La collezione Doria Pamphilj

Aldobrandini
 

20/02/2001

Nel 1647 Camillo Pamphilj, rinunciando al titolo cardinalizio conferitogli tre anni prima dallo zio Innocenzo X (1644-1655), sposa la nobildonna Olimpia Aldobrandini. Se si potesse stabilire una data per la nascita della collezione ospitata nella Galleria Doria Pamphilj sarebbe senza dubbio quella delle nozze tra Camillo e Olimpia: due rappresentanti delle famiglie più in vista di Roma si univano in matrimonio ma soprattutto univano con il loro matrimonio i reciproci immensi patrimoni. Olimpia, unica erede del cardinale Pietro Aldobrandini, nipote di Clemente VIII (1592-1605), era entrata in possesso dal 1638 sia del palazzo di famiglia al Corso, sia della sua celebre collezione d’arte. In essa già dall’inizio del ‘600 figuravano capolavori quali la Salomè e i Baccanali di Tiziano (due dei quali rimasero fino alla metà del ‘700 di proprietà Pamphilj, mentre gli altri due vennero acquistati nel 1621 dai Ludovisi), il Doppio ritratto di Raffaello, la Didone di Dosso Dossi, e tanti altre favolose opere d’arte rinascimentale. La peculiarità della raccolta consisteva proprio nella presenza di tante tele del XVI secolo, vera rarità per il mercato romano dell’epoca, anche se non mancavano di certo capolavori di primo ‘600 come appunto le Lunette Aldobrandini. Per quanto riguarda invece i Pamphilj, fu lo stesso Camillo, forse stimolato dal confronto con le raccolte della moglie e delle sorelle- una sposa di un Giustiniani, l’altra dell’erede del cardinale Ludovisi- a dare inizio alla collezione di famiglia raccogliendo e commissionando capolavori. Le collezioni familiari erano state fino ad allora modeste, comprendendo quasi esclusivamente quadri devozionali; Camillo riparò a tale mancanza dando vita ad una raccolta che ancora oggi è tra le più ricche ed ammirate. Fu Camillo infatti, più che lo zio Innocenzo X, ad intrattenere rapporti con artisti e con il mercato e fu lui ad interessarsi alla costruzione di chiese, cappelle, palazzi e ville. Poussin ce lo descrive mentre, occupato nella costruzione della Villa del Belrespiro al Gianicolo, ordina che nessuna antichità venga trasportata fuori Roma: “la ragione è che egli vorrebbe che quello che è da vendere serva d’ornamento alla villa che egli ha fare avendolo senza pagare...”. Fu mecenate dei grandi artisti che hanno segnato la storia dell’arte tra i quali Bernini, Borromini, Pietro da Cortona, Dusquenoy, Algardi, anche se i rapporti che con loro strinse non furono sempre sereni. Ebbe una particolare predilizione per i pittori stranieri e soprattutto fiamminghi: possedeva opere di Lorrain e Dughet, di Brill e Weenix. Del 1655 è l’acquisto degli splendidi Quattro elementi di Jan Brueghel il Vecchio, mentre già da un anno possedeva dello stesso artista una Creazione del mondo. Ma servirebbe ben più ampio spazio per poter ripercorrere le gesta collezionistiche di questo grande mecenate e dal papa Pamphilj: si pensi solo all’aquisto che fece di opere quali il Riposo durante la fuga in Egitto di Caravaggio e il Ritratto di Innocenzo X di Velasquez. Attraverso l’istituzione del fidecommesso, Innocenzo X legò indissolubilmente le proprietà di famiglia all’istituto della primogenitura, proibendone la separazione e la vendita. I discendenti di Camillo e Olimpia contribuiranno a salvaguardare la conservazione della raccolta, più che all’acquisto di nuove opere. Giovan Battista, figlio della coppia, si occuperà di accentrare la collezione, prima collocata tra il palazzo di Piazza Navona e la villa del Belrespiro, nel Palazzo al Corso e la sorella Anna, sposando nel 1671 G. Andrea III Doria Landi, assicurerà la discendenza alla famiglia Pamphilj che dal 1763 si chiamerà Doria Pamphilj.

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