Intervista a Ingo Maurer

La mia via di fuga è la luce

Ritratto di Ingo Maurer con lampada What We Do Counts
 

E. Z.

10/10/2017

Classe 1932, Ingo Maurer è un guru nel campo del light design.
Le sue opere sono state esposte nei musei più prestigiosi del mondo, dal MoMa di New York al Centre George Pompidou Parigi. E’ stato insignito dei più autorevoli premi di design, non ultimo gli è stato conferito nel 2011 il Premio Compasso d’Oro alla carriera.
Alcune sue creazioni, come Buld and Gulp (1969), Light Structure (1970), Little Black Nothing (1988), Lucellino Wall (1999) e Porca Miseria! (2003) sono ormai dei pezzi entrati a far parte della storia della luce.
 
Foto Giorgia Bombino, ARTE.it 2017

Il suo quartier generale è al numero 47 di Kaiserstrasse di Monaco, un bell’edificio all’interno di un cortile. Al piano terra è ospitato lo showroom dove a rotazione e con allestimenti sempre diversi sono esposti i lavori più importanti. Ingo Maurer è appena tornato al suo campo base, dove lavora e risiede da numerosi anni, dopo aver ricreato a Milano, nella storica Piazza Affari, un incantevole giardino botticelliano che ha accolto la sfilata di Salvatore Ferragamo in occasione della settimana della moda.
 
Qual è il suo approccio all’arte?
Per me l’arte potrebbe essere anche un martello. Amo l’arte e apprezzo molto in generale il lavoro degli artisti. Ma io guardo a un altro aspetto, più legato alla qualità della materia e purché sia un lavoro ben fatto”.
 
Nell’arco della sua vita professionale in che direzione è andata la ricerca?
“Ho sempre seguito il mio istinto e ho preso i miei rischi. Ecco, per me è molto importante assumersi dei rischi, a tutti i livelli, e cercare di andare oltre i confini. E’ sempre un momento di immensa eccitazione positiva quando si decide se realizzare o no un’opera. In verità tendo a non analizzare troppo il mio lavoro. Potrò sembrare arido per questo, ma guardo sempre a quello che verrà, al progetto successivo. Amo le sfide e le novità. La mia via di fuga è la luce.”

Foto Giorgia Bombino, ARTE.it 2017

Quali sono i progetti ai quali sta lavorando?
“In questo momento sto lavorando in Russia, in una città del Caucaso a 2 ore di auto a Sud di Tiblisi. Il progetto riguarda il ripristino di una vecchia azienda vinicola, fondata 200 anni fa,  e ora in stato di abbandono. In Brasile invece ho presentato due modelli di un lavoro su commissione per il Parco d’Arte Inhotim, a Belo Horizonte. Si tratta di “Broken Egg” un padiglione di 24 metri di lunghezza e di 15 m di altezza che avrà la funzione di auditorium. Il resto sono piccoli progetti.”
 
Come mai ha scelto Monaco come base della suo lavoro e della sua vita?
“Negli anni Sessanta ho vissuto a lungo negli Stati Uniti, dove mi capita di tornare spesso. Poi trent’anni fa incontrai la donna che poi ho sposato, con la quale vivo e che rappresenta ancora oggi la mia spina dorsale. Lei desiderava tornare in Europa. Scegliemmo Monaco come destinazione perché è una città molto bella e confortevole, ben collegata con il resto delle città del continente, circondata da laghi e da fiumi dalle acque pulite.”
 
A Milano, città che lo accoglie dal 1968 quando è arrivato per la prima volta, Ingo Maurer ha esposto ripetute volte presso lo Spazio Krizia e due anni fa alla Chiesa di San Paolo Converso, in occasione del Salone del Mobile. Ci tornerà il prossimo anno con una lavoro inedito.
 
In questo momento in quale direzione si rivolge per trarre ispirazione?
“La cultura giapponese esercita su di me una forte influenza e rappresenta una grande sfida. Mio padre mi introdusse al buddismo e questo mi ha aiutato molto a creare una connessione con la cultura di quel paese. Ho progetti anche in Cina, a Pechino e a Shangai. In generale amo le persone e da loro traggo una grande energia. Anche se ci sono ragioni di disaccordo, è bello scambiarsi le idee.”
 
 
 

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