Due mostre celebrano l'antica arte dell’ukiyo-e

Da Torino a Bologna, è l'ora dei maestri del Giappone

Utagawa Hiroshige, La giovane Hatsu, opera tratta dalla serie "Confronto dei cento poemi scelti dai cento poeti a Ogura". Stampa xilografica, 1846
 

Francesca Grego

14/02/2023

Fragili geishe in abiti preziosi, samurai, attori di teatro e lottatori di sumo, vedute di ponti, cascate e monti innevati hanno reso la pittura giapponese famosa in tutto il mondo, conquistando prima gli Impressionisti e Van Gogh, poi il grande pubblico delle esposizioni, costantemente attratto dalla cultura del Sol Levante. Per la gioia dei fan dell’ukiyo-e - letteralmente “immagini del mondo fluttuante” - questa primavera due mostre porteranno l’arte dei grandi maestri giapponesi nelle nostre città, invitandoci ad ammirarla da prospettive differenti. Scopriamole insieme. 


Kobayashi Kiyochica, Bellezza dell'era Kyoho dalla serie "Motivi floreali". Stampa xilografica 1896

Utamaro, Hokusai, Hiroshige. Geishe, samurai e la civiltà del piacere. Dal 23 febbraio al 25 giugno a Torino, presso la Società Promotrice delle Belle Arti
La magia del periodo Edo - il più ricco e raffinato nella storia della cultura giapponese - va in scena in 300 capolavori, alcuni dei quali mai esposti in Italia prima d’ora. I grandi dell’arte nipponica ci sono tutti, dal celeberrimo Hokusai a maestri come Hiroshige, Utamaro, Kuniyoshi, pronti a snocciolare il migliore repertorio della tradizione pittorica e xilografica. Specchio della ricercata “civiltà del piacere” fiorita tra il 1603 e il 1868 nell’Impero del Sol Levante, che per due secoli e mezzo vive in pace e chiude le relazioni con il resto del mondo, le opere in mostra riporteranno in vita le atmosfere eleganti e ovattate delle sale da tè, l’universo coloratissimo del teatro kabuki, i paesaggi incantati abitati da uccelli, pesci e fiori variopinti, senza dimenticare la sensualità degli shunga (xilografie erotiche) o l’epopea di guerrieri ed eroi leggendari. 


Tsiukioka Yoshitoshi, Dormiente: aspetto di una prostituta del periodo Meiji, dalla serie "Trentadue aspetti della vita quotidiana", stampa xilografica, 1888

In primo piano, la maestria dei pittori giapponesi, capaci di dar vita a un universo di suggestioni con quei tratti semplici e precisi che alla fine dell’Ottocento lasciarono a bocca aperta gli artisti europei. Al termine del percorso espositivo, una spettacolare installazione inviterà i visitatori a immergersi nell’iconica Grande Onda di Hokusai, un’immagine della caducità e della provvisorietà della vita umana di fronte alla forza inarrestabile della natura e, al contempo, l’espressione del desiderio di lasciarsi andare.


Katsushika Hokusai, La Grande Onda, costa di Kanagawa, Dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji (1830-1831 circa)

Yōkai. Le antiche stampe dei mostri giapponesi. Dal 7 aprile al 23 luglio a Bologna, Palazzo Pallavicini
Nell’epoca d’oro dei samurai anche la fantasia aveva la sua parte nell’iniziazione dei giovani guerrieri: dopo il tramonto, in una stanza illuminata da 100 candele, ognuno raccontava ai compagni una spaventosa storia di yōkai, i terribili mostri della tradizione giapponese, con l’obiettivo di temprarne il coraggio. Al termine del racconto, il narratore doveva alzarsi, spegnere una lanterna, prendere uno specchio e specchiarvisi lontano dagli altri: l’oscurarsi progressivo della stanza accompagnava la narrazione di storie sempre più spaventose e cariche di suspense. La mostra in arrivo a Bologna ripropone ai visitatori l’esperienza del rituale delle 100 candele, prima di lanciarsi in un viaggio immaginifico tra creature e scenari da brivido. A dipingerli sono alcuni dei più grandi maestri dell’arte nipponica, da Hokusai a Hiroshige, Kunisada e Kuniyoshi. 


Chikanobu Yoshu Yamashiro, Neve a Rokuhara, 1884

Ricordo dei tempi in cui la parola “manga” significava “immagine divertente, fatta senza scopi seri”, 200 raffinate xilografie saranno accompagnate da libri rari, armi antiche, piccole sculture e perfino un’armatura da samurai. La mostra approda a Bologna profondamente rinnovata dopo il successo alla Villa Reale di Monza e impreziosita da pezzi mai esposti prima. Nuove sono le due stampe in cui Kuniyoshi esprime la sua ironia e la sua passione per i mostri: una raffigura la buffa danza nuziale di due sposi, sotto le mentite spoglie dei quali si nascondono due giovani volpi; l’altra raffigura un fantasma ed una donna gatto che passeggiano fianco a fianco, espressivi come i personaggi di un moderno fumetto. 


Kuniyoshi Utagawa, La principessa strega Takiyasha e lo scheletro del padre, 1844 circa (part. 2 di 3)

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