A Parigi dal 15 ottobre 2025

L'arte di Kandinsky "suona" alla Philharmonie de Paris

Vassily Kandinsky, Improvisation 3, 1909 © Centre Pompidou, Musée national d’art moderne, Paris - Donation de Mme Nina Kandinsky, 1976
 

Piero Muscarà

15/09/2025

Mondo - Nessun artista del Novecento ha intrecciato il proprio lavoro alla dimensione sonora con la stessa radicalità di Vassily Kandinsky. Dal 15 ottobre 2025 al 1 febbraio 2026 la Philharmonie de Paris raccoglie questa eredità e la trasforma in esperienza immersiva con la mostra Kandinsky et la musique. L’iniziativa nasce grazie al Centre Pompidou, che durante i lavori di ristrutturazione ha scelto di prestare una parte importante della sua collezione. Spostare Kandinsky dal tempio dell’arte contemporanea a una casa della musica significa ribadire l’intreccio inscindibile tra il suo linguaggio visivo e l’universo sonoro: i colori vibrano come strumenti, le linee si muovono come melodie, i quadri diventano partiture.

Kandinsky era convinto che il colore possedesse una risonanza interiore, capace di agire sull’anima con la stessa forza di una nota musicale. Non si trattava di metafore poetiche, ma di un sistema teorico che codificava corrispondenze precise: il giallo poteva suonare come una tromba, il blu risuonare profondo come un contrabbasso, il rosso incendiare come un colpo di timpani. Nel suo saggio Lo spirituale nell’arte del 1911, l’artista chiariva che il compito del pittore non era riprodurre la realtà, ma orchestrare emozioni interiori, proprio come fa un direttore con i musicisti.

La relazione con Arnold Schönberg, che Kandinsky incontrò a Monaco nel 1911, fu decisiva. I due si riconobbero in un’analoga esigenza di rottura: superare la tonalità e la figurazione per aprire nuove possibilità espressive. La mostra parigina sottolinea questa affinità esponendo lettere, spartiti e documenti che testimoniano il dialogo tra pittore e compositore, e ponendo le tele in risonanza con brani musicali di Schönberg, Scriabin e Hindemith.

Il percorso riunisce opere emblematiche provenienti dal Centre Pompidou, tra cui Composition IV (1911), che evoca un impianto orchestrale con masse cromatiche e linee spezzate, e Improvisation 28 (seconda versione) (1912), dichiarazione esplicita di affinità con l’improvvisazione musicale. Accanto a queste tele monumentali compaiono acquerelli e incisioni degli anni di Monaco e del Bauhaus, che mostrano la progressiva emancipazione del segno dalla realtà, e lavori tardi come Composition X (1939), dove i colori cupi e le forme in sospensione rimandano a una sinfonia inquieta, carica di presagi.

La Philharmonie non si limita a esporre i quadri: li fa risuonare. In dialogo con le opere visive, spartiti originali e strumenti musicali provenienti dal Musée de la Musique creano un contesto vivo, mentre sale immersive invitano il pubblico a percepire corrispondenze sensoriali tra ritmo e linea, timbro e colore, armonia e spazio. L’intento non è didascalico: non si vuole illustrare un’influenza, ma ricreare l’esperienza sinestetica che Kandinsky aveva immaginato come fondamento della sua arte.

La scelta di presentare questa mostra nel cuore della Philharmonie, e non in un museo tradizionale, appare come una provocazione culturale. È un invito a considerare Kandinsky non soltanto come padre dell’astrazione pittorica, ma come un artista che pensava e creava oltre le frontiere disciplinari. Le sue tele non chiedono solo di essere guardate: pretendono di essere ascoltate. Le superfici vibrano come archi e ottoni, i contrasti cromatici si scontrano come dissonanze, le composizioni si aprono come sinfonie.

In un’epoca in cui la contaminazione tra linguaggi è diventata la regola, Kandinsky appare sorprendentemente attuale. A distanza di oltre un secolo, il suo tentativo di trasformare l’invisibile in immagine e la musica in colore parla a un pubblico che vive immerso in esperienze multisensoriali. La mostra della Philharmonie non è dunque un semplice prestito temporaneo del Pompidou, ma un’occasione per riscoprire Kandinsky nella sua totalità: pittore, teorico, visionario capace di immaginare un’arte che fosse insieme concerto e visione.


Vasily Kandinsky, White Cross. Oil on canvas, 100,5 × 110,6 cm. Peggy Guggenheim Collection, Venezia (Solomon R. Guggenheim Foundation, New York)