Mirosław Bałka. Wasserzeichen. Drawings for a Harbour for Cultures

© Mirosław Bałka / Galleria Raffaella Cortese | Mirosław Bałka, Voices, inchiostro su carta, 2018

 

Dal 02 Maggio 2019 al 03 Luglio 2019

Trieste

Luogo: Studio Tommaseo

Indirizzo: via del Monte 2

Orari: martedì-sabato 17-20

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 040 639187

E-Mail info: info@triestecontemporanea.it

Sito ufficiale: http://www.triestecontemporanea.it



Trieste Contemporanea è lieta di annunciare che il prossimo appuntamento del progetto Harbour for Cultures sarà la mostra del grande artista polacco Mirosław Bałka “Wasserzeichen. Drawings for a Harbour for Cultures”. La personale si inaugurerà allo Studio Tommaseo di Trieste giovedì 2 maggio alle ore 18.30, alla presenza dell’artista.

Il progetto Harbour for Cultures.
Ideato dall’organizzazione culturale triestina come contributo alla discussione intorno ad una possibile visione unitaria per la riconversione del Porto Vecchio di Trieste e come ricerca interdisciplinare di visioni e desideri per una nuova concezione delle città del futuro, Harbour for Cultures ha già coinvolto lo scorso anno curatori, designer, filosofi, comuni cittadini. L’importante adesione del grande artista polacco a questo progetto progressivo e partecipativo apre ora una serie di contributi da parte di artisti visivi europei, che continuerà nel corso del 2020.

Bałka e il concorso SQUEEZE IT.
Bałka sarà inoltre impegnato a Trieste come regista ospite del Premio Franco Jesurun 2018. Il giovane spagnolo Antonio Mayor Rey lavorerà infatti con lui alla produzione di un’opera video tratta dall'azione teatrale “Action – Evolution” con la quale Mayor Rey si è aggiudicato, lo scorso dicembre, il premio dell’ultima edizione del concorso SQUEEZE IT. In questo ruolo Mirosław Bałka si unisce a Adrian Paci e a Dalibor Martinis, registi delle due precedenti edizioni di questo concorso di Trieste Contemporanea all’intersezione di teatro, arti visive e tecnologie informatiche.
Queste nuove collaborazioni di Bałka con Trieste Contemporanea sono in continuità: risalgono infatti al 2005 la sua prima mostra triestina, “Chocolate Grinder n.3”, assieme a Etty Abergel e Alfredo Pirri, e la sua partecipazione alla tavola rotonda “Fuori dal West”.

La mostra.
Con “Wasserzeichen” Mirosław Bałka offre al progetto Harbour for Cultures una potente serie di disegni che saranno in esposizione a Trieste fino al 3 luglio. La mostra è curata da Giuliana Carbi Jesurun. Le opere sono dei disegni non a caso: rispondono coerentemente – non per rappresentazione diretta, ma per suggestione della memoria – alla richiesta ideale del progetto HC. 
Si tratta di 42 piccoli fogli realizzati per Trieste tra il 2017 ed oggi, ai quali si aggiungono alcuni schizzi del 2016 tematicamente attinenti. 
Se si scorrono i titoli dei lavori – ad esempio, Spine Reconstruction, 2019, Keeping time by clapping, 2018; Shit above GOOD, 2018; After collision with the Absolut, 2018; Limits are, 2018; Convergent perspective, 2017; NOTHING, 2018; VOICES, 2018; Catching sun ray, 2019; The Truth, 2017 – si capisce infatti che i disegni dello “scultore” Bałka sono sempre prima di tutto un “processo di pensiero”. 
Così definiva Allegra Pesenti, nel catalogo della sua ultima grande retrospettiva polacca al Muzeum Sztuki di Łódź del 2015, questa particolare tipologia di produzione artistica, molto cara a Mirosław Bałka perché la più vicina ai suoi interessi principali, il corpo e il gesto: 
“I disegni esposti sono realizzati su fogli di carta formato A5 (210X148 mm). È un formato, leggermente più piccolo e più maneggevole del classico A4, che deriva dalla sua abitudine di scrittura artistica in forma di libro, di documentazione quotidiana in forma di diario. Chiamare questi fogli ‘disegni preparatori’ non sarebbe corretto in quanto essi si riferiscono più al suo processo di pensiero che alle specificità della scultura”.

I disegni/ “processo di pensiero” per Trieste rappresentano dunque esemplarmente l’essenza del lavoro artistico di Bałka che l’artista stesso chiarisce in un’intervista del 2017: “Tratto l'opera d'arte come un processo di scambio, tra me e gli altri, quando faccio qualcosa la porto nello spazio – è come un bagaglio smarrito: porto il mio bagaglio, lo lascio, e poi qualcun altro può venire e può prenderlo e usarlo, aprirlo quando è tornato a casa, o sulla panchina della stazione, e guardarci dentro.” 

L’opera complessiva.
L’artista polacco, dopo gli esordi negli anni Ottanta riceve nel successivo decennio un immediato e unanime riconoscimento internazionale per la coerenza e la potenza evocativa della sua ricerca artistica che, partendo dalla scultura di tradizione, sempre più va verso forme astratte, sempre più dalle note autobiografiche estrae “tracce simboliche di esistenza”, costante “memoria di presenza” (Anda Rottenberg).  Questa forza visionaria sintetica gli è sollecitata dalla sua riflessione sulla storia che, dall’angolo visuale della Polonia, può interrogare la natura dell’uomo e la memoria individuale e collettiva con una responsabilità più densa, densissima, e tradurle in un inventario di forme, materiali e riferimenti universali, che Bałka mette a disposizione delle riflessioni di ognuno di noi e “precipita” in un uso efficacissimo di materiali, come il legno, il cemento, il gesso o – più metaforici – il sale, il sapone e la cenere.

Una risposta a Maria Rosa Sossai che, a margine della grande retrospettiva italiana del 2017 allo spazio Pirelli HangarBicocca, gli domandava per “Artribune” se il suo era “un modo di condividere la conoscenza e di rendere i partecipanti attivi nel processo creativo”, risulta davvero emblematica: “Non penso che il processo creativo sia solo una questione di conoscenza. Credo che abbia a che fare con il non sapere, con il mistero della condivisione, con i punti interrogativi e i dubbi. Il termine conoscenza quindi non procede insieme alla mia arte, la quale è piuttosto un’adesione a ciò che è sconosciuto e una ricerca di possibili risposte durante questo cammino di compartecipazione”.

Mirosław Bałka
(Varsavia 1958) vive e lavora tra Varsavia e Otwock. 
È uno scultore attivo anche nel campo della videoarte sperimentale e del disegno.  
Si laurea nel 1985 all'Accademia di Belle Arti di Varsavia, dove, dal 2011, dirige lo Studio of Spatial Activities della Facoltà di Media Art. Tra il 1986 e il 1989 assieme a Mirosław Filonik e Marek Kijewski fonda il gruppo artistico “Consciousness Neue Bieremiennost”. Nel 1991 viene insignito del premio Mies van der Rohe dal Krefeld Kunstmuseen. È membro dell'Akademie der Künste di Berlino.
I suoi lavori sono stati esposti nelle più importanti mostre internazionali tra cui: Biennale di Venezia (1990, 2003, 2005, 2013; nel 1993 come rappresentante della Polonia), Documenta IX, Kassel (1992), Biennale di Sydney (1992, 2006), Carnegie International,  Pittsburgh (1995), Biennale di San Paolo (1998), Biennale di Liverpool (1999) e Biennale di Santa Fe (2006). 
Presenta nel 2009 il progetto speciale How It Is per le Unilever Series, Turbine Hall, Tate Modern, Londra. È autore del Memoriale per le vittime del disastro del traghetto Estonia,  a Stoccoma (1997) e di numerosi lavori ambientali incluso AUSCHWITZWIELICZKA, Cracovia (2010), e HEAL, Università della California, San Francisco (2009). Una serie di conversazioni con il professor Zygmunt Bauman viene pubblicata nel 2012. Nel 2015 crea la scenografia per l'opera Magic Mountain di Paweł Mykietyn. Ha inoltre partecipato a molte conversazioni pubbliche con eminenti relatori tra i quali: Juan Vicente Aliaga, Julian Heynen, Anda Rottenberg, Kasia Redzisz, Anja Rubik, Joseph Rykwert e Vicente Todoli. con La mostra Nerve. Constructior al Museo Sztuki di Łódź del 2015 ha dato inizio a una serie di tre grandi mostre personali, concepite come retrospettive sui trent'anni del lavoro creativo dell'artista. Nel 2017 sono seguite le mostre CROSSOVER/S nello spazio Pirelli HangarBicocca di Milano e DIE SPUREN al museo Morsbroich di Leverkusen. 
Tra le precedenti mostre personali: Freud Museum, Londra (2014); Vinzavod Centre for Contemporary Art, Mosca (2013); Akademie der Künste, Berlino e Center for Contemporary Art, Varsavia (2011); Museo Reina Sofia, Madrid e Staatliche Kunsthalle Karlsruhe (2010); Museu de Arte, San Paolo e Museu de Arte Moderna, Rio de Janeiro (2007); Kunstsammlung Nordrhein Westfalen K21, Düsseldorf (2006); Museum of Contemporary Art, Strasburgo (2004); Zachęta – National Gallery of Art, Varsavia e SMAK, Gent (2001); National Museum of Art, Osaka (2000); Museu Serralves, Porto (1998); Museet for Samtidskunst, Oslo (1997); Tate Gallery, Londra (1995); The Lannan Foundation, Los Angeles (1994); Van Abbemuseum, Eindhoven e Renaissance Society – University of Chicago (1992).
I lavori di Bałka sono presenti in numerose collezioni permanenti tra cui: Tate Modern, Londra; Van Abbemuseum, Eindhoven; MOCA, Los Angeles; SFOMA, San Francisco; MOMA, New York; Hirshhorn Museum, Washington DC; Art Institute, Chicago; Carnegie Museum of Art, Pittsburgh; Museu Serralves, Porto; Moderna Museet, Stoccolma; Kiasma, Helsinki; Kroller Muller, Otterlo; National Museum of Art, Atene; National Museum of Art, Osaka; Israel Museum, Gerusalemme; Tel Aviv Museum of Art; Collection Lambert, Avignone; Middelheimmuseum, Anversa; Fundación Botín, Santander; Museum of Contemporary Art, Zagabria. 
In Polonia sue opere sono conservate al Muzeum Sztuki di Łódź, al Centre of Contemporary Art di Varsavia, alla Zachęta – National Gallery of Art di Varsavia, al Museum of Modern Art, Varsavia; al National Museum di Breslavia, al MOCAK di Cracovia, a Labirynt, Lublino e ad Arsenał, Bialystok.

Inaugurazione giovedì 2 maggio ore 18.30
 

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