A Venafro nasce un museo ospitato tra le mura di un castello.

Venafro, Castello Pandone
19/12/2012
Isernia - Il Molise da ieri ha un nuovo spazio espositivo: il Museo Nazionale di Castello Pandone, situato a Venafro nell’alta Valle del Volturno, sul confine con la Campania.
Il nucleo più antico del Castello, fondato dal Longobardi, risale alla seconda metà del X secolo.
Nel corso dei secoli il complesso subì diverse trasformazioni, come quelle apportate dagli Angioini e in epoca rinascimentale, quando si insediò qui la famiglia Pandone, che aveva ricevuto il feudo dai sovrani aragonesi. E’ a questo periodo che risale la decorazione con il ciclo dei cavalli di Enrico Pandone, opera caratterizzata da una particolare tecnica esecutiva, costituita da intonaco a rilievo e affrescato, realizzata molto probabilmente da artisti provenienti da Napoli e di origine iberico-fiamminga, come si evincerebbe dal retaggio “gotico” delle figure, e da artisti romani e lombardi, dai quali potrebbe derivare la ricerca di effetti prospettici nella rappresentazione dei cavalli, rappresentati a dimensione naturale e corredati da eleganti epigrafi. Con questi affreschi siamo alla presenza di una originale “galleria” di ritratti equini, paragonabile solo alla Sala dei Cavalli in Palazzo Tè a Mantova, affrescata per i Gonzaga da Giulio Romano poco dopo il ciclo venafrano. A realizzarla in Castello Pandone fu un esponente della famiglia, Enrico, noto allevatore di cavalli. Interessante, anche, sugli strati di intonaco la presenza di disegni preparatori e perfino di “schizzi di navi, caricature, conteggi, versi, proverbi a carattere morale e amoroso in italiano, spagnolo, latino”, soggetti che costituivano l’immaginario di un uomo d’arme del tempo come Enrico Pandone. Successivamente alla famiglia Pandone subentrarono i Lannoy che cercarono di sostituire le proprie decorazioni a quelle della famiglia decaduta e realizzarono il fregio nel salone e affreschi in altri ambienti con scene di vita cittadina e di corte.
Per quanto riguarda il percorso espositivo del museo, questo si configura come un itinerario nella pittura centro meridionale che comincia dalle più antiche testimonianze pittoriche molisane: i frammenti di affresco del VII secolo da Santa Maria delle Monache di Isernia, e prosegue con opere medievali come l’affresco con i Santi Bartolomeo e Michele dalla chiesa di San Michele di Roccaravindola e la scultura trecentesca della Madonna con Bambino da Santa Maria della Strada di Matrice. Spicca inoltre il polittico con scene della Passione di Cristo, realizzato in alabastro nel XV secolo da una bottega inglese di Nottingham, testimonianza di una committenza esigente e al passo con l’internazionalità del gusto, ruotante intorno alla chiesa dell’Annunziata di Venafro e all’importante Confraternita dei Flagellanti.
Inoltre nel percorso museale ospita opere prodotte a Napoli per il Molise o da artisti molisani formatisi a Napoli nel Sei e Settecento sono poste ‘in dialogo’ con dipinti provenienti da importanti musei statali: Museo Nazionale di Capodimonte e Museo Nazionale di San Martino, Napoli; Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini, Roma; Palazzo Reale, Caserta.
Il nucleo più antico del Castello, fondato dal Longobardi, risale alla seconda metà del X secolo.
Nel corso dei secoli il complesso subì diverse trasformazioni, come quelle apportate dagli Angioini e in epoca rinascimentale, quando si insediò qui la famiglia Pandone, che aveva ricevuto il feudo dai sovrani aragonesi. E’ a questo periodo che risale la decorazione con il ciclo dei cavalli di Enrico Pandone, opera caratterizzata da una particolare tecnica esecutiva, costituita da intonaco a rilievo e affrescato, realizzata molto probabilmente da artisti provenienti da Napoli e di origine iberico-fiamminga, come si evincerebbe dal retaggio “gotico” delle figure, e da artisti romani e lombardi, dai quali potrebbe derivare la ricerca di effetti prospettici nella rappresentazione dei cavalli, rappresentati a dimensione naturale e corredati da eleganti epigrafi. Con questi affreschi siamo alla presenza di una originale “galleria” di ritratti equini, paragonabile solo alla Sala dei Cavalli in Palazzo Tè a Mantova, affrescata per i Gonzaga da Giulio Romano poco dopo il ciclo venafrano. A realizzarla in Castello Pandone fu un esponente della famiglia, Enrico, noto allevatore di cavalli. Interessante, anche, sugli strati di intonaco la presenza di disegni preparatori e perfino di “schizzi di navi, caricature, conteggi, versi, proverbi a carattere morale e amoroso in italiano, spagnolo, latino”, soggetti che costituivano l’immaginario di un uomo d’arme del tempo come Enrico Pandone. Successivamente alla famiglia Pandone subentrarono i Lannoy che cercarono di sostituire le proprie decorazioni a quelle della famiglia decaduta e realizzarono il fregio nel salone e affreschi in altri ambienti con scene di vita cittadina e di corte.
Per quanto riguarda il percorso espositivo del museo, questo si configura come un itinerario nella pittura centro meridionale che comincia dalle più antiche testimonianze pittoriche molisane: i frammenti di affresco del VII secolo da Santa Maria delle Monache di Isernia, e prosegue con opere medievali come l’affresco con i Santi Bartolomeo e Michele dalla chiesa di San Michele di Roccaravindola e la scultura trecentesca della Madonna con Bambino da Santa Maria della Strada di Matrice. Spicca inoltre il polittico con scene della Passione di Cristo, realizzato in alabastro nel XV secolo da una bottega inglese di Nottingham, testimonianza di una committenza esigente e al passo con l’internazionalità del gusto, ruotante intorno alla chiesa dell’Annunziata di Venafro e all’importante Confraternita dei Flagellanti.
Inoltre nel percorso museale ospita opere prodotte a Napoli per il Molise o da artisti molisani formatisi a Napoli nel Sei e Settecento sono poste ‘in dialogo’ con dipinti provenienti da importanti musei statali: Museo Nazionale di Capodimonte e Museo Nazionale di San Martino, Napoli; Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini, Roma; Palazzo Reale, Caserta.
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