Le novità sul grande schermo
L’Agenda dell’Arte – Al cinema
Lampadario centrale di sala e soffitto del Cinema Teatro Dante a Sansepolcro (Arezzo), di proprietà dell' Accademia dei Risorti, progettato dagli architetti Francesco Leoni e Salvatore Guidi, inaugurato il 1º settembre 1836 | Foto: Ajmad217 (Own work), via Wikimedia Creative Commons
Francesca Grego
06/12/2018
• L’uomo che rubò Banksy. Il Fantasma dell’arte contemporanea, di Marco Proserpio. Al cinema l’11 e il 12 dicembre
L’ultimo atto di La Grande Arte al Cinema 2018 ci porta nelle terre contese tra Israele e lo Stato Palestinese, sulle tracce di una clamorosa vicenda che ha visto protagonista lo street artist britannico dal volto ignoto. Siamo nel 2007 e Banksy si introduce con la sua squadra nei territori occupati, lasciando il segno su case e muri di cinta. Ma i palestinesi sono tutt’altro che entusiasti. In particolare il murales del soldato israeliano che chiede i documenti all’asino li manda su tutte le furie: dipinto sulla parete vedono solo un parallelo tra il proprio popolo e il mammifero dalle lunghe orecchie. Con l’aiuto degli abitanti del luogo, l’imprenditore Maikel Canawati e il forzuto tassista Walid tagliano il muro della discordia e decidono di venderne i pezzi al miglior offerente.
Oggi l’operazione non si è ancora conclusa, anche se una tonnellata di quel muro è volata in Scandinavia ed è prossima a trasferirsi oltreoceano. Ma l’episodio ha sollevato un vespaio di questioni: su un’arte di matrice occidentale che, indipendentemente dalle idee che ha alla base, pretende di dire la propria in casa d’altri; su un mercato che mette all’asta opere di street art all’insaputa dei loro autori; sulle sfide tecniche che il recupero di queste opere lancia anche a restauratori specializzati nello stacco degli affreschi rinascimentali.
A condurre il racconto è la voce inconfondibile di Iggy Pop, tra riprese in strada e interviste a giornalisti, studiosi, avvocati, galleristi. Senza dimenticare il tassista Walid, che per la prima volta spiega al mondo la sua scelta di segare i muri offerti da Banksy al popolo palestinese.
• Capri – Revolution, di Mario Martone. Dal 20 dicembre nei cinema italiani
Alla vigilia della Grande Guerra, una comune di giovani nordeuropei ha trovato a Capri il luogo ideale per una ricerca che intreccia arte e vita. I loro destini incontreranno quelli di una ragazza del posto, Lucia (Marianna Fontana), e di un giovane medico (Antonio Folletto). Nel ruolo di coprotagonista, un’isola unica al mondo, un frammento di roccia dolomitica precipitata nel Mediterraneo che all’inizio del Novecento ha attratto come una calamita chiunque coltivasse utopie e ideali di libertà, come i russi che, esuli a Capri, si preparavano alla rivoluzione.
Nel film l’esperienza della comune creata sull’isola dal pittore Karl Diefenbach tra il 1900 e il 1913 si salda alle idee e le pratiche performative di Joseph Beuys, che sarà di casa in territorio campano solo a partire dagli anni Sessanta: nasce così il personaggio del giovane Seybu (Reinout Scholten van Ashat), per cui l’arte è una rivoluzione umana e radicale in cui il rapporto con la natura ha un ruolo di primo piano.
“Ma una volta detto questo, bisogna poi dimenticarlo”, spiega il regista Mario Martone: “Ogni cosa in questo film è solo e semplicemente sognata”.
Leggi anche:
• A Milano Banksy va oltre i muri di periferia
• Tutti gli appuntamenti del 2019 con La Grande Arte al Cinema
L’ultimo atto di La Grande Arte al Cinema 2018 ci porta nelle terre contese tra Israele e lo Stato Palestinese, sulle tracce di una clamorosa vicenda che ha visto protagonista lo street artist britannico dal volto ignoto. Siamo nel 2007 e Banksy si introduce con la sua squadra nei territori occupati, lasciando il segno su case e muri di cinta. Ma i palestinesi sono tutt’altro che entusiasti. In particolare il murales del soldato israeliano che chiede i documenti all’asino li manda su tutte le furie: dipinto sulla parete vedono solo un parallelo tra il proprio popolo e il mammifero dalle lunghe orecchie. Con l’aiuto degli abitanti del luogo, l’imprenditore Maikel Canawati e il forzuto tassista Walid tagliano il muro della discordia e decidono di venderne i pezzi al miglior offerente.
Oggi l’operazione non si è ancora conclusa, anche se una tonnellata di quel muro è volata in Scandinavia ed è prossima a trasferirsi oltreoceano. Ma l’episodio ha sollevato un vespaio di questioni: su un’arte di matrice occidentale che, indipendentemente dalle idee che ha alla base, pretende di dire la propria in casa d’altri; su un mercato che mette all’asta opere di street art all’insaputa dei loro autori; sulle sfide tecniche che il recupero di queste opere lancia anche a restauratori specializzati nello stacco degli affreschi rinascimentali.
A condurre il racconto è la voce inconfondibile di Iggy Pop, tra riprese in strada e interviste a giornalisti, studiosi, avvocati, galleristi. Senza dimenticare il tassista Walid, che per la prima volta spiega al mondo la sua scelta di segare i muri offerti da Banksy al popolo palestinese.
• Capri – Revolution, di Mario Martone. Dal 20 dicembre nei cinema italiani
Alla vigilia della Grande Guerra, una comune di giovani nordeuropei ha trovato a Capri il luogo ideale per una ricerca che intreccia arte e vita. I loro destini incontreranno quelli di una ragazza del posto, Lucia (Marianna Fontana), e di un giovane medico (Antonio Folletto). Nel ruolo di coprotagonista, un’isola unica al mondo, un frammento di roccia dolomitica precipitata nel Mediterraneo che all’inizio del Novecento ha attratto come una calamita chiunque coltivasse utopie e ideali di libertà, come i russi che, esuli a Capri, si preparavano alla rivoluzione.
Nel film l’esperienza della comune creata sull’isola dal pittore Karl Diefenbach tra il 1900 e il 1913 si salda alle idee e le pratiche performative di Joseph Beuys, che sarà di casa in territorio campano solo a partire dagli anni Sessanta: nasce così il personaggio del giovane Seybu (Reinout Scholten van Ashat), per cui l’arte è una rivoluzione umana e radicale in cui il rapporto con la natura ha un ruolo di primo piano.
“Ma una volta detto questo, bisogna poi dimenticarlo”, spiega il regista Mario Martone: “Ogni cosa in questo film è solo e semplicemente sognata”.
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