Progettare quel vuoto

I grattacieli di Vito Acconci
 

19/09/2002

La voragine lasciata nello skyline decapitato di Manhattan, vuoto quotidiano dell'orizzonte urbano per milioni di New Yorkers oltre che per indefinite moltitudini altrove, costringe oggi i progettisti a fare i conti con un'impresa architettonica tra le più ardue: concepire la più difficile delle icone che riempia alla scala globale e a quella locale gli occhi degli abitanti della grande mela e del resto del mondo, impossibile cura di ferite e paure. Max Protetch, galleria di New York, presenta una selezione di progetti impossibili, che non verranno mai realizzati, che visualizzano nel profilo urbano nuove fantastiche torri che vibrano verso il cielo quel punto interrogativo che si staglia nelle coscienze: come sostituire le torri gemelle? Le metafisiche torri di luce di Julian LaVerdiere e Paul Myoda sono le più riuscite tra le numerose proposte che tentano di dare una forma monito e monumento a quel vuoto. L’idea di Steven Holl, uno tra i più prolifici architetti statunitensi, è quella di colmare il vuoto attraverso una struttura enorme costruita come una scala antincendio, nella quale gli spazi dovrebbero essere “aggreganti” e dedicati alle persone. E perché non sviluppare gli spazi al di sotto del ground zero? Samuel Mockbee immagina uno sfruttamento del sito con torri verticali e una sorta di torre/bunker sotterranea. Il progetto di Vito Acconci prevede l’edificazione di grattacieli singolari bucati come l’emmenthal, strutture solide che sembrano alludere ad una metaforica contraerea a prova di kamikaze. Evaporano come da antichi camini i metafisici digits di Zaha Hadid a ricordarci quanti un tempo furono umani. Non si tratta solo di elaborare il lutto collettivo di quanto accaduto: la pragmatica New York e con lei l'America intera deve affermare la capacità di andare oltre anche a questo perchè la tragedia non impedisca di immaginare quale mondo avremo dopo la fine della guerra al terrorismo internazionale.

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