CARAVAGGIO E IL GENIO DI ROMA

 

26/02/2004

Quello che sarà in allestimento fino alla fine di luglio nei saloni monumentali del Palazzo di Venezia va considerato come uno dei principali eventi espositivi dell’anno. L’esposizione è la versione italiana della splendida mostra intitolata “The Genius of Rome, 1592-1623” e tenutasi alla Royal Academy of Arts di Londra con un successo strepitoso. Il progetto è nato dalla collaborazione tra la Royal Academy e la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Roma: a capo dell’iniziativa la studiosa statunitense Beverly Louise Brown, curatrice della mostra inglese ma presente anche alla conferenza di presentazione a Roma. Qui in Italia hanno svolto il ruolo della Brown Rossella Vodret e Claudio Strinati. Non è stato possibile esporre tutte le opere esposte a Londra perché molti musei non hanno consentito dei prestiti così lunghi. Oggi di quella grande mostra sono giunti nei saloni del Palazzo di Paolo II solo 90 dei 170 pezzi. Bisogna altresì sottolineare che allo stesso tempo l’edizione italiana, se da un lato è qualcosa di meno rispetto all’edizione londinese, dall’altro è qualcosa di più: i curatori italiani si sono impegnati ad offrire al visitatore circa 80 opere non presenti a Londra e che si segnalano come fondamentale apporto nella ricostruzione del contesto culturale figurativo di quegli anni. La mostra, infatti, vuole essere una ricognizione sistematica degli anni all’alba del Barocco e non “un minestrone”, come precisa Beverly Brown nel suo intervento in inglese inserendo questo termine rigorosamente in italiano, forse per dare il senso a chi l’ascolta del grande rischio in cui un’esposizione di questo tipo rischiava di incappare. Il periodo in esame è quello che va dall’arrivo di Caravaggio a Roma (1592) fino al 1623 attraverso tre papati: quello di Clemente VIII Aldobrandini (1592-1605), Paolo V Borghese (1605-21), Gregorio XV Ludovisi (1621-23). La mostra quindi interrompe la sua indagine proprio, e non a caso, prima della salita al soglio pontificio di Urbano VIII Barberini, il papa del Barocco per antonomasia. I quadri di questo trentennio ci vengono esposti nell’allestimento curato dall’architetto della Soprintendenza Eugenia Cuore e in esso trovano posto le 90 opere già mostrate a Londra. Tra questi spiccano oltre ai capolavori del Merisi quali “Il ragazzo che sbuccia un frutto” di Tokyo (attribuzione molto discussa), “I Musici” e “Il Suonatore di liuto” di New York, “La Madonna dei Pellegrini” di Sant’Agostino, il “S. Giovanni Battista” di Kansas City, le opere dei principali artisti dell’epoca. Una particolare menzione merita la “Giuditta e Oloferne” di Artemisia Gentileschi del Museo di Capodimonte, tanto vicina per realismo alla stessa iconografia caravaggesca di Palazzo Barberini; il “Venere e Marte” di Carlo Saraceni della Thyssen-Bornemisza, dal sapore ancora così fortemente veneziano e pre-caravaggesco, in specie nel brano pittorico con i putti intenti a giocare con l’armatura del dio. Ma ancora la bellissima tela raffigurante “Susanna e i vecchioni” di Rubens della Galleria Borghese che fa coppia con lo stesso tema trattato da Sisto Badalocchio giunto da Sarasota in Florida. Ma le grandi sorprese sono proprio tra i dipinti che a Londra non erano presenti… CARAVAGGIO E IL GENIO DI ROMA, 1592-1623 Fino al 31 luglio 2001 Palazzo di Venezia - Via del Plebiscito 118 Tutti i giorni 10-21 Sabato, Domenica e festivi 10-22 Ingresso: intero 15.000 – ridotto 10.000 Tel. 06 32810 Catalogo: Rizzoli RCS e RomArtificio lire 90.000 Sito web: www.caravaggiogeniodiroma.it

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