate, Platone faceva dire al suo maestro: «C’è dentro di me non so che spirito divino e demoniaco; è come una voce che io ho dentro sin da fanciullo; la quale, ogni volta che mi si fa sentire, sempre mi dissuade da qualcosa che sto per compiere, e non mi fa mai proposte». Quella voce è il dáimōn, o démone, la parte divina dell’essere umano, che lo infonde di coscienza morale e lo apre all’illuminazione artistica. Nei dipinti di Demian confluiscono secoli di filosofie e religioni, che si trasfigurano nell’immediatezza e nella profondità del colore, nella leggerezza serena di una danza arcobaleno.
«Potrei credere solo a un dio che sapesse danzare. E quando ho visto il mio demonio, l'ho sempre trovato serio, radicale, profondo, solenne: era lo spirito di gravità, grazie a lui tutte le cose cadono. Non con la collera, col riso si uccide. Orsù, uccidiamo lo spirito di gravità. Ho imparato ad andare: da quel momento mi lascio correre. Ho imparato a volare: da quel momento non voglio più essere urtato per smuovermi. Adesso sono lieve, adesso io volo, adesso vedo al di sotto di me, adesso è un dio a danzare, se io danzo».
Friedrich Nietzsche, Così parlo Zarathustra
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