L’arte aborigena a Torino

 

26/02/2004

L’aria afosa dell’estate e il previsto spopolamento di Torino nel mese di agosto non hanno frenato l’ennesima iniziativa dell’irriducibile Achille Bonito Oliva: il 29 giugno si è inagurata a palazzo Bricherasio la mostra "Aborigena. Arte australiana contemporanea dalla collezione Gabrielle Pizzi, Melbourne". L'esposizione illustra la storia del movimento Australian Aborigena Contemporary Desert Art, nato nel 1971 nella comunità aborigena di Papunya ed estesosi progressivamente a molte altre comunità del deserto. Novanta opere fanno il punto sull’attività di trenta artisti (dagli anni Settanta ad oggi) che, pur differenziandosi gli uni dagli altri, puntano su un linguaggio che mantiene stretti contatti con la tradizione ancestrale e la pratica religiosa degli Antenati. Gabrielle Pizzi, dalla cui collezione proviene la totalità delle opere, ha raccolto molti lavori durante i lunghi viaggi che ha compiuto attraverso le aree desertiche e tropicali dell’Australia. A partire dai tardi anni Settanta la Pizzi ha spinto i dipinti degli artisti aborigeni verso i centri del mercato mondiale dell’arte, divenendo “madrina” e quasi “portavoce bianca” del movimento. Per comprendere (almeno in parte) l’arte aborigena non si può prescindere dal concetto di 'Dreaming', un complesso di credenze e una concezione del mondo, che è base e legittimazione della vita stessa. Il 'Dreaming' fa riferimento, in primo luogo, ad un’epoca remota in cui si collocano le azioni creative degli Antenati Mitici che, con il loro viaggi e i loro canti, diedero forma al mondo, vita all’uomo e a tutte le altre creature. Esso però non è solo il tempo concluso dell’azione demiurgica ma anche il principio generativo del presente, che permane nei luoghi dove gli antenati lasciarono tracce e indirizza l’azione degli esseri umani. Il territorio, quindi, mantiene la “memoria” dell’epoca della creazione, testimonia l’attualità di quel tempo e fornisce una base sulla quale poter inserire gli eventi della realtà fenomenica. Lo spazio della vita quotidiana coincide dunque con il tempo della memoria e le azioni esemplari del passato guidano quelle presenti secondo un imperativo che non ammette variazioni. Il cerchio e la linea sono i “segni” più ricorrenti nell’arte aborigena: permettono di descrivere graficamente i percorsi compiuti dagli Antenati e dagli uomini da un luogo ad un altro del mondo. Il cerchio rappresenta la sosta (un campo base, una pozza d’acqua, un fuoco di accampamento, un sito sacro), mentre la linea - retta o sinuosa – rappresenta il percorso (un sentiero, un corso d’acqua, una strada). Il dipinto risulta così essere un testo “sacro”, capace, se decodificato, di trasmettere i segreti degli avi: per questo, con decisione unanime delle comunità, dopo pochi mesi dall’inizio dell’attività pittorica, le raffigurazioni sacre e la divulgazione a profani dei contenuti religiosi vennero rigorosamente vietate. La non divulgazione dei significati contenuti nei dipinti ha costituito uno dei principi più tenacemente difesi dagli artisti aborigeni, che hanno attuato così una mediazione tra le istanze occidentali, che premono per lo svelamento dei significati mitici, e le specifiche esigenze locali. La volontà di escludere i non adepti dalla comprensione dei significati ha dato infine luogo alla tecnica dello sfondo puntinato - il cosiddetto dot painting – divenuta la caratteristica più riconoscibile di quest’arte, con lo scopo di confondere e qualche volta coprire i contenuti. Come complemento ai dipinti esposti a Palazzo Bricherasio, il Palazzo delle Feste di Bardonecchia ospiterà dalla metà di luglio alla fine di agosto sei sculture ugualmente provenienti dalla collezione di Gabrielle Pizzi, tutte realizzate a Maningrida, località costiera nella zona centrale della Terra di Arnhem. Ad essere rappresentati sono gli Spiriti Ancestrali di Yawk Yawk che vagano nel territorio australiano per visitare i luoghi sacri, creando scompiglio tra la popolazione che li sente aggirarsi inquieti. Tutti gli artisti di Maningrida lavorano con ocre naturali su legno e su corteccia, mantenendosi fedeli al mezzo tradizionale e permeando le opere di un senso di energia, purezza e originalità. Papi Moreno, suonatore di didjeridu, strumento preferito nell’accompagnamento di danze e canti tradizionali aborigeni, si esibirà ogni mercoledì dalle 21.30 alle 22.30 nei locali di Palazzo Bricherasio. Aborigena. L’arte australiana contemporanea dalla collezione Gabrielle Pizzi, Melbourne Dal 29 giugno al 16 agosto 2001 Palazzo Bricherasio, Via Lagrange 20, 10123 Torino Orario: da martedì a domenica h. 15-23; chiuso il lunedì Biglietto: intero £ 12000, ridotto £8000, gruppi £ 10000 Tel. 011-5171660; fax 011-5629757 Catalogo: Electa, Milano

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