Dal 4 dicembre, per il bicentenario dell’artista

La rinascita di Ebe: Canova in mostra ai Musei Civici di Bassano

Antonio Canova, Ebe, 1817, Gesso, Bassano del Grappa, Museo Civico | Foto: © Slowphoto Studio
 

Francesca Grego

03/12/2021

Vicenza - La guerra volgeva ormai al termine quando, il 24 aprile del 1945, le bombe alleate colpirono i Musei Civici di Bassano del Grappa. All’indomani, i frammenti della Ebe di Antonio Canova furono raccolti come reliquie tra le macerie, nella convinzione che sarebbe stato impossibile ricomporne la figura. E invece dopo 70 anni la dea risorge dalle sue ceneri grazie ad un innovativo intervento di restauro, per tornare a cantare il mito dell’eterna giovinezza e la bellezza ideale teorizzata dal maestro di Possagno. Da domani, sabato 4 dicembre, fino al 30 maggio 2022, potremo riconoscere in lei uno dei più bei gessi creati da Canova, nella mostra che di fatto apre le celebrazioni per i 200 anni dalla sua morte presso i Musei Civici di Bassano.


Antonio Canova, Ebe, 1817, Gesso, Bassano del Grappa, Museo Civico | Foto: © Slowphoto Studio

Qui la Ebe “rediviva” incontrerà una scultura gemella custodita presso la Collezione Papafava di Padova: insieme animeranno un suggestivo percorso intorno al mito della dea adolescente e alla sua fortuna artistica attraverso i secoli. Cantata da Omero e da Esiodo, la bella Ebe aveva il compito di servire gli dei durante i loro banchetti: oltre al vino, mesceva l’ambrosia, il misterioso nettare in grado di donare a chi l’avesse bevuto giovinezza e immortalità. In seguito sposò Eracle, abbandonando il suo ruolo di coppiera dell’Olimpo. Profondo conoscitore dei miti e della cultura classica, Canova vide in lei l’immagine della gioventù all’apice della bellezza e decise di fermare nell’arte quel fugace momento. Rappresentò Ebe in versioni diverse, oggi conservate in prestigiose raccolte pubbliche e private: all’Ermitage di San Pietroburgo e agli Staatliche Museen di Berlino, a Chatsworth, nella Collezione Devonshire, e a Forlì, presso i Musei di San Domenico, dove si trova la versione in marmo del gesso appena ricomposto. 


Frammenti della Ebe di Antonio Canova, post 24 aprile 1945 | Courtesy of Archivio fotografico - Musei Biblioteca Archivio Bassano del Grappa

Nel Salone Canoviano vasi greci e pitture testimoniano la popolarità della coppiera degli dei nel mondo antico, per poi passare al Cinquecento di Parmigianino e Rosso Fiorentino e alle raffinate incisioni che più tardi ne hanno tramandato i dipinti. Nel XVII secolo, infine, l'immagine di Ebe attraversa l'intera carriera di Canova: la riconosciamo nelle leggiadre figure danzanti protagoniste di disegni e monocromi su tela grezza, così come nei ritratti scultorei di celebri nobildonne del suo tempo (Leopoldina Esterhazy-Liechtenstein, Elisa Baciocchi Bonaparte, Carolina Murat) e nelle teste ideali, un genere in cui il maestro neoclassico espresse appieno la propria inventiva sperimentando sul tema prediletto, la bellezza.
Un capitolo autonomo è dedicato invece al complesso intervento di restauro che ha riportato in vita il gesso di Bassano con tecnologie d’avanguardia, grazie ai finanziamenti di Rotary Bassano e Rotary Asolo Pedemontana del Grappa, con la collaborazione del Comune di Forlì.


Pierre-François Hugues d’Hancarville, Apoteosi di Eracle, con al centro Hermes ed Ebe, in Collection of Etruscan, Greek and Roman Antiquities, Napoli, 1767, volume appartenuto alla biblioteca di Antonio Canova Bassano del Grappa, Biblioteca Civica

E a proposito di gessi, a Venezia ha appena aperto i battenti un'altra mostra dedicata ai gioielli candidi che Canova riuscì a creare con questo materiale. Lo spunto è la presenza nelle raccolte della Fondazione Querini Stampalia di un prezioso bozzetto in creta del maestro, realizzato per la statua di Letizia Ramolino Bonaparte. Fu il fratellastro dell’artista, Giovanni Battista Sartori, a donarlo nel 1857 all’iniziatore del museo lagunare, il conte Giovanni Querini. In programma fino al 27 marzo 2022, In luce. Fotografie di Alessandra Chemollo nella Gipsoteca di Possagno rilegge in chiave contemporanea la scultura di Canova e un luogo simbolo della sua arte, in dialogo con gli ambienti progettati per la Fondazione dall'architetto novecentesco Carlo Scarpa. 

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